Italia con scorie fasciste Germania denazificata
L'Autonomia non si dimostra «proprio sempre» la realtà politico-amministrativa in cui tutto è fatto al meglio. Lo conferma, indirettamente, Marcello Pezzetti, il più importante studioso italiano della Shoah.
Lo storico partecipa a commissioni di studio francesi, polacche, israeliane, è delegato dell'Italia nella Task Force for International cooperation on Holocaust, è stato consulente di film importanti sul tema della Shoah ed è, tra altre decine di cose, professore all'Università di studi sulla Shoah del museo Yad Vashem di Gerusalemme.
In preparazione del Giorno della Memoria Pezzetti ha incontrato alle Gallerie di Piedicastello un gruppo di docenti delle scuole secondarie e ha tenuto la conferenza «La macchina dello sterminio nazista dalle origini al crollo» . Stesso titolo per l'incontro che oggi, avrà alle Gallerie con le scolaresche trentine.
Abbiamo sentito Pezzetti, dal suo studio di Roma.
Perché è ancora necessario parlare del «male assoluto»?
«L'"ancora" funziona se c'è qualcosa che viene già proposto. Il grosso problema è perché bisogna "incominciare". Pensiamo a ciò che è avvenuto in Germania. I primi vent'anni dopo la guerra sono stati molto difficili. Il progetto di denazificazione è fallito in partenza, era impostato malissimo, la Germania del '45 era molto più antisemita di quella del '33. Ma se intendiamo appieno il valore dell'educazione e pensiamo all'antisemitismo insegnato in Germania per tanti anni, comprendiamo le motivazioni dei contenuti antisemitici entrati a far parte della mentalità della gente tedesca. Il processo di denazificazione ha avuto bisogno di anni per destrutturare questa mentalità.
Ma a distanza di alcuni anni la Germania ha iniziato a ragionare. Sono stati i giovani tedeschi, hanno sollecitato i loro padri a fare una riflessione. Ricordo anche il serial televisivo "Holocaust" che portò nel Paese molta gente a dire: "Non abbiamo riflettuto abbastanza". Voglio dire che i tedeschi hanno portato avanti una presa di coscienza su quel loro passato. Loro possono dire "ancora" perché loro sono anni che riflettono. Noi italiani non lo possiamo dire. Più ancora a livello scolastico: quanti dottorati di ricerca ci sono stati fino ad oggi su questo tema? Quasi nulla da noi, centinaia in Germania. Questo ci fa capire che là hanno affrontato il tema, qua no.
In Italia ci fu subito un'amnistia vergognosa, voluta da Togliatti per la pacificazione dopo la guerra civile. Ciò tolse ogni possibilità di fare una riflessione partendo da indagini giudiziarie. Non solo, l'Italia nascose documenti e coprì crimini che gli stessi nazisti avevano perpetrato qui, l'"armadio della vergogna" che ha impedito di processare i nazisti per i crimini commessi in Italia. Tutto ciò ha coinvolto le scuole. Ricordo che la Democrazia Cristiana, al governo per decenni, non ha mai mollato il ministero dell'istruzione. Mai! Era gente che conosceva bene il valore dell'istruzione».
Qui però credo si dovrebbe parlare della posizione della Chiesa cattolica rispetto al tema.
«Certo. Il sistema di potere democristiano era legato al mondo cattolico. E qui nasce la polemica sulla posizione della Chiesa nei confronti della Shoah, del nazismo e anche del fascismo. Ricordo che quando il fascismo emanò le leggi razziali, non ci furono proteste. La Chiesa ha formulato una protesta solo per quanto atteneva le norme nei confronti dei convertiti. Un fatto che ancora oggi suscita dolore nel mondo ebraico e nel mondo laico.
Già quello fu un atteggiamento non giustificabile, che impedì poi ad una parte della società di fede cattolica, che non voleva mettersi in contrasto con la Chiesa, di prendere coscienza. L'effetto fu il "non parliamone". Uno studente non incontrava il tema, dalle elementari all'università, nella scuola italiana.
Non c'è in Italia nemmeno oggi una cattedra di storia della Shoah, che c'è invece nel resto d'Europa. Solo negli ultimi anni molte scuole hanno affrontato il tema, ma lo dobbiamo alla volontà di insegnanti fantastici, che lo hanno studiato e proposto alle classi. Ma è incredibile che un tema così, che "è" il '900, venga lasciato alla discrezione dei soli insegnanti. Oggi stiamo cercando di fare tutti gli sforzi per partire da lì, cercare di formare gli insegnanti prima degli studenti».
Una considerazione che vale anche per il Trentino?
«Sono consulente del ministero. Siamo riusciti a preparare un corso ufficiale, ministeriale (dopo quello di 10 anni fa). Ma dalla vostra regione è venuto solo qualche docente. Bisogna lavorare anche a livello locale allora, perché ai corsi nazionali arrivano in 3-4 dal Trentino.
Noi siamo disposti anche come mondo ebraico a dare una mano, aiutarvi ad organizzare dei corsi di aggiornamento. Solo partendo da lì, possiamo proporre in modo intelligente e scientificamente più consistente una riflessione».
Peraltro anche in quel momento storico questa regione visse una situazione particolare: tra altre cose, le opzioni, l'Alpenvorland...
«Trentino e Alto Adige, a metà strada tra Repubblica di Salò e Reich. Una storia che va spiegata quella dell'atteggiamento italiano e tedesco nella vostra zona».
Il Trentino, certamente. E l'Alto Adige: pensiamo agli arruolamenti nella Wehrmacht, ma anche nelle SS...
«Per me non è stato fatto questo percorso di coscienza. Non è la Germania e non è nemmeno l'Austria che ultimamente ha fatto sforzi notevoli. La superficialità italica nelle prese di coscienza, per la formazione del senso civico è devastante».
La politica dello Stato di Israele e il tema della Shoah?
«Deve essere netta la distinzione tra il mondo mediorentale e quello che è avvenuto qui. È fondamentale. La Shoah è una faccenda europea e deve rimanere tale. Là abbiamo uno Stato che è stato messo in piedi innanzitutto da sopravvissuti alla Shoah. È innegabile, uno Stato ebraico che parla della Shoah ma non è la Shoah.
Non sono d'accordo quando Israele si atteggia come se fosse legittimato a parlare della Shoah meglio di qualsiasi Paese europeo: no, è una faccenda europea. E noi dobbiamo parlare dell'Italia fascista, delle responsabilità italiane. Noi conosciamo meglio la nostra storia e abbiamo il polso della nostra società. Vale per Polonia, Ungheria, Slovacchia, Cechia».
Alcuni Paesi ex comunisti stanno mettendo in campo politiche
«Il governo attuale polacco è assolutamente preoccupante. Motivazioni che in un modo o nell'altro hanno toccato l'epoca della Shoah sono presenti anche oggi là... con possibilità tragiche. Comunque sono inaccettabili, verso Israele, certi paragoni: "Quello che avete subito ieri, lo state facendo oggi". Contengono errori stratosferici, culturali e politici. Ideologia pura. Noi possiamo essere critici nei confronti del governo israeliano, è lecito e doveroso.
Ma esprimere una critica di fondo a Israele, mettendone in dubbio addirittura l'esistenza, è ridicolo. È sbagliato. Ho una figlia che abita a Tel Aviv, non è per nulla vicina alle posizioni di Netanyahu ma ricordiamoci che quella è l'unica democrazia in quel territorio. Ma ciò non ha nulla a che fare con la Shoah e con l'Europa. È un'altra cosa».
Papa Francesco alla sinagoga.
«Non posso ancora giudicarlo, è all'inizio e poi vorrei giudicarlo non da un punto di vista teologico. Ogni religione si autodetermina. Da un punto di vista politico lo potremo fare, ma solo quando avremo elementi concreti.
Oggi sostengo che gli sforzi di Papa Ratzinger sono stati molto positivi, a differenza di quello che si riteneva. Sui rapporti col mondo ebraico e sulla storia del nazismo è stato di una chiarezza assoluta. Ha sostenuto posizioni addirittura più progressiste di Wojtyla. Comunque, i due si sono distaccati da qualsiasi posizione che potesse avere una qualche relazione con nazismo, fascismo, totalitarismo. Sono stati assolutamente limpidi. La Chiesa ha fatto sforzi notevoli da Papa Giovanni in poi, ammirevoli. Ancora qualche sforzo nei rapporti con Israele...».