L'americano Mark Guiliana apre la rassegna «Jazz'About»
Si apre venerdì sera alle 21, all'Auditorium Santa Chiara, con il concerto del batterista americano Mark Guiliana e il dj set di Nicola Conte la rassegna Jazz'About: otto serate, equamente divise fra Trento e Rovereto, curate da Denis Longhi, per esplorare i territori legati al jazz e alle tante contaminazioni con altri generi.
Di Jazz'About, che inizia dopo il successo della prima edizione, abbiamo parlato proprio con Longhi.
Con quali obiettivi ha pensato la seconda edizione di Jazz'About?
«La difficile e ambiziosa sfida della scorsa stagione può considerarsi vinta. Non era facile inserirsi in un contesto d'eccellenza come quello offerto dal Centro Santa Chiara e dai suoi curatori, soprattutto considerando l'impronta artista decisamente "tradizionale" che mi ha preceduto con notevole successo. Il mio "modus operandi", come è stato evidente, per natura e anagrafe, punta alle avanguardie e alle contaminazioni, quindi se vogliamo è stato davvero un coraggioso cambio di prospettiva per il Centro. Se l'obbiettivo però era il rinnovamento del pubblico e del linguaggio, credo sia stato fatto un gran lavoro e ottenuti ottimi risultati. La platea si è ringiovanita parecchio e la curiosità nei confronti dei "nuovi suoni" ha avuto la meglio rispetto alla potenziale diffidenza e al retaggio locale».
Adesso tutti l'aspettano al varco per una conferma?
«Lo so e ritengo che con la stagione di Jazz'About la missione sia mettere a regime il rapporto tra contenuti proposti e intercettazione e fidelizzazione del pubblico, confermando il processo in atto, potenziando l'offerta e la credibilità di questa rassegna regalando un respiro nazionale o perlomeno raccogliere interesse extra-regionale».
Guardiamo il cartellone: si inizia venerdì con Mark Guiliana un fuoriclasse della batteria.
«In questo momento viene considerato il batterista più importante e significativo al mondo. Ha oggettivamente inventato un nuovo modo di stare sulla batteria e interagire con la musica, mediando la sua figura "nerd" con un sano e affascinante stile di "entertainment". Le collaborazioni con Bowie, Mehldau e Scofield sono la dimostrazione della crescita inarrestabile di un vero "fuoriclasse" di cui sentiremo parlare a lungo. A seguire il dj set di Nicola Conte, un pioniere della nuova frontiera del jazz in italia, soprattutto nella capacità di fare retrospettiva, riproponendo nuovi modelli estetici pur rimandando legato alla ?golden age' del jazz. Per molti di noi Nicola è stato il vero traghettatore alla consapevolezza del genere».
Fanno effetto due nomi fondamentali dell'acid jazz come Incognito e James Taylor Quartet.
«Sono due band che rappresentano a livello internazionale l'approccio pionieristico alla trasformazione del jazz.
La capacità di mantenere una grammatica ed una consistenza stilistica eccellente, andando a ricercare nuove frontiere ritmiche ed estetiche creando un immaginario del tutto nuovo come quello di metà anni ?90. Queste due band sono la vera genesi della metamorfosi del jazz in pop e groove, territorio che ha avuto una vita troppo breve per essere dimenticato e per non considerare l'ipotesi che torni prepotentemente».
Ai live si aggiungono alcuni importanti dj set.
«Oltre a Conte ci sarà Nicky Siano, una vera leggenda, probabilmente il primo dj della storia, si parla di New York (Studio 54, The Gallery) e del 1972, colui il quale ha mixato per la prima volta due dischi consecutivamente in una sala da ballo. Ospiteremo poi Mr Scruff, tra i più grandi e prestigiosi dj nel territorio jazz/elttronica in Uk ed il suo omologo italiano Luca Trevisi, collezionista di vinili invidiato da mezzo mondo, pioniere in Italia della scena del Djing e autentico riferimento per le nuove generazioni».
I puristi del jazz anche questa volta storceranno la bocca: cosa ne pensa?
«Non credo esistano i puristi del jazz, credo esistano soggetti poco curiosi che non hanno sufficienti stimoli a riconsiderare ambienti, contesti, differenze e contrasti tipici della contemporaneità. Anch'io, se ascolto Naima di Coltrane, penso che tutto il resto non ha senso di esistere, ma in questo caso non dobbiamo parlare di generi, dobbiamo parlare di sensazioni, emozioni, tra l'altro per la maggior parte delle volte del tutto personali. Il jazz può considerarsi finito negli anni ?50 se lo interpretiamo in un'accezione "purista", ma allora non avrebbe avuto senso continuare ad usare quel termine impropriamente per i successivi 50 anni. Io penso e ribadisco che il jazz non è un genere ma una forma, un colore».