La Shoah dei malati psichiatrici A Trento incontro con Wedekind
Uno degli aspetti più terribili della volontà genocidiaria del nazismo fu quello contro i malati psichiatrici. Non erano ebrei, non erano pericolosi sovversivi o omosessuali, non erano zingari o oppositori politici. Semplicemente nella disperata e disumana volontà di purificare la razza, i disabili mentali non potevano esistere.
Così la Seconda guerra mondiale oltre alla volontà di morte dei nazisti costituì una ulteriore sofferenza per i malati psichiatrici, maggiormente esposti alle epidemie e quindi alla morte per il peggioramento generale delle condizioni sanitarie.
Per i ricoverati dell'ospedale psichiatrico di Pergine, poi si aggiunsero le conseguenze delle «Opzioni», frutto degli accordi italo-tedeschi sul cambio di cittadinanza. Il fascismo si liberava delle minoranze germanofone, che venivano trasferite nei terrori del Terzo Reich.
Il 26 maggio 1940, con un convoglio speciale, 299 malati di origine e lingua tedesca residenti furono trasfetiti da Pergine all'ospedale psichiatrico di Zwiefalten, in Germania, e poi in parte smistati fra gli ospedali di Schussenried e Weissenau. Qualcuno di loro trovò la morte per malattia, carenze alimentari o stenti. Altri furono invece soppressi nel programma di eliminazione sistematica degli individui fisicamente e psichicamente menomati voluto dal Nazismo, conosciuto da molti come il programma Aktion T4 che fu una delle peggiori degenerazioni del regime.
L'eugenetica nazista si inseriva all'interno di un progetto folle di ingegneria sociale e territoriale. Nella sola regione Alpe-Adria si calcola che tra il 1939, l'anno in cui ebbe inizio il cosiddetto «rimpatrio» delle popolazioni germanofone, e la fine della guerra, 155 mila persone furono oggetto di deportazioni o spostamenti. Se, invece, si studia il complesso dei vari programmi di interventi etnopolitici riguardanti la regione si constata una cifra di gran lunga superiore, cioè quasi mezzo milione di persone cui era previsto un trasferimento coatto, ma la cifra tralascia gli interventi italiani e croati. Si trattava comunque di un complesso riordino socio-etnico e un generale riassetto territoriale della regione.
Gli interventi etnopolitici erano legati a demenziali progetti di un riordino non solo etnico, ma anche sociale della popolazione perché i territori di insediamento, svuotati dalle popolazioni che li avevano abitati, offrivano una terra vergine. Nel caso del trasferimento di popolazioni italiane in Alto Adige il regime fascista si trovò impreparato all'esodo totale della popolazione tedesca.
Per la Germania nazista invece il rimpatrio degli altoatesini ed i progettati insediamenti in Slovenia ebbero il carattere di una prova generale per ben più complessi interventi etnopolitici da attuare nei territori occupati nell'est europeo.
Le misure tedesche prevedevano inoltre la profonda ristrutturazione del territorio, e specialmente del paesaggio naturale, secondo criteri definiti «germanici», militari e sociali. Ciò includeva, fra gli altri, la complessa ridefinizione del locale utilizzo della terra, ristrutturazioni urbanistiche e complessi interventi volti, fra gli altri, persino a complesse deviazioni di corsi d'acqua.
Del resto Adolf Hitler si considerava una sorta di «architetto» e sognava una completa ricostruzione «ex novo» di diverse città.
Questa vicenda e gli intrecci con le politiche genocidarie del nazismo saranno ricostruite e discusse a Trento oggi, mercoledì, alle 17,30 (nella Sala degli Affreschi della Biblioteca comunale, via Roma 55) , dallo storico tedesco Michael Wedekind, autore in passato anche di ricerche specifiche sull'occupazione nazista in Trentino (il periodo della Zona di operazioni delle Prealpi, che includeva anche Bolzano e Belluno).
L'incontro è organizzato dalla Biblioteca Archivio del Csseo in collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino.
Michael Wedekind dal 2016 lavora come storico contemporaneista presso l'Istituto centrale per la Storia dell'arte di Monaco di Baviera. In precedenza ha insegnato storia moderna e contemporanea alle università di Münster e Vienna.
È stato anche «guest professor» alle università di Bucarest e Trento e all'Istituto Italo-Germanico di Trento presso la Fondazione Kessler. Un'occasione per approfondire le linee di un disegno politico rovinoso.
[Nella foto, deportazione di malati dal manicomio di Pergine Valsugana]