Al Santa Chiara Gene Gnocchi, il «procacciatore»
Cosa ci fa Gene Gnocchi con un trolley, un liquidator e un panino al cotto? Sta forse per abbandonare il mondo dello spettacolo e aprire un negozio di souvenir pakistani o per entrare in politica con il suo nuovo movimento? La risposta la si potrà avere il 17 febbraio all’Auditorium Santa Chiara di Trento dove il comico emiliano proporrà il suo ultimo spettacolo Il procacciatore. Uno show che è anche un viaggio nell’Italia del terzo millennio come ci racconta Gene Gnocchi in questa intervista.
Gnocchi, come è nato il suo “Procacciatore”?
Il titolo vuole essere, cosi come la foto che accompagna lo spettacolo, una parodia de “Il cacciatore” di Cimino e del protagonista Robert De Niro. Il mio non è un cacciatore ma un procacciatore che vuole catturare la gente dandogli una speranza. Un uomo che in questi tempi bui vuole motivare il popolo italiano.
Ma nello show c’è anche una app che rivela alcuni segreti del procacciatore…
Sì, durante la conferenza succede un fatto imprevisto. Nel muovere con una app le slide con il telefonino il nostro procacciatore rivela alcuni messaggi personali che incominciano ad arrivare al suo numero. Da questo punto in avanti tutto cambia ed è costretto a risolvere alcuni problemini della sua sfera privata.
Un personaggio che sta per fondare il movimento “Per un’Italia diversamente onesta”: in linea con certi simboli elettorali presentati di recente.
Avrebbe delle possibilità: lo spettacolo calza a pennello per questo clima elettorale in cui si vedono un sacco d’imbonitori pronti a fare promesse sgangherata di ogni genere e senza pudore. Il problema è che qualcuno ci crede ancora.
Ma qual è il messaggio?
Direi che riguarda la tecnologia perché in realtà noi non usiamo lo smartphone ma ne siamo usati. Siamo dipendenti da questo mezzo che finisce per condizionarci e segnare il nostro quotidiano.
Si diverte più in teatro o a bucare il piccolo schermo?
Il teatro si fa per passione, per trovare il contatto con la gente. Sul fronte televisivo ho avuto la fortuna di essere chiamato da Floris nel suo “Di martedì” in uno spazio in cui mi diverto e trovo ideale per la mia vis comica.
Lei è stato travolto dalle polemiche a causa della battuta sul Claretta Petacci: l’ha amareggiata questa situazione?
Ci sono rimasto male perché è stata completamente travisata e falsificata la realtà. Io non ho mai detto che la Petacci è un maiale, ma ho semplicemente fatto un ragionamento comico. Sono partito dal fatto che la Meloni aveva un maialino del quale aveva postato delle foto perché l’aveva perso. Un maialino che avrebbe potuto anche chiamarsi Petacci per richiamare il ventennio fascista come avrei potuto dire Galeazzo Ciano o Benito Mussolini. Credo che molti in palese malafede non abbiano voluto capire lo spirito della battuta.
Come s’immagina l’Italia post elezioni?
Da quel che si comprende dai sondaggi, dalle urne uscirà un Italia ingovernabile e provvisoria. Ma a farmi riflettere è il dato sull’astensionismo. Girando l’Italia noto un grande disinteresse per questa classe politica evidentemente in buona parte ritenuta non adeguata a rispondere alle esigenze del Paese.
A cosa sta lavorando per questo 2018?
Teatro a parte ho fatto delle puntate zero per La7 di alcuni programmi ma quello che mi intriga di più riguarda la musica che è una mia grande passione. Speriamo che qualcosa si concretizzi.