Clint Eastwood ci racconta la verità dell'eroismo
Non si può dire che Clint Eastwood, 88 anni a maggio, non abbia messo verità in "Ore 15:17 - Attacco al treno" in sala da domani con la Warner Bros. Sicuramente per necessità, in quanto questo lavoro racconta una storia vera con gli stessi protagonisti che l'hanno vissuta, ma anche perché ha dato la possibilità a questi improvvisati attori di essere davvero se stessi senza nessuna concessione allo spettacolo. Stiamo parlando Anthony Sadler, Alek Skarlatos della Guardia Nazionale dell'Oregon e di Spencer Stone dell'Air Force Statunitense, tre amici fin da ragazzini che durante un viaggio in Europa di ritrovano nelle prime ore della sera del 21 agosto 2015 sul treno Thalys n.9364 diretto a Parigi. Poco dopo la partenza da Bruxelles, un terrorista belga di origine marocchina, Ayoub El Khazzani, entra in bagno per imbracciare il suo Kalashnikov intenzionato a compiere una strage. L'arma però si inceppa per un attimo e, ad evitare l'imminente strage, saranno proprio questi tre tonici ragazzi americani in vacanza salvando la vita agli oltre 500 passeggeri presenti a bordo. A questi venne conferita poi, come si vede anche nel film con immagini di repertorio, la prestigiosa Légion d'Honneur, all'Eliseo dalle mani del presidente Francois Hollande.
Ma Eastwood più che raccontare l'atto d'eroismo, dedica solo poche sequenze all'attentato, solo le ultime scene infatti ci ripropongono la colluttazione e il soccorso ad un ferito grave da parte sempre di uno dei ragazzi americani. Il regista preferisce invece farci vedere l'amicizia di questi tre ragazzini che vengono da un'infanzia 'problematica', con tanto di mamme a consulto con gli psicologi della scuola, e anche la loro antica passione per le armi. Non solo. Ci racconta poi lungamente il viaggio un po' naive di questi tre ragazzotti americani in vacanza in Europa, da Amsterdam a Venezia fino Roma, un viaggio pieno di luoghi comuni e impacci culturali (''che andiamo a fare a Parigi? Che c'è da vedere?'' dice uno di loro con grande verità). Non manca poi il patriottismo e anche la religione da parte di questi tre eroi che si sono prestati ben volentieri a rappresentarsi per come sono. ''Sono persone normali - spiega Eastwood - come la maggior parte di noi, che hanno avuto il dono della vita e ne hanno fatto il meglio possibile. Quel giorno la posta in gioco non avrebbe potuta essere più alta, ma questi ragazzi hanno fatto la cosa giusta al momento giusto. Sarebbero potuti essere molto sfortunati - conclude il regista -, ma si sono presi la responsabilità del loro destino. E' tutta una questione su ciò che il destino ti riserva e su come lo gestisci''.