Guardini e il mondo: giustizia e amore
Se L’Europa perderà il suo riferimento a Cristo necessariamente cercherà altri «leaders», arriveranno altri «salvatori». È già successo e può tornare ad accadere. È una delle lezioni, attuali, di Romano Guardini, teologo e filosofo di origini trentine, che guardava all’Europa come culla della weltanschauung cristiana, non in termini di radici cristiane, clericali o identità forti da contrapporre al nemico. Piuttosto per Guardini la visione del mondo cristiano cattolica corrispondeva con giustizia e amore, bellezza e umiltà.
Nato nel 1885 a Verona, da madre trentina (Paola Maria Bernardinelli di Pieve di Bono) visse in Germania, nel 1923 ottenne la cattedra di filosofia della religione all’Università di Berlino, fino a quando i nazisti non lo allontanarono per le sue idee troppo aperte e pericolose per il regime. Tornò all’insegnamento alla fine della guerra, a Tubinga e poi a Monaco di Baviera. Ammalato, chiese di passare per la città di Trento, nella terra della madre. Morì poco dopo, il 1 ottobre del 1968: cinquant’anni più tardi a Trento verrà ricordato con un convegno internazionale (dal 2 al 4 ottobre, presso il Polo culturale diocesano di Via Endrici 14) organizzato da Issr «Romano Guardini» e dal Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento. Si alterneranno una trentina di esperti e accademici che affronteranno in vario modo il tema centrale del convegno: Romano Guardini: un ponte tra due culture.
«A Trento nord esiste via Romano Guardini: quella strada fu dedicata al teologo e filosofo, su sollecitazione di Iginio Rogger, proprio all’indomani del convegno per il centenario della nascita che si svolse nel 1985» - racconta Silvano Zucal, docente di filosofia teoretica all’Università di Trento e tra gli organizzatori del convegno. «Guardini è il maestro di tre papi: ci fu un rapporto, anche epistolare, con Paolo VI, che ne lesse tutta l’opera. Montini nel 1933 pregò don Giulio Delugan, allora direttore di Vita Trentina, di tradurre il saggio di Guardini «La coscienza», testo che Montini, allora assistente della Fuci, in piena epoca fascista, distribuiva agli studenti».
Quando poi divenne Papa, Montini propose a Guardini la porpora cardinalizia: il sacerdote rifiuto perché ai tempi del seminario veniva considerato troppo aperto e, dopo l’ordinazione, gli imposero di attendere sei mesi prima di poter celebrare la prima messa.
«Il secondo Papa è Joseph Ratzinger - prosegue Zucal - che era tra le migliaia di studenti che andavano ad ascoltare le lezioni di Guardini a Monaco. E infine Papa Francesco: scrisse la sua tesi di laurea di Guardini, in Germania, e lo cita abbondantemente nell’enciclica «Laudato sii».
Come mai Guardini riesce a parlare a periodi storici così diversi?
Scrive in maniera molto dialogica, limpida. Trasmetteva una forte capacità empatica: uno dei pochi filosofi e teologi ad esprimersi sempre in modalità molto simili al dialogo diretto con un interlocutore.
Anche per questa sua limpidezza Guardini, nel periodo nazista, divenne un punto di riferimento per la gioventù che resisteva alla dittatura, proponendo la sua weltanschauung cristiana, chiaramente lontana da quella nazista.
In che cosa consisteva questa visione cristiana del mondo?
Per Guardini significa provare a guardare il mondo partendo da una prospettiva cattolica: non clericalismo o annessione del mondo: ma uno sguardo, cristiano cattolico, sulla cultura, sul mondo, sull’uomo. La sua cattedra, partendo da questa prospettiva, divenne un punto di riferimento per donne e uomini di tutte le tradizioni religiose e orientamenti ideali. Nacque un «fenomeno Guardini», così come lo visse la stessa Hannah Arendt. Non era una figura che si imponeva per la struttura fisica o la veemenza: dava alla parola una potenza e una finezza che affascinava. Le opere di Guardini sono state tradotte persino in giapponese.
Qual è uno dei testi di Guardini che oggi sarebbe più utile tornare a leggere?
«L’occhio e la conoscenza religiosa», un breve testo, dove si mostra come dovremmo ritrovare una capacità di visione e attenzione.
Se contempliamo un albero non possiamo osservarlo solo dal punto di vista botanico, spiega Guardini, ma occorre relazionarsi a quella realtà. Tanto più occorre farlo con il mondo umano. Oggi siamo fragili per quanto riguarda la visione. Altro testo fondamentale è «Mondo e persona». Un piccolo testo, di straordinaria preveggenza, che parla dell’Europa: servirebbe oggi rileggerlo per ricordarci che l’Europa è nata su una tragedia e una guerra civile interna».
Per Guardini era necessario il cristianesimo per tenere insieme l’Europa?
Più che il cristianesimo per Guardini era necessaria una cristologia: se l’Europa non ha un forte riferimento in Cristo, troverà un altro salvatore. È già accaduto in passato».