Bruce Springsteen: l'opera omnia del Boss
Bisogna conoscere bene la storia di Bruce Springsteen per comprendere e amare questo doppio cd (o quattro vinili) che è la testimonianza del «primo vero lavoro dalle nove alle cinque della sua vita» (sono sue parole).
L’album in questione è «Springsteen On Broadway», testimonianza della sua lunga residence al Walter Kerr Theatre di New York, 236 repliche in poco più di un anno. Domenica si chiude mentre il video dello show approderà su Netflix. Già si parla del Boss come del prossimo EGOT, l’acronimo che indica chi in carriera ha vinto i quattro premi più importanti, l’Emmy, il Grammy, l’Oscar e il Tony. Il Grammy e l’Oscar li ha già in bacheca, gli altri due, che sono l’Oscar per la tv e per il teatro, stando ai «si dice», potrebbero arrivare per questa fluviatile performance di parole e musica.
Springsteen, da solo - l’unica ospite è sua moglie Patti Scialfa in due brani - , accompagnandosi con la chitarra, il pianoforte e l’armonica, racconta il percorso verso la redenzione di un uomo che incarna e trasforma in mito il Grande Sogno chiamato Rock’n’Roll. Lo show del Walter Kerr Theatre è il naturale sviluppo della sua autobiografia, il cui nucleo narrativo è rappresentato dal tormentato rapporto con il padre, oscuro contraltare alla dolcezza del legame con mamma Adele e dalla vita nella provincia americana.
«Sono Mister Born to Run, quello nato per correre, uno con la febbre da autostrada e adesso vivo a 10 minuti da dove sono nato» racconta. Bisogna conoscere bene la storia di Springsteen (e l’inglese) per comprendere e amare questo album perchè il racconto ha la stessa importanza delle canzoni. I vecchi fan ricordavano con nostalgia i parlati che arricchivano i concerti, celebri quello della volta in cui ha conosciuto Clarence Clemmons, l’incontro con la zingara nel bosco, la visita fallita per il Vietnam. Ma qui è diverso: il racconto è il monologo di un uomo che il prossimo settembre compirà 70 anni e che, anche grazie all’aiuto della moglie e della terapia, è riuscito a trovare una cura per i suoi fantasmi che non fosse passare la vita in tour, sfiancandosi in concerti di quattro ore. E che ora può mettere insieme, con la sua sovrannaturale intensità, le sue anime di storyteller e di rocker con i piedi piantati nella tradizione.
Si ride e ci si commuove seguendo questo racconto in cui le canzoni sono un formidabile moltiplicatore di emozioni: i brani sono 16, la scaletta è stata la stessa per 236 serate, perchè, visto che gli spettatori erano poco più di mille per serata, tutti potessero godere del medesimo show. Una decisione che fa capire quanto importante fosse la struttura narrativa, visto che Bruce è famoso anche per la sua abitudine di cambiare setlist ogni sera. Ovviamente Springsteen acustico non è una novità: ha pubblicato album come «Nebraska» e «The Ghost of Tom Joad» e fatto tournèe acustiche. Quanto ai collezionisti, per anni hanno comprato bootleg che contenevano «chicche» acustiche. Ma qui le canzoni acquistano un valore diverso e non soltanto perchè in alcuni casi sono lontane da quelle tradizionali: sono il completamento di un discorso, rivelano aspetti nuovi, esprimono con forza il desiderio di raccontarsi in modo intimo, di andare al di là del mito.
Ci sono gioielli che da soli valgono un viaggio in America: una «Thunder Road» quasi sussurrata, «Promised Land» che diventa una ballata, un’irresistibile, intima, «Tenth Avenue Freeze Out» al pianoforte in cui la musica e la canzone si mescolano ai ricordi di Clarence Big Man Clemons. Su tutti spicca una sconvolgente «Born In The Usa», una sorta di blues distorto con il bottleneck, che lascia spazio al testo senza musica, come se fossero le parole di un sacerdote laico che chiama a raccolta i suoi fedeli. Non ci sono concessioni, questo è un album che richiede attenzione e concentrazione, che va vissuto, condiviso, capito e che, inevitabilmente, si chiude con «Born To Run».
Qui c’è una leggenda che ha deciso di uscire dal suo mito per fare i conti con se stesso e mettere un punto sulla storia della sua vita. Come sempre Bruce Springsteen parla di se stesso ma parla anche di noi, di chi ha affidato alle sue canzoni il racconto della propria vita. Non ci sono muri che possono contenere questa forza, questo sentimento di compassione, di amicizia e fratellanza: si piange e si ride ascoltando questa musica e queste parole. Ci si sente capiti. E, mentre scorre potente la storia del Grande Romanzo Americano, alla fine resta la certezza che qualsiasi cosa possa succedere ci saranno sempre Bruce Springsteen e la sua musica ad indicarci la strada.