Clint Eastwood, un «mulo» a 90 anni
A Clint Eastwood gli si perdona tutto, anche la vecchiaia.
Anzi, dopo aver visto le prime sequenze de Il corriere (The Mule), in sala dal 7 febbraio con la Warner, neppure ci si accorge che questo piccolo capolavoro-testamento è girato e interpretato da un uomo di quasi novant’anni (l’attore-regista è nato nel 1930).
Insomma il film, probabilmente l’ultimo in cui vedremo Eastwood davanti e dietro la macchina da presa (cosa che non accadeva dai tempi di Gran Torino del 2009), non delude mai: diverte, commuove ed è anche una sintesi di tutta la sua filosofia, ovvero il rispetto di una certa tradizione americana a cui non manca un pizzico di necessaria divertita retorica.
Fa da volano a questo singolare western on the road, il fatto poi di essere ispirato a una storia vera, quella del novantenne Earl Stone reduce della guerra di Corea che continua a lavorare nella floricultura, ma è ormai sull’orlo della bancarotta.
Separato da anni dalla moglie e con una figlia con la quale non parla più, Earl è ormai al lastrico così, quasi per gioco, coglie l’occasione di un ingaggio da parte di un cartello messicano, che gli offre tanto denaro per fare loro da «mulo», ovvero trasportare con il suo pick up grossi quantitativi di droga da uno stato all’altro.
Il principio è: chi mai sospetterebbe di un simpatico vecchietto che, tra l’altro, non ha mai preso una multa in vita sua? Fatto sta che Earl ci prende davvero gusto in questo lavoro. Intanto riesce a pagare il matrimonio dell’amata nipote, un modo per riavvicinarsi alla famiglia, e poi ci sono anche soldi per lui, per evitare lo sfratto come per fare bella figura con gli amici.
E poi, grazie ai contatti con il cartello messicano per il quale diventa una sorta di mito, si ritrova a partecipare alle loro feste e anche ad avere incontri ravvicinati con escort compiacenti.
Ora quanto Eastwood abbia messo di suo nel personaggio di Earl è difficile dirlo, ma certamente si sarà divertito. Basti pensare alla battuta nigger detta da Earl a un uomo di colore, ma senza alcuna malizia («ai miei tempi si diceva così», si giustifica) o ancora quando, come nel più classico film western, appella due messicani con il titolo di «mangia fagioli».
Scritto da Nick Schenk, sceneggiatore di Gran Torino, il film è tratto da una storia raccontata nell’articolo «The Sinaloa Cartel’s 90-Year-Old Drug Mule» (ossia: «Il novantenne mulo della droga del cartello Sinaloa») di Sam Dolnick per il The New York Times.
Da segnalare poi in questo film la grande interpretazione di Colin Bates nei panni dell’efficiente agente Cooper della
«Dea».
Nel cast del film anche Laurence Fishburne e Michael Pea, due agenti della Dea, mentre Dianne Wiest, Alison Eastwood e Taissa Farmiga sono rispettivamente l’ex moglie di Earl, sua figlia e sua nipote.
«Quando mi hanno proposto di interpretare questo personaggio - ha detto Eastwood - mi sono detto che sarebbe stato divertente vestire i panni di qualcuno più vecchio persino di me! La criminalità è economicamente un’ancora di salvezza per Stone, ma moralmente è un collasso. Per cui da una parte la sua vita migliora, ma dall’altra va a fondo. E uno di questi giorni dovrà pagare le conseguenze e affrontare le cose sbagliate che ha fatto».