Il «Bologna Rock» ha 40 anni la new wave all'italiana rivivrà in mostra al Mambo
Sono passati 40 anni esatti: il 2 aprile 1979 un evento musicale, il «Bologna Rock», con gli slogan «Dalle cantine all’asfalto» e«Non succedeva da cinque secol», riuscì a radunare al Palasport oltre seimila persone per un concerto di dieci gruppi sconosciuti o quasi, a parte gli Skiantos di Freak Antoni che misero in scena una «Spaghetti performance» esilarante e provocatoria, in perfetta sintonia con lo spirito dell’epoca. I fermenti musicali sotto le Due Torri avevano i nomi di Gaznevada, Confusional Quartet, Stupid Set, Wind Open, LutiChroma, Neon, Hi-fi Bros, N.O.I.A. ed altri ancora: «un grandissimo momento di libertà creativa mai condizionato da alcuna logica di mercato», ricorda Oderso Rubini, produttore, operatore culturale, docente, fondatore e anima della cooperativa Harpòs Bazaar/Italian Records che divenne «marchio di fabbrica» e di qualità, prima struttura di produzione indipendente italiana nata lontano dai grandi centri (Milano e Roma), con i primi videoclip, le documentazioni video e le tracce visive dei riferimenti artistici di quegli anni.
Materiale ancora oggi molto attuale, che diventerà fulcro di una mostra - «per connetterlo all’oggi e generare nuove scintille» - curata dallo stesso Oderso in programma dal 17 maggio al 22 settembre nella Project Room del MAMbo di Bologna, che prevede anche concerti, incontri, seminari e workshop.
Il programma di «Bologna Rock, 1979 - Pensatevi Liberi!!!» è ancora in progress, ma non mancherà il racconto dell’ambiente in cui tutto questo si è sviluppato, la Bologna del ‘77 con i fumetti (da Traumfabrik a Valvoline), i media (da A/traverso all’esperienza di Radio Alice), il Dams di Umberto Eco, Gianni Celati e Roberto Grandi, il Conservatorio con i corsi di musica elettronica e musica d’uso.
Erano anche gli anni della performance «Il treno di John Cage» (1978) in collaborazione con il Teatro Comunale, del free concert dei Clash in piazza Maggiore, della prima opera rock italiana «Giulio Cesare», rappresentata nell’aprile ‘77.
«Il ‘Bologna Rock’ - commenta Oderso Rubini - può essere considerato il simbolo di una stagione su cui costruire una indagine più approfondita, per le implicazioni culturali, l’influenza e il ruolo sociopolitico che ebbe Bologna tra il 1975 e il 1985 nella storia della cultura italiana, ma non solo.
In quel periodo, tra speranze, contraddizioni e illusioni, quando tutto sembrava comunque possibile, si generò in città una sorta di organismo nuovo alimentato da mille rigagnoli e con un livello di socializzazione altissimo, diventando di fatto, senza averne coscienza, uno dei punti di riferimento culturali del mondo».