Viaggio botanico alla scoperta del Baldo
Tutto parte da un opuscolo comparso nel 1566 a firma dello speziale veronese Francesco Calzolari: un breve testo, che raccoglie una serie di escursioni condotte sul massiccio del monte Baldo, considerato non a torto una delle primissime guide botaniche di questo territorio. Oggi Il viaggio di Monte Baldo, questo il titolo del prezioso libricino, dà il nome anche ad un’inedita mostra, allestita presso Palazzo Eccheli-Baisi di Brentonico e visitabile fino al 15 settembre con orario 10-12.30 e 14.30-18.
Un vero e proprio viaggio, dalle pendici alle vette del Baldo, che mette in luce le specificità e le peculiarità storiche, naturalistiche e culturali che, nel corso dei secoli, hanno fatto sì che la catena montuosa a cavallo tra Adige e lago di Garda si inserisse al centro di una fitta rete di relazioni scientifiche di respiro europeo. Ad accompagnarci nelle sale è Anna Vittoria Ottaviani, la curatrice del percorso espositivo assieme a Rodolfo Taiani. Il monte Baldo - spiega, mentre indica un’ampia mappa geografica del 1460 - è sempre stata una terra di transito. Una direttiva nord-sud attraversata da itinerari religiosi, vie di transumanza, strade militari, crocevia culturali ma anche da fior fiore di botanici e naturalisti arrivati da tutt’Europa per studiare la straordinaria biodiversità di questo luogo».
I 390 chilometri quadrati su cui si estende il territorio del Baldo rappresentano solo lo 0,2% della superficie dell’intero arco alpino. Eppure in questo minuscolo tassello si può rinvenire il 43% di tutte le specie che compongono il patrimonio botanico alpino conosciuto: ben 2.131 quelle presenti, tra cui tre endemismi. Non è un caso, dunque, che Luigi Ottaviani, ispirandosi ad un antico mito greco, abbia rinominato il Baldo come «Vaso di Panflora», proprio per la sua ricchezza vegetale.
Ma di citazioni letterarie, anche celebri, sul monte Baldo ne è piena la storia. L’umanista Silvan Cattaneo già nel 1553 lo annoverava tra le «Sette maggiori e più famose montagne dell’Universo». Lo scrittore Edmondo De Amicis lo definì «O bell’orto d’Italia, monte Baldo glorioso, dalle smisurate radici». Mentre Carlo Linneo, padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, citava il Baldo al pari di altri Paesi (Spagna, Grecia ed Egitto) come una sorta di «nazione botanica».
Furono soprattutto i ricercatori e gli uomini di scienza, infatti, affascinati da quell’«oasi botanica sconcertante», a consolidare la fama della montagna e alimentare il topos legato al Baldo nei salotti di tutt’Italia e d’Europa. «Si calcola - illustra Anna Vittoria Ottaviani - che dal 1500 in poi, sulle orme di Calzolari, oltre 650 studiosi tra speziali, erbolai, divulgatori scientifici, medici, naturalisti, farmacisti e geografi esplorarono questo territorio e le sue piante». Le raccolsero, le catalogarono, ne analizzarono attentamente proprietà scientifiche e virtù, producendo un’incredibile mole di letteratura naturalistica a riguardo: trattati, enciclopedie ed erbari, tra cui quello di Valentino Passerini, originario di Brentonico, il più antico erbario trentino ad oggi conosciuto (1667).
Un viaggio dalle radici antiche, quello del Monte Baldo, che ora guarda al futuro. La mostra, infatti, realizzata da Comune di Brentonico e Fondazione museo storico del Trentino in collaborazione con Provincia, Museo civico di Rovereto, Museo di storia naturale di Verona e Ordine dei farmacisti di Trento, è un modo per accompagnare questo massiccio montuoso lungo un altro importante percorso: la sua candidatura a patrimonio mondiale Unesco.
«I quindici Comuni, trentini e veneti, che fanno parte della macro-area del Baldo sono concordi. Provincia di Trento e Regione Veneto anche. E, assieme, stanno lavorando per predisporre il protocollo da depositare per la candidatura. Attualmente - spiega Quinto Canali, assessore alla cultura di Brentonico - la lista dei beni patrimonio mondiale Unesco comprende 1.092 siti. Tra questi soltanto 38 (nessuno in Italia) hanno ottenuto il riconoscimento attraverso una combinazione di criteri sia culturali sia naturali. Il Monte Baldo aspira a questo».