«The New Pope» e le paure di oggi
«Il mio non è mai stato un lavoro provocatorio o critico nei confronti del Vaticano. Il mio è stato un tentativo da laico, da esterno, di provare a comprenderlo e immaginarlo quel mondo, anche in maniera ironica, ma senza essere mai irriverente. Non era questo il mio intento», dice laconico il premio Oscar Paolo Sorrentino, a pochi giorni dalla messa in onda - il 10 gennaio su Sky Atlantic e Now Tv - della serie coprodotta da Wildside, The New Pope che ha creato e diretto dopo il seguitissimo «The Young Pope».
In questa seconda stagione ritroviamo Papa Pio XIII (Jude Law) in coma a Venezia. Dopo una parentesi misteriosa, il cardinale Voiello (Silvio Orlando) riesce a far salire al soglio di Pietro l’aristocratico inglese Sir John Brannox che assume il nome di Papa Giovanni Paolo III (interpretato da un magistrale John Malkovich). Il nuovo pontefice sembra perfetto per riprendere in mano le redini della chiesa, ma nasconde segreti e fragilità. Per lui sarà molto complicato prendere il posto del carismatico predecessore che è sospeso tra la vita e la morte e che si risveglierà.
Nel ricco cast – 103 attori, 9.000 comparse, 4500 costumi – anche Javier Càmera, Cecile De France e le guest star, Sharon Stone e Marilyn Manson. Il regista de «La grande bellezza» ha fatto anche riprodurre La Pietà di Michelangelo nelle stesse dimensioni originali. La navata, gli interni della Basilica di San Pietro, il balcone papale e la Cappella Sistina perfettamente ricostruiti nel Teatro 5 di Cinecittà (laddove girava i suoi film Federico Fellini).
Sorrentino, «The New Pope» tiene conto anche delle paure di oggi?
«Questa serie è stata concepita durante il periodo degli attentati in Francia che gettavano una luce cupa e sinistra sulle nostre vite ed era impossibile non tenerne conto. Anche se io cerco di non essere cronachistico e realistico, è ovvio che gli eventi di una società incidono sulle persone e quindi anche su di me che volevo fare il seguito della serie. L’integralismo, l’intolleranza sono temi che sento molto».
Dica, ci racconti...
«È sdrucciolevole e pericoloso perché in nome dell’intolleranza si diventa intolleranti. Ci sono tutta una serie di pericoli e il Vaticano non può non occuparsi di questo tipo di problemi. Anche perché ha dentro di sé il pericolo di un’eventuale deriva di fondamentalismo cattolico e cosa questo potrebbe comportare».
È cambiato l’atteggiamento nel raccontare il Vaticano?
«Sì. In passato al cinema veniva raccontato come un luogo nel quale si addensavano segreti e misteri. Invece, non c’è nessuna necessità di mettere al centro del racconto lo scabroso, lo scandalo e la trasgressione».
Dunque ci saranno due pontefici nella sua serie. Perché John Malkovich era giusto per il personaggio?
«È un attore bravo e iconico e il Papa è una figura iconica. E poi Malkovich è un uomo dall’aspetto rassicurante, saggio e ambiguo: tutte caratteristiche che potevano convivere nel personaggio che avevo in mente».
Quando tornerà a girare per il grande schermo?
«Sto scrivendo con Angelina Burnett un film sulla mafia italo-americana nel corso di vari anni a New York, con Jennifer Lawrence, lo girerò proprio nella Grande Mela».
Ci sarà la terza serie di «New Pope»?
«Non lo so.. Mai dire mai».