La rapinatrice Miriam Leone in «Amore a domicilio»
«Quando trovi un personaggio scritto con luci e ombre e forti contrasti vuoi subito interpretarlo. E poi questo è un film che fa divertire ma anche riflettere sul fatto che ci sia sempre una via di uscita verso la libertà», dice Miriam Leone protagonista della commedia sentimentale "L’amore a domicilio" di Emiliano Corapi, prodotta da World Video con Rai Cinema, dal 10 giugno in streaming su Prime Video.
L’attrice siciliana dà vita ad una rapinatrice agli arresti domiciliari.
Esce di casa grazie ad un permesso e incontra Renato (Simone Liberati) convinto di poter controllare tutto, compreso questo insolito rapporto, ma dovrà fare i conti con una situazione complicata. L’ex Miss Italia sempre più divisa tra serie tv e cinema - sarà Eva Kant nell’atteso "Diabolik" dei Manetti Bros - si racconta.
Che donna è la "sua" Anna?
«E’ un personaggio moderno, smaliziato: una sorta di bad girl che non si fa problemi a svelare che cerca solo il piacere e non un impegno sentimentale. La sua è una dimensione di animale in gabbia. Credo che sia bello giocare ? anche se questo è un mestiere serio ? e ci siamo divertiti su un set davvero unico. Anna esce di casa poche volte, ma poi si ?carica? quest’uomo iniziando a condurre il gioco e la sua sarà un’evoluzione molto forte».
Che rapporto c’è tra un attore e un regista? Di amore e odio?
«Quando s’inizia un percorso insieme con lo stesso obiettivo si naviga nella medesima direzione: il regista è il comandante della nave e ogni volta si attraversa un’avventura differente. Emiliano Corapi è un regista sensibile e attento a tutto, compresa la salute dei suoi attori, ancora prima del Covid-19».
Lei recita per quasi tutto il film in uno spazio ristretto vivendo l’isolamento del suo personaggio. Invece, come ha vissuto questi 70 giorni di isolamento forzato?
«Durante il lockdown ho fatto tanto sport che prima non praticavo. Ho guardato molta televisione. Ma è il rapporto con se stessi che è cambiato: sei tu con il tuo compagno insieme h24. C’è il rapporto con la noia che può essere anche positivo perché ti fa allargare lo spirito. Penso che noi siamo abituati a correre e doversi fermare è stato sorprendente. Ho capito bene il bisogno della ?mia? Anna di muoversi. Non c’è stata la confusione ma l’essenziale».
Lei interpreta spesso donne al limite per scelta o per caso?
«In realtà i ruoli da cattiva sono stati due: la mia Veronica Castello della serie Sky ?1992-1993-1994? che è durato molti anni e ora questo. E’ un territorio che ho esplorato molto perché è lontano da me. Quindi interpretare donne così diverse mi permette di comprendere cose nuove dell’essere umano: è l’aspetto più bello del mio lavoro».
Quando si rivede è indulgente con se stessa?
«Difficilmente mi riguardo. Quello che ho fatto in questi undici anni è tracciato nella mia anima, nel mio corpo e non svanisce. Se ripenso a quella me che aveva paura provo tenerezza. Quel timore lentamente è sparito e ancora oggi a guidarmi è l’istinto».