L'Immensità di Andrea Laszlo De Simone mercoledì 16 settembre apre Poplar in Sardagna

di Fabio De Santi

“Questo ragazzo che viene da un altro tempo, dagli occhi spalancati sormontati da un baffo alla Zappa, fa molto di più che ravvivare la fiamma del grande pop progressive italiano: la sua musica è un’arte dei rumori del mondo, ardente e universale", Sono queste le parole  usate da Libération per definire Andrea Laszlo De Simone, ma non sono stati da meno Le Monde e Les Inrockuptibles, nell'elogiare il musicista italiano. In mezza Europa vanno pazzi per lui e con queste credenziali si comprende come il live di oggi alla Busa degli Orsi di Sardagna sia davvero da non perdere. De Simone sarà infatti fra i protagonisti del primo appuntamento di Poplar che si aprirà, mercoledì 16 settembre alle 16, con lo scrittore Enrico Brizzi seguito dalla cantautrice Any Other. In questa intervista Andrea Laszlo De Simone ci racconta il suo ultimo disco “L’immensità” e la sua idea di musica.

Al di la delle etichette, la tua musica viene catalogata come prog rock quali sono le tue radici musicali, cosa ascoltavi e cosa ascolti ora?

<Dunque, io non sono mai stato un ascoltatore. Sono cresciuto pensando che la musica e una cosa che si fa. Uno splendido gioco. Ma mi rendo conto di non essere impermeabile e credo che la musica classica che ascoltava mia madre e il jazz che ascoltava mio padre mi siano comunque rimasti dentro. Tra l'altro mio fratello maggiore era ed e un musicista ed e in gran parte merito suo se ho cominciato a suonare.

Ho trovato “L' immensità” un disco molto ispirato: come e nato questo lavoro?

<E' partito tutto da una riflessione sull'elaborazione del lutto. Mi sono concentrato sull'idea che il tempo possa essere più spiroidale che ciclico e che all'interno di una stessa vita, a livello emotivo, ci possano essere diverse morti e diverse rinascite. Ho identificato quattro fasi: “il sogno” in cui tutto sembra possibile, “la realtà” che ridimensiona e spesso disillude, “lo spazio” inteso come smarrimento e ricerca e “il tempo” inteso appunto come percorso di elaborazione e rinascita. Ma nel concreto e nato come gli altri dischi: mi sono chiuso in casa a fumare>.

Per questo album hai scelto anche un titolo impegnativo...

<Si, hai ragione. Ma, come succede anche per i figli, ho creduto che quello fosse il suo nome e credo ancora che sia l'unico nome possibile per questo lavoro>.

Il tuo live viene definito come “immersivo”: cosa si intende?

<Beh...io sono sostanzialmente un timido e nei concerti non sono un gran chiacchierone, anzi...non parlo, c'e solo musica, tutti i brani sono collegati fra loro senza soluzione di continuità...e il solo modo in cui intrattengo un dialogo con il pubblico. Parlo talmente poco che spesso succede verso fine concerto che alcuni elementi dell'orchestra sentano di dover dire qualcosa, ma dal mio punto di vista non c'e bisogno di parlare. Mi limito a ringraziare i musicisti, i tecnici e tutta la squadra. E' il pubblico ovviamente>.

Le Monde in un solo articolo ti ha definito vicino a Battisti, Ravel e Radiohead...

<Ed io ringrazio. Caldamente>.

Quale rapporto hai con la dimensione dei videoclip, sempre più necessari, e con i social?

<Mi occupo di tutti gli aspetti di quello che faccio. Le canzoni le scrivo, le arrangio, le suono e le produco e solitamente mi occupo anche della regia dei video clip, in altri casi, invece, soltanto della stesura dell'idea. I video dal mio punto di vista servono a fornire una chiave di lettura, a veicolare l'ascolto. Non sempre pero riesco a ottenere il risultato che vorrei...e un aspetto su cui sto ancora lavorando>.

 

Hai qualche “link” con il Trentino nella tua vita?

<Uno soltanto, ma fondamentale: la mia tour manager Alice Erspamer e di Trento. Voi non sapete quanto sia necessaria per me la sua presenza in tour. Ah! Amo i canederli (me li ha cucinati lei)!>

Oltre l'immensità cosa c'e nel tuo futuro?

<Se pensassi al futuro probabilmente smetterei di fumare>. 

 


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