La regista di Nomadland si prepara a fare incetta di Golden Globe e Oscar
«Penso che la parola outsider sia la chiave di tutto. Mi sento outsider ovunque vada e credo che questo mi abbia fatto identificare naturalmente con i personaggi di Nomadland. Se vivessi nel Regno Unito o in Cina, sarei attratta da chi sta ai margini di quelle società».Così, in collegamento remoto Chloé Zhao, regista di quel «Nomadland» che dopo il Leone d'oro a Venezia si prepara a sbancare la 78ª edizione dei Golden Globe con 4 nomination ed è tra i favoriti per la corsa agli Oscar. La Zhao, nata a Pechino nel 1982 e cantrice degli emarginati protagonisti anche degli altri due suoi lungometraggi, «Songs My Brothers Taught Me» e «The Rider - Il sogno di un cowboy», con «Nomadland» ha adattato l'omonimo libro della giornalista Jessica Bruder che racconta la storia di una donna "nomade" che attraversa gli Stati Uniti sul suo furgone, interpretata da Frances McDormand (nella foto in una scena del film). Una vedova che ha iniziato a migrare come tanti negli States, da un lato all'altro del Paese attraverso i mezzi di trasporto più vari, tra un lavoro precario e l'altro: insomma i "nuovi poveri", in genere anziani e senza speranza.«Penso che la questione della cura degli anziani sia un vero problema negli States come in tutte le società capitalistiche.
Per le donne poi è anche peggio. C'è il sessismo sul posto di lavoro e poi sono pagate meno degli uomini e di conseguenza la loro previdenza sociale è molto bassa. E così se hai solo 500 dollari al mese per vivere non hai certo molte alternative, ma va detto che le casalinghe in pensione sono molto più forti di quanto si possa immaginare e capaci di grande adattamento. Le vedi intorno al fuoco con tutta la loro voglia di vivere».
Cinema d'autore o Blockbuster? «Idealmente, mi piacerebbe che fossero la stessa forma d'arte, due modi diversi di narrare. Il fatto è che per certi film non c'è sostegno da parte del governo almeno negli States, non c'è rete di sicurezza. Proprio come accade per le sale chiuse da tempo per la pandemia, ora il governo si faccia avanti per evitare questo disastro. Personalmente - sottolinea poi la Zhao - credo si possa imparare dall'uno e dall'altro genere, da entrambi questi tipi di narrazione. Un tempo poi il film che vinceva l'Oscar era anche un'opera spesso apprezzata dal grande pubblico. Spero davvero si possa ritrovare quell'equilibrio». Cambierà qualcosa per i poveri degli States con presidente Joe Biden? «Spero proprio di sì, anche se con il sistema bipartitico è difficile fare un vero cambiamento. Penso che Biden rappresenti comunque una parte importante dell'America e che manchi molto alla scadenza dei quattro anni del suo mandato. Quindi spero davvero che sia il nuovo presidente americano che possa fare un po' di chiarezza nelle cose della politica».