Almeno i nomi (e i volti), in ricordo dei civili trentini deportati nei lager nazisti
Non si tratta di militari o partigiani ma di persone comuni, compresi sette religiosi, che per ragioni diverse (come solidarizzare con la Resistenza o disobbedire agli occupanti) sono finiti a Dachau, Auschwitz, Bolzano e negli altri famigerati campi del Reich. Molti di loro non sono tornati a casa e tutti sono stati dimenticati
TRENTO. Come un urlo: «Almeno i nomi».
Un urlo che esce dalla nebbia della storia e che si abbatte su di noi come qualcosa che stride, che chiede giustizia e onore, parole che sembrano desuete ma che che non lo sono per 210 trentini deportati nei lager nazisti.
Non militari in guerra ma persone comuni, anche sette religiosi, che per i motivi più disparati sono finiti a Dachau, Auschwitz e negli altri famigerati luoghi di morte. Molti di loro non sono tornati a casa e tutti sono stati dimenticati. Non hanno ricevuto coccarde partigiane e tanto meno riconoscimenti statali, anzi, sono stati inghottiti nell'oblio di tutti. "Almeno i nomi", vuole restituire loro l'onore e la memoria.
Da questo nasce il Memoriale ai civili trentini deportati in Germania, un progetto del Laboratorio di storia di Rovereto e dell'Associazione culturale Mosaico di Borgo Valsugana, finanziato dalle comunità Valsugana e Tesino e Alta Valsugana e Bersntol.
L'installazione si compone di 210 supporti di rame che custodiscono alcune note biografiche e i volti, dove è stato possibile rintracciarli, dei trentini deportati nei campi di concentramento del Terzo Reich.
È il frutto di una ricerca decennale del Laboratorio pubblicata nell'omonimo volume del 2013 e, in divenire, nel database ospitato dal sito labstoriarovereto.it.
Il memoriale sarà inaugurato a Borgo Valsugana giovedì 27 gennaio alle 11 presso il chiostro del municipio alla presenza dei ricercatori e di Renzo Fracalossi.
Proseguirà poi il suo viaggio toccando i principali comuni della Valsugana, la valle che in Trentino ha pagato il tributo più alto con i suoi 51 deportati. Nella cartina qui a fianco ci sono i numeri dei deportati nelle varie valli della provincia.
Il paradosso, se in una tragedia possiamo parlare di paradossi, è che i deportati civili « sono sprofondati ai margini della Storia senza più riemergere - affermano gli organizzatori del memoriale - Uomini e donne rinchiusi nei Lager o nei penitenziari a scontare non solo la "colpa" della resistenza organizzata, ma anche un semplice atto di solidarietà, una parola di troppo, una fede coerente con i Vangeli o un credo diverso da quello cattolico, la renitenza e la disobbedienza civile, un furto veniale, un'amicizia o un'inimicizia, una parentela o anche una semplice omonimia».
Insomma, la banalità del male, citando un libro fondamentale per capire gli orrori nazisti,
Fra gli oppositori arrestati in Trentino - 41 deportati, di cui solo 16 sopravvissuti - non si trovano soltanto "vecchi" antifascisti e nuovi cospiratori e partigiani, ma anche chi offre aiuto a partigiani o a prigionieri e disertori in fuga, e chi commette minime colpe, come esprimere sfiducia sull'esito della guerra.
Sedici trentini arrestati fuori dalle province di Trento e di Bolzano sono "politici": quasi tutti prendono parte alla Resistenza entrando nelle formazioni partigiane, oppure partecipano agli scioperi come operai di fabbrica. Solamente quattro torneranno dai Lager.
Religiosi. Sacerdoti e i religiosi trentini deportati in Germania sono sette. Cinque di loro perdono la vita nei Lager.Lavoratori. Negli ultimi mesi di guerra la colonia di lavoratori trentini nella Germania nazista è piuttosto nutrita.
I trentini passati dalla fabbrica ai campi di concentramento sono venticinque: per nove di loro non ci sarà ritorno.
A partire dagli anni Venti, molte famiglie e giovani trentini cercano migliori opportunità di vita e di lavoro fuori dal Trentino, nelle regioni industrializzate dell'Europa settentrionale e continentale.
La Francia, tra le due guerre, appare come la destinazione privilegiata.
I trentini che dalla Francia vengono deportati nei Lager della Germania, allo stato attuale della ricerca, sono all'incirca trenta.
Di loro, solo sette sopravvivono.Guerra di Spagna. Più di sessanta trentini combattono in Spagna contro l'esercito di Franco e i suoi alleati fascisti. Usciti sconfitti dall'esperienza spagnola, i reduci trentini iniziano una nuova, travagliata esistenza da internati.
La vicenda degli Internati militari italiani (IMI), sono sempre costretti a lavorare nelle miniere, nei campi e nell'industria in condizioni difficili, continuando a patire la fame, il freddo e le umiliazioni.
Gli IMI trentini passati dalla loro condizione di internati a quella di deportati nei campi di concentramento sono ventiquattro. Solo otto di loro sopravviveranno. ritorno alle loro case.