Rovereto rende omaggio ad un suo geniale pittore: ohibò, che bella scoperta questo Cavalcabò
Grande esponente del barocco settecentesco, l’autore ha letteralmente «seminato» opere in chiese e cappelle di tutto il Trentino: una mostra al Museo Civico riunisce per la prima volta molte opere «nascoste» in depositi o sagrestie
ROVERETO. Pochi lo sanno, ma Gaspare Antonio Baroni Cavalcabò (1682-1759) è uno dei massimi esponenti del barocco trentino. Noto e prolifico artista nativo di Sacco (Rovereto), si formò tra Venezia e Roma con due importantissimi pittori come Antonio Balestra e Carlo Maratti. Dal suo ritorno in patria, Baroni rivestì chiese e palazzi della Vallagarina di tele e affreschi che lo resero il principale protagonista del barocco locale.
Da oggi con la mostra al Museo della Città di Rovereto, «L'artista ritrovato. Gaspare Antonio Baroni Cavalcabò e il barocco in Vallagarina», a cura degli storici dell’arte Alice Salavolti e Dario De Cristofaro, si portano all’attenzione del pubblico opere inedite, normalmente non visibili o, più generalmente, dimenticate, “ritrovate” e riscoperte insieme al loro autore in una ricerca di studio che diviene oggi anche restituzione, dovuta alla collettività, di una personalità che tanto ha colorato la vita cittadina dal Settecento fino a oggi.
La mostra è promossa dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto, dal Comune di Rovereto, dalla Comunità della Vallagarina, e dall’Accademia Roveretana degli Agiati, con il patrocinio della Provincia autonoma di Trento e dell’Apt di Rovereto e Vallagarina.
Proprio per il profondo legame dell’artista con gli edifici ecclesiastici, pubblici o privati della sua terra, le opere in mostra sono un punto di partenza per ritrovare l’artista anche sul territorio, in un’ottica di museo diffuso: il visitatore potrà quindi, uscendo dalle sale museali, scoprire Baroni e approfondirne la conoscenza attraverso la visione delle sue opere nei contesti originari, nelle chiese e nei palazzi di molti comuni della Vallagarina, in autonomia o con le visite guidate organizzate dalla Fondazione Museo Civico.
E’ impressionante la diffusione delle sue opere nel roveretano, ma anche oltre, come per esempio a Trento nella cupola del Duomo poi cancellata dal restauro ottocentesco, nel bresciano e nel mantovano. Non c’è praticamente chiesa di Rovereto che non possegga una o più pale di Baroni Cavalcabò: Santa Maria del Carmine, San Marco, Santa Maria del Suffragio, la Chiesa della Madonna di Loreto, per citare solo quelle dove è più rappresentato. Ma opere di pregio sono presenti anche a Isera, Mori, Riva del Garda e in altre località.
Da menzionare i gioielli degli affreschi di San Giovanni Battista a Sacco e la meraviglia dei suoi ultimi giorni nel Sogno di Giacobbe nella pieve dell’Assunta a Villa Lagarina. Anche un grande affresco dell’Annunciazione sulla facciata di casa Tonelli in via Bronzetti a Sacco testimonia della sua popolarità. Ebbe commissioni anche per le sue opere in tutta una serie di palazzi, dai Fedrigotti di Sacco, dai Pedroni di Nogaredo, dai Fedriga di Isera e dalle famiglie roveretane Betta, Bridi, Fait e Wangher, Mitterrniller, Pizzini, Rosmini, Vannetti.
Nonostante la sua rilevanza e gli studi specialistici di cui è stato oggetto, il pittore, non aveva ancora trovato, fino a oggi, l’occasione e la giusta cornice per una mostra monografica, che oggi trova concretezza nell’esposizione presso il Museo della Città di Rovereto.
Se, fino alla metà del secolo scorso, un’esposizione dei lavori di Baroni sembrava improbabile perché gran parte delle opere conosciute erano pale d’altare e dunque inamovibili, nel corso degli ultimi cinquant’anni, numerosi sono stati i ritrovamenti di tele che si ritenevano perdute, molte delle quali depositate in sagrestie di chiese roveretane.
Si è inoltre concretizzata in questa mostra la disponibilità al prestito da parte di collezionisti privati o istituzioni. In esposizione, opere di proprietà del Comune di Rovereto, della Parrocchia di San Marco, del Museo Casa Natale di Antonio Rosmini, della Parrocchia di San Giovanni Battista, della Famiglia Bossi Fedrigotti, del Castello del Buonconsiglio, del Convento dei Cappuccini di Arco, del MAG Museo Alto Garda, dei Musei civici di Verona, del Museo di Castelvecchio di Brescia, della Pinacoteca Tosio Martinengo.
“Siamo felici che il nostro Museo stia adempiendo appieno alla sua mission, cioè quella di restituire alla città e al territorio parti della sua storia culturale”, ha dichiarato il presidente della Fondazione Museo Civico Giovanni Laezza nel corso dell’inaugurazione. “Il grande artista del Settecento lagarino che oggi proponiamo in mostra al Museo della Città, in sinergia con il Comune e molte altre realtà istituzionali e non del territorio, era famoso e amato nella sua epoca, ma poco conosciuto nel presente. Il museo riesce, nel raggiungimento del suo mandato, a portare all’attenzione del pubblico contemporaneo un artista “ritrovato”. Per noi una grande soddisfazione”
“Questa mostra evoca parole come relazioni, rapporti, connessioni” ha commentato il sindaco di Rovereto Francesco Valduga, “Connessione tra la vita di Baroni Cavalcabó e le sue opere e le vocazioni storiche del nostro territorio. Connessioni tra cultura e commercio. tra dimensione religiosa e dimensione civile. È artista del sacro e nel contempo adorna residenze che ci restituiscono la straordinaria capacità della borghesia roveretana di investire in cultura e di alimentare la laicità, il pensiero del periodo dei lumi. E la connessione di Rovereto con altri territori, con la Mittel-Europa e la Russia. E la connessione di oggi, tra enti e musei, tra territori – Rovereto, Ala, Comunità di Valle, ma anche territori altri, perché la mostra diventerà attrazione anche per il turismo. Il Museo della Città mette in mostra quello che siamo stati per interpretare il presente e programmare il futuro. é uno dei nodi culturali, al centro di percorsi che attraversano la città da nord a sud”.
“La Comunità della Vallagarina ha accolto con entusiasmo il progetto”, ha sottolineato Stefano Bisoffi, Commissario della Comunità della Vallagarina “Molti comuni hanno partecipato, e con questa mostra restituiamo uno spaccato importante di un periodo che ha visto il territorio crescere. Le istituzioni hanno saputo fare rete, e si potranno scoprire le opere di Baroni Cavalcabò anche nelle chiese e nei palazzi del territorio”
“Abbiamo incontrato i giovani curatori della mostra per la prima volta nel 2018” ha commentato Stefano Ferrari, presidente della Accademia Roveretana degli Agiati, "per un progetto molto articolato che, oltre alla mostra e al catalogo ha già restituito un convegno, i cui Atti sono in pubblicazione. E’ interessante che al Museo della Città di Rovereto, dopo moltissimo tempo, si sia realizzato un progetto che ha per focus il Settecento, un’epoca cruciale per la storia di Rovereto e del Trentino”.