Arriva Giacobazzi con il suo nuovo spettacolo: risate, ma anche riflessioni sull’umanità
Si intitola "Noi. Mille volti e una bugia", e inaugura la «ripartenza» del comico. Dopo la pandemia, e contro la cattiveria che impera sui social media. Il 22 aprile al Santa Chiara
TRENTO. Venticinque anni e anche qualcosa di più fatti di avventure ed aneddoti, situazioni ed equivoci, gioie e malinconie, sempre spettatori e protagonisti di un'epoca che viaggia a velocità sempre maggiore. Sono quelli che Giuseppe Giacobazzi racconta nel suo ultimo spettacolo "Noi. Mille volti e una bugia" in un tour che approda il 22 aprile all'Auditorium S. Chiara di Trento (Inizio ore 21; ancora una cinquantina i biglietti disponibili). Andrea Sasdelli, alias Giuseppe Giacobazzi, uno dei più noti comici italiani, romagnolo doc, propone, come ci racconta in questa intervista, un particolare dialogo interiore tutto da ridere.
Giacobazzi, inevitabile partire dal titolo dello spettacolo.
"Noi. Mille volti e una bugia" vuole esprimere il concetto che tutti quanti noi indistintamente, inconsciamente, istintivamente, indossiamo delle maschere per convivere senza litigare troppo.
Quindi si può dire che è uno spettacolo un po’ pirandelliano?
"Si, però solo nel titolo,ma diciamo subito che finisce meglio, così la gente non si spaventa. Ci saranno alcuni momenti un tantino più intimi del solito ma è uno spettacolo comico".
Ma quanta differenza c’è allora tra il Giacobazzi attore e l’Andrea Sasdelli uomo?
"La differenza sostanziale che c’è tra me e lui è che Giacobazzi può permettersi di dire qualsiasi cosa e io invece devo mediare un po’ di più. Tra i due chi ha più maschere sono. Sul palco porto la mia esperienza di convivenza con la mia maschera più famosa, che è appunto Giacobazzi, e racconto i nostri alti e bassi e soprattutto prendo in giro un po’ di cose".
Rispetto agli show del suo passato quali sono le maggiori differenze?
"Di diverso c’è il racconto assolutamente reale e leale di come è nata la mia maschera e del mio rapporto con lei, di come in un periodo della mia vita abbia preso il sopravvento rischiando di farmi perdere tutto quello che c’è una volta che si spengono le luci del palcoscenico".
Cosa la spaventa di più del nostro, sempre più vorticoso, presente?
"Oggi come oggi dire la cattiveria e il poco rispetto che c’è tra esseri umani. Mi dà fastidio l’arroganza che, sui social soprattutto, si esprime un astio sproporzionato. Si diceva che dalla pandemia dovevamo uscirne migliori, ma temo proprio che ne siamo usciti più stronzi".
Quindi come vive i social?
"Ci sono cose che mi danno fastidio ma mi impongo di non commentarle, faccio il mio e basta. Se qualcosa non mi piace non perdo tempo ad andare a dirlo a chi l’ha scritta. Il tempo è una quantificazione anche monetaria e di vita. Allora mi perché sprecarlo per una cosa che non mi piace e che addirittura mi infastidisce?".
Cosa le è mancato di più durante il periodo più duro della pandemia?
"Mi è mancato il contatto con la gente. Mi hanno proposto tante volte di fare qualcosa in streaming ma non ho mai accettato perchè non riesco a esprimermi senza un pubblico davanti".
Quanto è difficile far ridere oggi il pubblico?
"Non è più difficile, anzi: dopo il lockdown c’è più voglia di comicità, di comunicare, di condividere e di stare insieme, di stare seduti vicini a teatro. A ottobre le prime date nei teatri sono state di un carico emotivo difficile da dimenticare, simili all’emozione del debutto a Zelig agli Arcimboldi".
Fra i suoi progetti futuri c’è anche qualcosa legato al piccolo schermo?
"C’è un progetto televisivo in cantiere, più un'ospitata. Dopo aver partecipato a “Cotto e mangiato” mi sono un tantino lasciato andare!".