Storia / Il caso

Proteste contro il francobollo dedicato a Italo Foschi, fu prefetto fascista anche a Trento e a Belluno

Si susseguono le voci di indignazione e le accuse di revisionismo dopo l'emissione filatelica che ricorda il fondatore dell'As Roma, malgrado il ruolo intransigente che ebbe per oltre vent'anni nell'apparato repressivo della dittatura e poi con i nazisti nell'Alpenvorland. Enrico Bacchetti (Istituto storico bellunese Isbrec): «Foschi fu uomo del fascismo, di quello più duro e violento. Che sia proprio la figura migliore da commemorare con un francobollo?»

di Zenone Sovilla

TRENTO. Un francobollo dedicato al fondatore dell'As Roma Calcio, peccato che si tratta anche di un esponente dello squadrismo e dell'apparato fascista, uno dei volti della repressione liberticida, dall'inizio alla fine della dittatura.

È Italo Foschi, noto anche sulle Dolomiti, dove fu prefetto a Trento (1939-1943), fino all'armistizio e alla creazione dell'area di occupazione nazista Alpenvorland. Dopo l'8 settembre, infatti, fu trasferito a Belluno, che con Bolzano e Trento costituiva il territorio di questa zona amministrativa speciale, sottratta alla Repubblica Sociale di Mussolini e controllata direttamente dai nazisti tirolesi.

La decisione di dedicare a questa figura un francobollo, celebrata con visibilità dal governo, è da giorni al centro delle polemiche e delle proteste, insorgono i rappresentanti delle comunità ebraiche, molti partiti politici (di sinistra e non solo), i discendenti di partigiani e altre vittime del nazifascismo, diversi studiosi di storia.

Di Foschi, di radici abruzzesi, si ricorda che fu addirittura espulso (ma poi riammesso) nel partito fascista, dopo l'omicidio del leader socialista Giacomo Matteotti, per aver esagerato con lo squadrismo violento.

Sembra davvero una triste beffa della storia che questo personaggio sia celebrato dalle istituzioni nazionali proprio nei giorni in cui si commemora il parlamentare socialista la cui voce fu messa a tacere dai fascisti il 10 giugno 1924: Matteotti venne rapito e assassinato e sei mesi dopo Mussolini rivendicò la «responsabilità politica, morale e storica» anche di quell'episodio.

Un dramma che segnò una sanguinaria nella parabola del fascismo come dittatura crudele, sanguinaria e oscurantista.

A Belluno, provincia dolomitica in cui fin dall'estate 1943 si stava riorganizzando una resistenza sempre più diffusa contro il nazifascismo, Foschi durò poco come prefetto: dal 19 settembre al 20 ottobre.

Ma quel sia pur breve passaggio lo inserisce fra i personaggi studiati dagli esperti dell'Istituto storico bellunese della Resistenza e dell'Età contemporanea (Isbrec), una realtà che ha alle spalle oltre mezzo secolo di ricerche e che conserva archivi preziosissimi.

Proprio l'attuale direttore dell'Isbrec, Enrico Bacchetti, ha diffuso due giorni fa un testo che riesamina la vicenda Foschi.

Lo studioso bellunese in questo documento, ricorda che «nel 1941, mentre svolge la funzione di prefetto di Trento, Foschi denuncia all’autorità giudiziaria don Modesto Lunelli, parroco di Ziano, e don Giuseppe Lona, insegnante al liceo arcivescovile di Trento per aver firmato due bollettini parrocchiali con contenuti ritenuti disfattisti».

L'anno dopo, segnalò “maldicenze politiche” e «fece intervenire i carabinieri a Cles che arrestarono sette persone per tendenze disfattiste».

Il nome di Foschi compare anche nell’elenco dei responsabili della persecuzione antiebraica in Veneto diffuso dal Centro studi internamento deportazione.

Fra le reazioni molto critiche contro l'inspiegabile iniziativa commemorativa, quella dei gruppi consiliari bellunesi in Comune Insieme per Belluno bene comune, Partito democratico, In movimento, Belluno D+ e Valore Comune, che hanno diffuso una nota di profonda indignazione.

Ecco che cosa scrivono: «È l’ennesima vergogna nazionale: il 6 maggio a Roma è stato emesso in pompa magna al ministero delle Imprese e del Made in Italy un francobollo commemorativo (e parliamo di anniversari “importanti”: si tratta del 140° anniversario – una data molto farlocca… ) dalla nascita di Italo Foschi, ufficialmente ricordato come primo presidente della Roma calcistica, ma in realtà esponente di spicco del fascismo, dalle origini fino all’ultimo giorno.

A Belluno e in tutto il Nord Est (il confine orientale tanto caro ai vecchi missini) è tristemente noto perché fu il prefetto fascista prima a Pola nel 1931-33 dove la sua feroce repressione della minoranza slava lo portò addirittura allo scontro aperto con il Vescovo di Trieste Luigi Fogar, ben consapevole dei delicati equilibri linguistici ed etnici della Venezia Giulia, poi a Treviso e a Trento, mentre dopo la sua adesione alla Rsi, come ultimo prefetto italiano, fu il protagonista del cruciale settembre-novembre 1943 dell’occupazione nazista e del sanguinoso regalo che Mussolini fece a Hitler, cedendogli la sovranità sulle tre province italiane di Belluno Trento e Bolzano che dopo vent’anni di indottrinamento nazionalista non furono più italiane ma tedesche (ai ragazzi bellunesi arrivò la “cartolina” della Wehrmacht, non più quella dell’Esercito italiano) e che fino al 1945 divennero la nuova regione nazista denominata Alpenvorland.

Per la sua volontà di riorganizzare il partito fascista nel Bellunese riuscì ad essere malvisto perfino dai nuovi padroni nazisti con cui comunque collaborò zelantemente nella schedatura degli ebrei, indispensabile per le deportazioni nei campi di sterminio.

Grazie alla sua foga come manganellatore agli ordini di Farinacci, Italo Foschi era stato il primo federale di Roma nel 1923, quando organizzò tra le altre la spedizione squadrista contro la casa dell’ex presidente del consiglio Francesco Saverio Nitti

Una figura tragica e molto poco degna della storia italiana, bellunese e di tutto il Nord Est, uno degli artefici delle tensioni col mondo slavo sfociate nel dramma delle foibe e protagonista durante l’occupazione nazista di tante terre italiane, provincia di Belluno compresa.

Dopo la Liberazione fu processato per la sua attiva adesione alla RSI, ma graziato da indulto.

Il 20 marzo del 1949, dopo aver assistito alla partita della Lazio disputata allo Stadio Nazionale, alla notizia data dagli altoparlanti della sconfitta della Roma a Genova contro la Sampdoria, si accasciò sul seggiolino da dove aveva assistito alla partita. Soccorso immediatamente, morì prima di giungere in ospedale .

La scelta di dedicargli un francobollo dimostra o la grave ignoranza o la pericolosità di chi ci governa. O più probabilmente entrambe», concludono i citati gruppi consiliari del Comune di Belluno.

Ma la rivolta sul francobollo dedicato al primo presidente e fondatore della As Roma è finita anche nientemeno che sul Financial Times. "Il governo di destra del primo ministro Giorgia Meloni ha acceso nuove polemiche sulle sue opinioni sul passato fascista dell'Italia emettendo un francobollo recante l'immagine di un importante sostenitore del dittatore Benito Mussolini", si legge in un articolo a firma di Amy Kazmin pubblicato online.

Il francobollo è stato celebrato dal club come "motivo di orgoglio", evidenzia la corrispondente da Roma del quotidiano della City citata dall'agenzia Ansa.

L'ex ministro Carlo Giovanardi, membro della Consulta filatelica che presso il ministero del Made in Italy esprime il suo parere sulle emissioni di nuovi francobolli, ha preso le distanze dall'iniziativa e ha detto di non ricordare che fosse stata presa una decisione su Foschi.

Onorarlo, afferma, è «in totale contraddizione con i principi della nostra Costituzione», ha aggiunto, «spiegando di aver "scoperto il suo passato di militante, antisemita, collaborazionista, tutte caratteristiche da non celebrare su un francobollo».

Il direttore dell'Istituto storico bellunese ringrazia l'ex ministro per l'intervento in dissenso: «L’Isbrec - scrive  Enrico Bacchetti - ha già preso posizione sulla questione attraverso una breve relazione finita proprio sulla scrivania di Carlo Giovanardi (e non solo) che fa parte della Consulta filatelica l’organo che sovraintende all’emissione dei francobolli.

Lo ringraziamo per aver voluto approfondire una vicenda che tocca anche il Bellunese e per aver preso una posizione netta e pubblica che diversamente sarebbe passata sotto silenzio. Italo Foschi fu uomo del fascismo, di quello più duro e violento, voltagabbana all’occorrenza, capace di passare con disinvoltura da una sponda all’altra, e più volte, per scopi personali. Che sia proprio la figura migliore da commemorare con un francobollo?».

Lo stesso Bacchetti ha diffuso sul sito Web dell'Isbrec, una interessante ricostruzione del profilo storico di Foschi (lo riportiamo qui sotto), «perché la conoscenza del passato resta a nostro avviso lo strumento migliore per comprendere il nostro presente e perché riteniamo che un uso distorto e politico della storia sia sempre da stigmatizzare. Il passato si studia, lo si analizza, lo si ripensa con occhiali sempre nuovi. Ma riscriverlo per cercare di piegarlo alle proprie idee politiche non è né un modo corretto di affrontarlo, né un buon servizio per i cittadini. Insomma, non è storia».

Fra le innumerevoli voci di protesta, anche quella di Maria Grazia Lancellotti, preside del liceo classico e linguistico Orazio di Roma, istituto da 1400 alunni, coordinatrice della "Rete di scuole italiane delle Memorie-una città mille storie". «Verrà emesso - dice all'Ansa - un francobollo dedicato a Italo Foschi, fascista della prima ora e squadrista ma non per la Liberazione. Quest'anno si festeggiano gli 80 anni dalla Liberazione della prima capitale europea dal nazifascismo: una data importante per questo abbiamo chiesto l'emissione di un francobollo.

Quando ci hanno risposto no, ho immaginato ci fossero dei problemi ma quando ho saputo che ne era stato appena emesso uno per Italio Foschi sono rimasta perplessa; avrei capito un francobollo per Matteotti, non per Foschi, è imbarazzante. I ragazzi ci sono rimasti male anche perché sono dentro ad un percorso che stiamo facendo e che comprende un lavoro storico approfondito. Vorremmo capire la ratio di queste decisioni e se dobbiamo metterci a studiare Italo Foschi».

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IL PROFILO STORICO DI ITALO FOSCHI

[dal sito dell'Istituto storico bellunese della Resistenza e dell'Età contemporanea]

Enrico Bacchetti

Nato il 7 marzo 1884 a Corropoli (Teramo), Italo Foschi si laurea in giurisprudenza nel 1906 a Roma e nel 1908 entra alla Corte dei conti come scrivano; lascerà il suo posto nel 1922 per dedicarsi alla politica. Si iscrive al partito nazionale fascista nel marzo 1923 (fascio di combattimento di Roma) e nei primi anni si distingue, tra l’altro, per aver preso parte a diverse aggressioni contro avversari politici e per l’organizzazione di azioni squadriste nella capitale.

Nell’ottobre 1925 viene espulso dal partito per il suo atteggiamento intransigente e violento.

Il fascismo sta infatti tentando di darsi una veste più “istituzionale” e meno violenta. Riammesso in occasione dell’anniversario della marcia su Roma per ordine di Farinacci, a dicembre del 1926 Foschi è costretto ad abbandonare la segreteria del fascio romano e quella della federazione dell’Urbe e venne “invitato… a diminuire per proprio conto (e a impedire ai suoi coadiutori) tutti gli eccessi di inopportuno esibizionismo” come dice un documento conservato nell’Archivio centrale dello Stato a Roma (Min. dell’Interno, 1926, b. 110, fasc. Roma – Fascio).

Nel 1928 è, tra l’altro, consigliere della Federazione italiana del gioco del calcio nonché per un certo periodo presidente dell’Associazione sportiva “Roma”.

Dal 1929 inizia la carriera di prefetto, che lo porta a Macerata (1929-’31), a Pola (1931-’33), a Taranto (1934-’36), a Treviso (1936-’39) e a Trento (1939-’43).

Fu sicuramente un fascista fedele al regime. Seguendo la sua figura negli ultimi anni di servizio, agli inizi del 1941, mentre svolge la funzione di prefetto di Trento, si scopre che denuncia all’autorità giudiziaria don Modesto Lunelli, parroco di Ziano, e don Giuseppe Lona, insegnante al liceo arcivescovile di Trento per aver firmato due bollettini parrocchiali con contenuti ritenuti disfattisti. E ancora, nel 1942, a seguito di quelle che definì “maldicenze politiche”, fece intervenire i carabinieri a Cles che arrestarono sette persone per tendenze disfattiste.

Il 25 luglio 1943, dopo la destituzione di Mussolini, con abile mossa sostituisce il direttore del giornale Il Brennero, il fascista Guido Gamberini, con il liberale Gino Marzani. Scrive Vadagnini (p. 73): «L’azione del Foschi, se rispondeva a fini personali, assecondava anche l’intento del governo Badoglio, che, con la sostituzione dei direttori dei più importanti quotidiani, tentava di sottrarre la stampa all’influenza diretta dei gruppi antifascisti».

Considerato il suo status di fascista intransigente e nonostante il tentativo di riposizionamento dopo il 25 luglio, l’11 agosto 1943 (o, secondo Bosman, il 16 agosto) fu collocato a riposo dal Governo centrale, nonostante i tentativi di adeguarsi al nuovo clima politico. Peraltro, anche le forze antifasciste trentine spingevano per un suo allontanamento.

Dopo l’8 settembre e con la costituzione nelle province di Trento, Bolzano e Belluno della Zona d’Operazioni delle Prealpi posta sotto il comando nazista (10 settembre), Foschi ritorna in auge: il 16 settembre è di nuovo prefetto di Trento. Immediatamente fa aprire un nuovo giornale, Il Trentino, che si presenta come «quotidiano del partito fascista repubblicano».

Vale la pena ricordare che il 12 settembre Mussolini era stato liberato dalla sua prigionia sul Gran Sasso ad opera di soldati tedeschi e che di lì a un paio di settimane sarebbe nata la Repubblica sociale italiana. Inoltre, Foschi si applica alla ristrutturazione del partito fascista di Trento, con l’intento di ristabilire le condizioni antecedenti il 25 aprile. E ancora, prepara un elenco di antifascisti trentini da far arrestare e fucilare.

Nel frattempo, il Gauleiter Franz Hofer, Commissario supremo della Zona d’Operazioni delle Prealpi, non apprezzandone l’efficienza, andava cercando il modo di estromettere Foschi, in quanto intendeva mettere il fascismo “in soffitta”, in modo da garantire al potere nazista un controllo totale ed efficace del territorio. Sicché,Fonti bibliograficheto dopo un solo giorno, il 17 settembre Foschi fu esautorato.Fonti bibliografiche

Lo ritroviamo qualche giorno più tardi a Belluno, ove assume l’incarico di prefetto.

A Belluno i tedeschi arrivano il 13 settembre, ossia 3 giorni dopo la nascita formale della Zona d’Operazioni. Immediatamente si crea un clima di terrore, con minacce di esecuzioni. L’obiettivo, anche nella nostra provincia, è quello di prendere il controllo alternando rudezze a blandizie. In generale il fascismo va messo ai margini, il potere deve stare in mano nazista e le autorità italiane devono sottoporsi agli ordini nazisti.

Ne è un esempio la situazione particolare che si crea quando a Belluno si insedia un Sottosegretariato di Stato alla Marina (naturalmente parliamo della repubblica sociale di Mussolini) e subito sorgono tensioni con autorità e soldati tedeschi che infine porteranno al trasferimento del sottosegretariato nel febbraio del 1944.

Il consigliere amministrativo germanico, Hubert Lauer, sarà la vera autorità prefettizia della provincia; a lui saranno di fatto sottoposti i diversi prefetti italiani (aderenti alla repubblica fascista). E tra settembre e ottobre, a Belluno se ne alternano addirittura cinque: Gaspare Barbera nominato da Mussolini ma che non si poté insediare, Angelo Rossi (già in carica da febbraio sino al 6 settembre), Agostino Galatà, Idreno Utimperghe e Italo Foschi.

Tralasciando gli altri, Foschi giunse a Belluno il 19 settembre e rimase in carica sino al 20 ottobre (ma secondo altra fonte fu prefetto dal 24 settembre – dopo la costituzione della repubblica sociale – al 4 o al 21 novembre) per essere poi sostituito da Carlo Silvetti. La fine del suo mandato è legata ad un processo intentatogli a Trento perché dopo il 25 luglio, da prefetto di quella provincia, di fronte al nuovo clima politico creatosi con la destituzione di Mussolini, aveva fatto omaggio al re e al nuovo Presidente del Consiglio Pietro Badoglio e aveva stilato una lista di fascisti trentini da sanzionare e esporre al pubblico disprezzo. Insomma, Foschi si rivela un amante delle liste di proscrizione, da comporre ad arte in base al clima politico.

Il processo cui fu sottoposto comportò infine la sua messa a riposo da parte del governo della repubblica sociale, esito paradossale se si pensa che, giunto a Belluno, si era distinto per una «ritrovata intransigenza fascista», come scrive Ferruccio Vendramini (p. 174). Ad esempio, aveva ordinato che i ritratti del duce fossero ricollocati al posto d’onore e che i distintivi del partito fossero portati ben in vista sulle giacche.

Il 21 settembre, inoltre, aveva firmato un appello, pubblicato su Il Gazzettino, nel quale esaltava Mussolini e sosteneva la necessità della collaborazione con le forze tedesche.

Tutto questo però non gli giovò neppure di fronte alle autorità naziste. I tedeschi, infatti, mal digerivano la presenza di un prefetto tanto zelante che tentava di rafforzare il partito in un territorio che invece essi ritenevano di controllare senza l’ingombro delle camicie nere: i fascisti, per le autorità germaniche, dovevano essere semplici e docili strumenti, e dunque l’apparato di partito non doveva risultare troppo forte.Non a caso il sostituto di Foschi, Carlo Silvetti, fu scelto non per la propria appartenenza politica quanto piuttosto per le sue qualità amministrative.

Certa è dunque la sua appartenenza fedele al regime fascista e chiaro il suo atteggiamento anche dopo il ritorno di Mussolini. Certamente, dopo la Liberazione venne processato per avere partecipa alla Repubblica sociale e quindi assolto (o forse amnistiato). Morirà nel 1949.

Qualche valutazione conclusiva. Foschi costruisce la propria carriera dentro il fascismo, cui aderisce convintamente venendo dall’esperienza nazionalista degli Anni ’10. La sua intransigenza lo mette in cattiva luce persino con gli apparati di partito (ma è storia condivisa da molti fascisti irriducibili del tempo, come pure, nella Germania degli Anni ’30, da molti nazisti). La sua consonanza con le posizioni fasciste è dunque fuori discussione.

Guardando al suo voltafaccia del luglio 1943, si potrebbe pensare ad un uomo di Stato semplicemente fedele alle istituzioni: se cambia l’aria, se muta la linea politica, un prefetto non può che prenderne atto comportandosi di conseguenza. Se però consideriamo quanto avviene nel settembre dello stesso anno quando “torna in sella” con l’arrivo dei tedeschi e la nascita della repubblica di Salò, risulta evidente che la presa di posizione di luglio fosse dettata solo da convenienze politiche. Fondamentalmente egli era e rimaneva non un uomo delle istituzioni, ma un uomo del fascismo.

La valutazione non si può certo estendere sul piano umano, di cui poco possiamo dire, ma considerando il suo ruolo pubblico è chiaro il suo gioco sempre a favore del fascismo tranne, e per pochi giorni, nel (solo parzialmente) mutato clima politico che segue la destituzione e l’arresto del duce. In fin dei conti un fascista che pone se stesso e i propri interessi davanti a tutto e a tutti, in altri termini (non certo lusinghieri) un “uomo per tutte le stagioni”. Sul piano etico, sia consentita questa valutazione, una figura da studiare, certo non da incensare.

Fonti bibliografiche

Marco Borghi, La storia della fugace apparizione del sottosegretariato di Stato alla Marina a Belluno, in “Protagonisti”, n. 59 (1995), pp. 11-22

Giovanna Bosman, Foschi, Italo, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 49 (1997), consultabile all’Url https://www.treccani.it/enciclopedia/italo-foschi_(Dizionario-Biografico)/

Armando Vadagnini, Gli anni della lotta: guerra, resistenza, autonomia (1940-1948), Trento 1978

Ferruccio Vendramini, Note sul collaborazionismo nel bellunese durante l’occupazione tedesca (1943-1945), in Tedeschi, partigiani e popolazioni nell’Alpenvorland (1943-1945). Atti del convegno di Belluno (21-23 aprile 1983), Venezia 1984, pp. 171-208

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