L'orso dà una zampa per uscire dalla crisi
Si sono creati un lavoro per non lasciare la valle, per non emigrare come molti italiani in periodi di crisi. E l'impresa avviata da due giovanissimi fratelli di Giustino affonda le radici nella tradizione secolare delle famiglie «rendenere» e sfrutta un'immagine simbolo del Trentino, l'orso. Claudio e Paolo Collini , 24 anni, si sono inventati mastri birrai e il pezzo forte della loro produzione - che sta conquistando i locali di mezza Italia - è la «Bira da l'Ors»
GIUSTINO - Si sono creati un lavoro per non lasciare la valle, per non emigrare come molti italiani in periodi di crisi. E l'impresa avviata da due giovanissimi fratelli di Giustino affonda le radici nella tradizione secolare delle famiglie «rendenere» e sfrutta un'immagine simbolo del Trentino, l'orso.
Claudio e Paolo Collini , 24 anni, si sono inventati mastri birrai e il pezzo forte della loro produzione - che sta conquistando i locali di mezza Italia - è la «Bira da l'Ors», una scura ambrata da pasto che piace un sacco ai turisti e che, per sacrosante ragioni di orgoglio campanilista, ha tenuto fede al dialetto.
La crisi, si diceva. «Non riuscivamo a trovare lavoro - raccontano in coro - e quindi ci siamo guardati in faccia e ci siamo chiesti: cosa sappiamo fare? La birra».
Altro che Germania, Belgio, Cekia, qui siamo in val Rendena. Che c'azzecca? «È da oltre cent'anni che in casa ci si fa la birra per l'estate. A noi l'ha insegnata il nonno e a lui il bisnonno. In famiglia si è sempre fatta. Ci siamo applicati e siamo riusciti a inventarci una birra buona».
E gli ingredienti? «La maggior parte è l'acqua e qui non manca di certo. Per il resto, malto e luppolo, andiamo personalmente in Germania ad acquistarli da piccole cooperative agricole, roba di qualità».
In Rendena non cresce nulla? «Lungo il Brenta c'è del luppolo selvatico ma siccome cresce insieme all'erba cipollina dà una birra che sa di cipolla, meglio evitare».
L'avventura «bionda» dei fratelli Collini è appena partita: pochi mesi di lavoro ma è già scoppiata una sorta di mania. Perché di mezzo c'è un testimonial d'eccezione, l'orso. «Qui gira, anche in pineta si vede spesso. La Bira da l'Ors la vendiamo in valle, nei ristoranti e nelle pizzerie che l'hanno inserita nel menù. Molti turisti, che hanno locali in giro per l'Italia, ce l'hanno chiesta e l'hanno inserita pure loro nei menù».
Il birrificio Rendena, per ora, è un piccolo stabilimento a due passi da Pinzolo. «Per ora è sufficiente perché siamo solo noi due: andiamo a prendere la materia prima, la lavoriamo e distribuiamo il prodotto finito. Non ci sono feste, non si sono vacanze ma va bene così». La valle, tra l'altro, sembra avere adottato questo nuovo «brand». La scelta di Claudio e Paolo è sostenuta da tutti anche perché viene apprezzata la volontà di non mollare, di non abbandonare la terra natia per cercare fortuna altrove. «Noi non volevamo andarcene ma qui lavoro ce n'è poco. Abbiamo deciso di provare e ci sta andando bene anche se è presto per dirlo. Abbiamo preso in affitto questo capannone e abbiamo investito nell'impianto che ci consente di arrivare a mille litri di birra a cotta».
Dall'inizio dell'attività, di fatto al cambio di calendario, sono stati imbottigliati 200 ettolitri di bevanda ambrata. Che è di quattro tipi: la Brenta chiara e ambrata a bassa fermentazione, la Weizen e, appunto, la scura (come si conviene visto che è in onore del plantigrado) Bira da l'Ors. «È una bevanda da pasto più che altro e piace soprattutto fuori dal Trentino, specie in Centro e Sud Italia».
Dall'etichetta al sottobicchiere la grafica è essenziale ma efficace, un disegno a cui hanno partecipato dei ragazzi della zona. Perché questo nuovo punto di riferimento per gli amanti della «bionda» è motivo di orgoglio. E adesso arriva l'Inter in ritiro. «Siamo contenti perché installeremo un nostro chiosco con le nostre birre alla spina». Meglio l'Inter o la Juventus? «Decisamente l'Inter perché a seguire il ritiro arrivano la famiglie che vivono i nostri paesi e spendono qui, sono persone più tranquille e che fanno girare l'economia».