Nel 2013 Pil giù dell'1,3% Ma Trento fa meglio del Belpaese
Nel 2013 il prodotto interno lordo in Trentino si è attestato a -1,3% contro un - 1,5% del Nord-Est ed un -1,9% dell'Italia. Male le costruzioni, soffrono industria e servizi, in controtendenza l'agricoltura. «La crisi economica non è ancora finita - è il commento del presidente della Provincia, Ugo Rossi - e lo stiamo dicendo da tempo, ma certamente il Trentino conferma prestazioni migliori rispetto non solo al resto del paese, ma dello stesso Nord-Est»
Nel 2013 il prodotto interno lordo in Trentino si è attestato a -1,3% contro un - 1,5% del Nord-Est ed un -1,9% dell'Italia. A scattare la fotografia dell'andamento dei principali indicatori economici è stato il Servizio statistica della Provincia. Male le costruzioni, soffrono industria e servizi, in controtendenza l'agricoltura. «La crisi economica non è ancora finita - è il commento del presidente della Provincia, Ugo Rossi - e lo stiamo dicendo da tempo, ma certamente il Trentino conferma prestazioni migliori rispetto non solo al resto del paese, ma dello stesso Nord-Est». «Per uscire da questa situazione - aggiunge - dobbiamo puntare ancora di più di quanto stiamo facendo, sui settori maggiormente propulsivi e, nel contempo, garantire investimenti pubblici su altri comparti, specialmente industriale e edile, in funzione anti recessiva. Ma è evidente - conclude il presidente - che servirebbero maggiori spazi finanziari sul patto di stabilità».
I DATI PRINCIPALI
Per la maggior parte dell’anno 2013, spiegano i tecnici del Servizio statistica, è proseguita la fase recessiva dell’economia italiana, contraddistinta da una nuova caduta in volume del Pil pari all’1,9%, che riporta il livello dell’attività economica al di sotto di quello del 2000. I consumi finali nazionali e gli investimenti lordi hanno registrato una decisa flessione, anche se meno accentuata rispetto a quella rilevata nel 2012; ugualmente in caduta anche le importazioni che hanno risentito della debolezza della domanda interna, mentre le esportazioni di beni e servizi hanno beneficiato della moderata ripresa internazionale e del deprezzamento del cambio.
Il rallentamento dell’economia appare geograficamente piuttosto diversificato, con una riduzione decisamente meno marcata rispetto a quella media nazionale nel Nord-ovest (-0,6%), poco meno intensa nel Nord-est (-1,5%), in linea con il dato nazionale nel Centro (-1,8%) e molto più accentuata nel Mezzogiorno (-4,0%).
In tale contesto, il Trentino si colloca in una posizione abbastanza simile all’area territoriale di appartenenza facendo segnare una flessione del Pil dell’1,3%. La flessione del Pil locale è la risultanza di dinamiche ancora negative dei consumi interni, della domanda di beni e servizi proveniente dalle altre regioni e degli investimenti.
Il calo della spesa delle famiglie è derivato in parte, come già osservato per l’Italia, dalla contrazione del potere d’acquisto conseguente alla riduzione del reddito disponibile delle famiglie consumatrici. In Trentino, il calo registrato nei consumi per le famiglie residenti è risultato intorno al 2,3%, mentre ha tenuto la domanda turistica proveniente dai turisti (+0,4%) che contribuisce a contenere la perdita grazie al positivo andamento della movimentazione turistica.
Per limitare l’impatto sui consumi determinato dall a caduta del reddito, per una lunga fase della crisi anche le famiglie trentine hanno talvolta reagito comprimendo il risparmio: in specie negli ultimi anni, i tassi di variazione della spesa per consumi finali in termini reali, pur negativi, sono infatti risultati sistematicamente superiori a quelli registrati per il potere d’acquisto. Questa tendenza a livello nazionale sembra essersi invertita a partire dalla metà del 2012, con una risalita della propensione al risparmio e, sulla base delle prime stime condotte con lo scenario previsionale, tale dinamica sembra confermata anche a livello provinciale.
Sul fronte della domanda pubblica, il deterioramento delle condizioni di finanza pubblica, che ha comportato l’adozione di politiche di risanamento dei conti pubblici con effetti recessivi per l’economia, si è riflesso anche in Trentino con la necessità di impostare politiche finanziarie improntate alla prudenza. Si assiste, infatti, ad una contrazione della spesa della Pubblica Amministrazione che registra in provincia un -0,3%.
La caduta della domanda interna non è da imputare solo alla debolezza dei consumi, ma si estende anche alla componente degli investimenti. Per il terzo anno consecutivo, l’incertezza e le condizioni di scarsa liquidità hanno condizionato i programmi di spesa a medio termine delle imprese, comportando una marcata contrazione degli investimenti, in particolare dei beni capitali (macchine, attrezzature, impianti, ecc...).
Sul fronte della domanda esterna, il commercio internazionale conferma il proprio contributo alla crescita economica (+0,7%), pur ridimensionandone di molto il proprio apporto. Viceversa, la domanda di beni e servizi proveniente dalle altre regioni d’Italia risulta nuovamente in contrazione (-0,5%), complice la complessa crisi che caratterizza il sistema produttivo italiano. La difficile situazione congiunturale ha impattato notevolmente anche sulla domanda interna provinciale: le importazioni dall’estero si sono ridotte dell’1, 3%, mentre gli acquisti interregionali risultano diminuiti in misura leggermente più contenuta, intorno allo 0,8%. Ciò si traduce in un miglioramento del disavanzo commerciale, avvenuto in presenza di una dinamica sostanzialmente stazionaria dell’export.
La flessione del Pil è data parimenti dalla caduta dei consumi delle famiglie e degli investimenti, che pesano rispettivamente 1 punto e 0,9 punti percentuali. La crescita, seppur debole, dei consumi dei turisti, praticamente viene annullata dal calo della domanda pubblica.
Sul fronte del commercio estero ed interregionale, l’unico impulso positivo deriva dalla domanda estera (+0,1 punti percentuali), che accompagnata dal forte rallentamento delle importazioni dovuto alla caduta dei livelli produttivi, ha contribuito a compensare la flessione nella formazione delle risorse di 0,6 punti percentuali. La domanda di beni e servizi proveniente dalle altre regioni gioca, infine, un ruolo negativo, contribuendo alla caduta del Pil per 0,2 punti percentuali.
L’ANDAMENTO DEL VALORE AGGIUNTO SETTORIALE
La nuova fase recessiva ha coinvolto quasi tutti i principali settori produttivi, provocando una caduta abbastanza generalizzata del valore aggiunto. Il risultato economico peggiore lo fa segnare ancora una volta il comparto delle costruzioni (-5,8%), ma segni negativi si riscontrano nell’industria in senso stretto (-3%) e anche nei servizi (-1%). Questi ultimi subiscono una battuta d’arresto piuttosto pesante, visto il peso relativo che assumono sul complesso del sistema economico provinciale, solo in parte compensato dal la crescita del valore aggiunto del comparto pubblico (+0,8%). Segno positivo proviene infine dall’agricoltura che chiude il 2013 in forte crescita, sia a valori correnti (+12,9%), che in volume (+5%).
A livello provinciale l’attività industriale è risultata in flessione (-3,8%), producendo una caduta in termini reali del valore aggiunto simile a quella registrata in Italia (-3,9%), mentre leggermente superiore è il dato rilevato per il Nord-est (-3,4%). La ricchezza prodotta dal complesso dei servizi si contrae ulteriormente (-1%), anche in questo caso con la stessa intensità di quanto avviene in Italia (-0,9%) e molto più marcatamente del calo registrato nell’economia del Nord-est (-0,4%).
Segni positivi provengono invece dall’agricoltura che, in provincia, ha un peso relativamente più significativo in termini di valore aggiunto rispetto alle altre aree considerate. Il comparto fa segnare un consistente aumento delle produzioni che si accompagnano ad una dinamica verso l’alto del livello dei prezzi al conferimento.
IL COMMERCIO ESTERO ED INTERREGIONALE DI BENI E SERVIZI
Le esportazioni verso l’estero, pur rallentando in modo consistente rispetto allo scorso anno, sono state una delle poche componenti che nel 2013 hanno in parte contrastato la flessione del Pil. In calo sono risultate invece le esportazioni verso le altre regioni italiane a causa della debolezza dell a domanda interna. Il bilancio finale complessivo è comunque molto debole (-0,03%). Sul fronte dell’import, la flessione dei livelli produttivi ha trascinato con sé il calo della domanda estera ed interregionale di beni e servizi (-0,95%), domanda che essendo calata in modo più consistente dell’export, ha finito per generare un miglioramento del saldo commerciale del 4% circa. Nel corso del 2013 il livello d’internazionalizzazione dell’economia provinciale misurato dal rapporto esportazioni/PIL è lievemente aumentato passando dal 20,2% al 20,4% per effetto dell’aumento dei livelli di export e la contemporanea caduta del prodotto interno lordo.
In lieve calo invece tra il 2012 e il 2013 il livello del saldo import – export interregionale sul Pil. Il rapporto si colloca ora al 16,6%, per l’effetto combinato del calo del numeratore del 2,2% circa e della contestuale flessione del Pil nominale dello 0,1%.
GLOSSARIO
Prodotto interno lordo ai prezzi di mercato (Pil): risultato finale dell’attività produttiva delle unità residenti. È pari alla somma dei valori aggiunti ai prezzi del produttore delle branche, aumentata dell’Iva e dell e imposte indirette sulle importazioni.
Valore aggiunto ai prezzi base: differenza tra produzione totale valutata ai prezz i base e consumi intermedi di beni e servizi utilizza ti nel processo produttivo.
Reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici: rappresenta l’ammontare di risorse correnti destinato agli impieghi finali (consumo e risparmio).
Potere d’acquisto delle famiglie consumatrici: reddito lordo disponibile delle famiglie in termini reali, ottenuto utilizzando il deflatore della spesa per consumi finali delle famiglie espressa in valori concatenat i con anno di riferimento 2005.
Famiglie consumatrici: comprende gli individui o i gruppi di individui la cui funzione principale consiste nel consumare e che pr oducono beni e servizi non finanziari esclusivamente per proprio uso finale.
Risparmio lordo: misura la parte del reddito disponibile lordo non impiegata per i consumi finali.