Le disuguaglianze? Iniziamo con il reddito di cittadinanza
«I nostri leader dovrebbero uscire dalla loro zona confortevole e dirci come loro risolverebbero il problema delle diseguaglianze». Con queste parole il professor Sir Anthony Atkinson, introdotto dal professor Vito Peragine, ha iniziato, ieri pomeriggio, il suo intervento al Festival dell'Economia. Il tema della diseguaglianza, trait d'union dell'edizione 2015 del Festival, non si trova più ai margini del dibattito politico economico e questo, come ricordato da Peragine, lo si deve in gran parte proprio al lavoro del professor Atkinson. Nel suo ultimo libro (Inequality. What Can Be Done?) il professore inglese raccoglie una serie di possibili proposte in grado di ridurre le diseguaglianze.
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Secondo Atkinson occuparsi di diseguaglianze è una necessita politica visto che è proprio la crescente diseguaglianza a corrodere le fondamenta del tessuto sociale. Ma cosa si dovrebbe fare, quindi, per affrontar in maniera effettiva la crescente diseguaglianza? Cosa dovrebbero fare i nostri governanti per uscire dalla loro zona confortevole? Per prima cosa, oltre ad investire nell'istruzione servirebbe un maggiore interventismo dello Stato nel sistema economico. I governi dovrebbero far sentire la loro voce controllando, per esempio, il progresso tecnologico che, portando le aziende ad una sempre maggiore automazione, riduce la necessita di forza lavoro e porta ad una maggiore disoccupazione. Secondo, bisognerebbe concentrarsi sulla tassazione applicando un vero sistema di imposizione progressivo. Atkinson, poi, propone una forma di reddito di cittadinanza, che lui chiama reddito di partecipazione, in grado di sostenere chiunque partecipi in maniera attiva all'interno della società.
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Un reddito di partecipazione secondo Atkinson sarebbe più equo degli sgravi fiscali che invece favoriscono solo le fasce di reddito più alte. Successivamente, per Atkinson, bisognerebbe agire sul reddito alla radice, affrontando il problema della disoccupazione. Con un potere contrattuale dei sindacati ormai ridotto al minimo è lo Stato che deve concentrarsi sul lato della domanda nel mercato del lavoro. Così come gli Stati, ponendosi come prestatori di ultima istanza, hanno salvato le banche durante l'ultima crisi economica, così le stesse autorità pubbliche dovrebbero agire come datori di lavoro di ultima istanza salvando, dopo le banche, i cittadini che si trovano disoccupati. Alle ovvie obiezioni sulla sostenibilità economiche di queste proposte Atkinson garantisce che sono tutte misure che possiamo permetterci anche se non entra nei dettagli delle misure. Anche la globalizzazione secondo Atkinson è un fenomeno umano e come tale possiamo controllarlo, quello che manca è la volontà politica di perseguire questo obiettivo così come la volontà di ridurre effettivamente le diseguaglianze. Per oltre un'ora Atkinson coinvolge la platea, suscitando reazioni contrastanti ma proponendo una chiara alternativa all'attuale sistema economico globale.
Il professor Atkinson sarà impegnato anche oggi, domenica, nella cornice del Festival. Alle 15.30 incontrerà gli studenti universitari presso la libreria Ubik in un incontro organizzato dall'associazione Club Alpbach Trentino, mentre alle 19, in sala Depero, nel palazzo della Provincia, si confronterà, con il collega premio nobel Joseph Stiglitz, sulle politiche economiche pubbliche.
di Leonardo Lucarno
Studente universitario che partecipa all'iniziativa Adige/Vodafone