Piketty: «I Paesi europei sono ricchi, i nostri governi sono poveri»

Basta austerity, non si può più aspettare: è questo il concetto chiave della lezione tenuta da Piketty all’Auditorium Santa Chiara. Il tutto racchiuso in una battuta «Oggi ascoltavo Renzi, ha detto che l’austerità finirà a settembre… ma io gli chiedo: perché non ora?».

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Non avere paura del debito pubblico (sventolato troppo spesso dai nostri governi come uno spauracchio), un accesso all’istruzione meno dipendente dal reddito e una diversa tassazione per il reddito di capitale e quello di lavoro: è questa la ricetta, secondo il professore autore de il Capitale nel XXI secolo, per uscire dalla crisi. Una crisi che non può essere giustificata solo col concetto lato di globalizzazione: bisognerebbe più correttamente parlare di “globalizzazione dei capitali”, fenomeno che ha esasperato una ricerca spasmodica di “convenienze fiscali” e che ha avuto come principale conseguenza uno spostamento delle ricchezze in base unicamente ai vantaggi che potrebbero derivare da una loro più bassa tassazione.

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Questa stessa “mobilità” non appartiene al fattore lavoro visto che in questo caso intervengono delle barriere linguistiche e culturali che il capitale non deve superare. Occorrerebbe dunque, tra le altre cose, afferma Piketty, “un maggiore coordinamento tra gli stati in materia di politica fiscale”.

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Non solo globalizzazione dunque all’origine della crisi, ma anche altri fattori endogeni agli stati: un accesso al sistema “educativo di qualità” garantito solo alle fasce alte di reddito (“i più ricchi sono gli unici a potersi permettere le migliori università”) e una mancanza di meritocrazia (“il reddito dei genitori è determinante nell’affermazione dell’individuo”). Sono principalmente queste le variabili determinanti a provocare una scarsa mobilità sociale.
Infine una battuta sull’attuale situazione macroeconomica europea: “è ironico che la Germania, che non ha ripagato il debito, ora pretenda che la Grecia paghi il suo”, un concetto evidentemente caro a Piketty visto che lo ribadirà sul finire della sua “lezione sulla diseguaglianza” invitando i governi a non “aspettare l’ultimo centesimo dalla Grecia” ma ad “allentare la pressione”.
Una bella lezione, da Piketty. E chissà che non piaccia tanto da farcelo ritrovare, il prossimo anno, invitato in qualità di premio Nobel.

di Joshua e Luigi

Studenti universitari che partecipano al progetto Adige/Vodafone

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