Popolare Vicenza: dagli ex vertici danni per centinaia di milioni di euro
Il danno che gli ex vertici della banca hanno fatto alla Popolare di Vicenza «si può ragionevolmente stimare nell’ordine di diverse centinaia di milioni di euro».
Il calcolo è per difetto ed è stato fatto dall’attuale cda che, per il 13 dicembre, ha convocato l’assemblea sull’azione di responsabilità contro chi ha amministrato la banca da gennaio 2013 a maggio 2015.
Nella relazione inviata ai soci, il presidente della Bpvi, Gianni Mion, scrive che «verosimilmente» l’ammontare crescerà, visti anche l’ «ingente danno» di reputazione subito dalla Banca e la possibilità che emergano «ulteriori profili di criticità».
L’assemblea, quindi, dovrà decidere se dare il via libera alla richiesta di risarcimento nei confronti di chi, secondo l’attuale cda, ha contribuito a polverizzare il valore della banca, bruciando alcuni miliardi di euro di capitalizzazione e i risparmi di quasi 119 mila soci, costringendo il fondo Atlante a salvare l’istituto con l’iniezione di 1,5 miliardi di euro. Nel mirino ci sono l’ex presidente Gianni Zonin, gli ex direttori e vicedirettori generali, gli ex amministratori esecutivi e non, nonchè gli ex sindaci. Ma si intravedono «possibili profili di responsabilità» pure per la società di revisione Kpmg.
L’azione contro Zonin, coinvolto in un’inchiesta per aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza, farebbe il paio con quella verso gli ex vertici di Veneto Banca, istituto che ha avuto sorte analoga a quella della Popolare di Vicenza.
Le analisi dell’attuale cda della Bpvi confermano comunque uno scenario sovrapponibile a quello dipinto dalla magistratura e da Bankitalia, con l’individuazione di «gravi e reiterate irregolarità nella gestione dei rischi connessi all’erogazione del credito, riconducibili a una valutazione spesso incompleta, superficiale o erronea del merito creditizio».
L’esame del cda ha riguardato finanziamenti superiori ai cinque milioni di euro e a un milione nel caso siano stati concessi a esponenti della banca: dal campione risultano «crediti deteriorati (tra incagli e sofferenze) per circa 3,4 miliardi». Proprio quanto ipotizzano le indagini: che il ‘credito facilè degli anni di Zonin sia costato miliardi di euro in accantonamenti, determinando il dissesto della Banca. Fra i casi emblematici, il cda cita l’operazione San Marco, per aprire una filiale a Cortina d’Ampezzo, che ha portato la Banca a finanziare con 20 milioni di euro una società «priva di capacità reddituale».
Nel mirino del cda sono finiti anche i 350 milioni versati dalla Bpvi nei fondi Athena e Optimun. Gli investimenti, scrivono gli amministratori, erano caratterizzati da un «elevato grado di imprudenza e opacità» e servivano a schermare le operazioni di riacquisto delle azioni della banca. La perdita sul solo fondo Athena è stata di 33 milioni. Azioni risarcitorie potranno essere avviate anche in relazione al fenomeno del ‘capitale finanziatò: oltre un miliardo di euro di azioni acquistate dai soci con i denari prestati dalla banca.