Ilva muro contro muro sul piano ArcelorMittal
La vertenza Ilva, ferma da 8 giorni dopo che il ministro Carlo Calenda lunedì scorso ha aggiornato il tavolo a «data da destinarsi», è approdata in Parlamento con un’audizione dei leader sindacali in commissione Industria al Senato.
Domani si replica in commissione Lavoro e una terza audizione è calendarizzata alla Camera per giovedì.
Nel frattempo il segretario del Pd Matteo Renzi incontrando gli operai di Sgl Carbon a Narni ha attaccato: «Ci sono troppi esuberi alle acciaierie Ilva di Taranto. Combattiamo con loro».
Ed ha aggiunto: «Ci stiamo consegnando mani e piedi agli stranieri: bene se investono ma i posti di lavoro devono essere mantenuti in Italia».
Parole che confermano la linea del ministro Carlo Calenda, il quale sarebbe pronto a avviare il tavolo solo a condizione che il colosso con sede lussemburghese Arcelor Mittal apra la trattativa accettando di mantenere invariati i livelli retributivi e di inquadramento dei lavoratori che prenderà da Ilva in amministrazione straordinaria, il cui numero non dovrà essere inferiore a 10.000.
Un tavolo «difficile e in salita» dicono i sindacati. Al quale vogliono partecipare anche la Regione Puglia e il Comune di Taranto mentre, riferisce il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano Emiliano: «c’è proprio una richiesta da parte del ministro Calenda di tenere fuori la Regione e credo anche il Comune, evidentemente per evitare la discussione sia sull’occupazione, sia sul piano industriale».
Davanti ai senatori della commissione industria, i sindacati non hanno celato il loro sconcerto di fronte a come si sta evolvendo la procedura. «Dalle modalità con cui ha scritto la comunicazione» dello scorso 6 ottobre «non si capisce se quella comunicazione sia frutto di dilettantismo o sia stata una provocazione con l’obiettivo di far scattare l’incidente» che poi ha portato alla sospensione del tavolo. Dice il segretario della Fim-Cisl Marco Bentivogli. A Rocco Palombella, segretario della Uilm-Uil i numeri (e gli esuberi) del piano, per quel poco che i sindacati ne sanno, non tornano: «Oggi Taranto produce 6 milioni di tonnellate con 11.000 addetti.
ArcelorMittal pensa di avere 1.000 dipendenti ogni milione di acciaio prodotto. Ma quei 1.000 dipendenti devono solo occuparsi di acciaio. Noi a Taranto abbiamo 3.700 dedicati allo staff e ai servizi e circa 1.700 alla manutenzione. Alla produzione di acciaio ne abbiamo solo 5.600, quindi siamo ancora più performanti delle loro previsioni. Inoltre, se è vero che Mittal vuole arrivare a 9 milioni di tonnellate, altro che 4.000 esuberi, qui ci sarebbe da fare assunzioni».
Senza contare che Taranto potrebbe arrivare a 11 milioni di tonnellate e più di produzione. La voglia di mettere sul tavolo i numeri e di mettersi finalmente a discutere del futuro industriale (e ambientale) dell’Ilva è tangibilmente forte.
«Vogliamo tornare al tavolo, ma la trattativa deve essere libera, senza condizioni» è in sintesi la linea comune. E soprattutto i sindacati vogliono finalmente conoscerlo questo piano industriale «Come sindacati siamo stati tenuti al buio. Del piano industriale abbiamo ricevuto da ArcelorMittal solo delle slide. Noi non mettiamo in discussione la proprietà, ma vogliamo poter mettere in discussione il piano, in modo chiaro e a luci accese» ha detto il leader della Fiom Francesca Re David.