Spumante-mania, nel 2017 100 milioni di fatturato Nove milioni di bottiglie e vola l'export negli Usa
L’anno scorso le 48 cantine trentine che producono spumante metodo classico hanno venduto 9 milioni di bottiglie di Trentodoc, con una crescita dell’11% rispetto al 2016. Il boom delle bollicine ha portato il fatturato a superare i 100 milioni di euro, con un balzo del 14% rispetto agli 88 milioni registrati nell’anno precedente. Il Trentodoc è la punta di diamante del distretto trentino del vino che, dall’anteprima di domani a mercoledì, sarà a Verona alla cinquantaduesima edizione di Vinitaly, la più importante fiera enologica internazionale. Le dieci maggiori aziende trentine del comparto hanno un volume d’affari che supera i 750 milioni. L’export 2017 si è attestato oltre i 370 milioni.
«Il 2017 conferma il trend positivo di questi anni - afferma Enrico Zanoni , presidente dell’Istituto Trento Doc e direttore generale di Cavit - La crescita è stata superiore alla media in Trentino e In Italia. Il mondo della ristorazione trentino ha espresso una forte domanda, legata anche all’afflusso turistico. Le vendite all’estero sono invece stabili, con una lieve crescita negli Stati Uniti e una flessione in Asia, che però potrebbe dipendere da aggiustamenti nello stoccaggio da parte dei distributori».
Questi andamenti differenziati portano la quota dell’Italia nel fatturato delle bollicine oltre l’80% e fanno scendere l’export sotto il 20%. Nella grande distribuzione sono prevalenti i maggiori player: Ferrari, che l’anno scorso ha visto il fatturato crescere del 10% a 70 milioni (100 milioni il consolidato con vini Tenute Lunelli, acqua Surgiva, grappa Segnana, Prosecco superiore Bisol), e Rotari di Mezzacorona.
La quota maggiore delle vendite di Trentodoc è però nell’horeca, cioè nella ristorazione. La crescita dello spumante dipende sempre più dal fatto che non viene bevuto solo a Natale e nelle feste. «C’è sempre più una destagionalizzazione» sottolinea Zanoni.
Ieri, in vista di Vinitaly, Mediobanca ha reso noto la consueta indagine sul settore vinicolo. Nel 2017 aumenta il fatturato delle prime 155 società (+6,5% sul 2016) grazie alla buona performance dell’export (+7,7%) con il boom del commercio verso l’Asia (+21,1%), ma anche al contributo delle vendite nazionali (+5,2%). Nella classifica dei maggiori gruppi per fatturato, al primo posto Cantine Riunite e Civ con 594 milioni di fatturato. Tra le cantine trentine, Mezzacorona è sesta a 185 milioni, di misura su Cavit che è settima a 183 milioni. Sempre secondo Mediobanca, il Trentino insieme a Veneto e Toscana è al vertice per redditività, con un Roe (tasso di profitto sul capitale) dell’11,8%.
Le prime dieci aziende vinicole trentine, che comprendono i gruppi cooperativi, le principali società di privati viticoltori e la società di commercializzazione Italian Wine Brands, l’unica quotata, partecipata dalla roveretana Provinco, registrano nei bilanci chiusi tra il 2016 e il 2017 un fatturato totale di 751,7 milioni, in crescita del 4,4% rispetto all’esercizio precedente. Le quote di fatturato estero sono mediamente elevate, dall’80% di Cavit al 57,5% di Mezzacorona al 68,5% di La Vis.
L’export 2017, secondo l’Istat, si è attestato a 370,4 milioni, in aumento del 2,8%. Il primo mercato restano gli Usa con 180,7 milioni (+2%). «Non ci sono dazi sui vini ma il protezionismo arriva dal dollaro debole, che fa costare di più i nostri prodotti» osserva Zanoni. Per quanto riguarda lo sbarco in Cina, avviato l’anno scorso, «i primi risultati si vedranno in tre anni».