Lavoro: la «strage» degli autonomi
L’Italia è sempre meno un Paese di partite Iva. L’Istat stima che, dopo la crisi, mancano all’appello 642 mila lavoratori indipendenti, oltre uno su dieci. Tra il secondo trimestre 2008 e il secondo trimestre 2017, gli autonomi si sono ridotti del 10,7% fino a quota 5,3 milioni, mentre i dipendenti sono aumentati del 2,7%, continuando una tendenza iniziata alla fine degli anni Novanta.
Il calo, nell’arco di nove anni, raggiunge il 42,4% per i collaboratori ed è del 19,2% per i lavoratori in proprio con dipendenti. L’unica categoria in controtendenza è quella dei liberi professionisti, cresciuti del 26%.
La diminuzione degli autonomi «avvicina l’Italia al dato medio europeo», osserva l’Istat, ricordando che nell’Unione europea lavorano in proprio, in media, il 15,7% degli occupati, un livello ancora molto inferiore a quello nazionale (23,2%).
Solo i datori di lavoro sono 1,4 milioni in Italia e, per l’istituto di statistica, «rappresentano una parte importante del nostro sistema produttivo, caratterizzato, rispetto alle altre grandi economie europee, da un rilevante peso della micro e piccola impresa».
La maggioranza degli indipendenti sono, però, autonomi «puri» senza dipendenti (3 milioni 314 mila) e lavoratori parzialmente autonomi (338 mila). Questi ultimi, caratterizzati di solito da un unico committente, appaiono come l’anello debole della catena visto che uno su quattro ritiene «probabile» perdere il lavoro nell’arco di sei mesi. Del resto, quasi uno su tre (il 29,2%) ha scelto di essere un indipendente perchè non ha trovato un lavoro da dipendente e l’8,9% è diventato indipendente in seguito alla richiesta del datore di lavoro.
La situazione è diversa per gli imprenditori, che si sono messi in proprio nel 39,6% dei casi perchè si è presentata un’opportunità e nel 36,5% per proseguire l’attività di famiglia. Queste due ragioni risultano, anche in generale, le motivazioni all’origine della scelta della maggioranza dei lavoratori autonomi (rispettivamente con il 38,7% e il 24% delle risposte).
Complessivamente meno di tre lavoratori autonomi su dieci preferirebbero essere dipendenti, ma questa quota sale al 50,5% tra i parzialmente autonomi. Circa la metà di questi ha un contratto di collaborazione, il 30,4% è un libero professionista e il 19,7% un lavoratore in proprio. Sono in maggioranza donne, spesso hanno meno di 35 anni e un titolo di studio elevato (il 47% è laureato a fronte del 16,8% dei datori di lavoro). Si concentrano sia nelle professioni qualificate sia in quelle non qualificate. Mentre tra i datori di lavoro ci sono più occupati nelle professioni qualificate del commercio e servizi e, tra gli autonomi puri, in quelle operaie e artigiane.