Epidemia e danni all'economia trentina l'85 per cento degli imprenditori vede già gli effetti negativi sull'attività
L'86 per centoi delle imprese trentiune derl non alimentare ritengono di avere gravi danni dall'0emergenza coronavirus. Per valutare con urgenza l’impatto che l’emergenza sanitaria in atto e le misure restrittive adottate per contrastarla stanno producendo sulle attività economiche della provincia di Trento, l’Ufficio studi e ricerche della Camera di Commercio – in stretto coordinamento con lSPAT (Istituto di statistica della Provincia di Trento) e come auspicato dalle associazioni di categoria imprenditoriali – ha realizzato un’indagine flash utile a fare il punto sulla situazione.
Complessivamente, una percentuale molto elevata di imprenditori (l’85,7% delle 802 rilevazioni) ritiene che già a partire dalla fine di febbraio si sia manifestato un impatto negativo sull’attività delle loro aziende. Si tratta di un valore molto alto che testimonia la sostanziale trasversalità degli effetti sfavorevoli, pur con intensità diverse, rispetto a tutti i settori economici.
Considerando i singoli settori esaminati, l’impatto peggiore è riscontrabile nel comparto “bar e ristorazione” e in quello dei “servizi alla persona e attività sportive ricreative e di intrattenimento”, dove il 97% delle imprese dichiara di sperimentare effetti sfavorevoli. Le imprese del commercio al minuto e delle costruzioni, con percentuali rispettivamente dell’81 e dell’82%, risultano essere meno influenzate rispetto al dato medio, ma accusano comunque un impatto considerevole.
ìUna scomposizione per classe dimensionale delle imprese evidenzia che tra le piccole e medie aziende le proporzioni dell’impatto sull’attività sono molto simili e i valori quasi combaciano con il totale complessivo. Tra le grandi imprese con oltre 50 addetti si rileva, invece, una percentuale maggiore che si caratterizza per un aumento dell’attività a seguito dell’emergenza Covid-19 (21,7%) e, parallelamente, una percentuale più bassa che sperimenta effetti negativi (69,6%).
Poco meno del 20% delle imprese segnala un calo del fatturato “lieve” compreso tra 0 e 20%; il 23,4% evidenzia una riduzione “moderata” (tra 21 e 40%) e il 14,7% una contrazione “significativa”, tra il 41 e il 60%. Le situazioni di maggiore gravità interessano il 19,4% delle imprese, con una riduzione tra il 61 e l’80%, e un ulteriore 23%, con una riduzione pressoché totale e superiore all’80%.
Analoghe preoccupazioni sollecitano i dati sugli ordinativi che ricalcano più o meno quelli del fatturato, con circa un quinto delle imprese (20,7%) che riporta una diminuzione lieve, compresa tra 0 e 20%, e poco meno dei due quinti delle imprese (36,4%), che segnalano un calo grave o molto grave, superiore al 60%.
Il calo della domanda e le misure introdotte a seguito dell’emergenza Covid-19 hanno prodotto delle conseguenze anche nella gestione delle risorse umane. Circa il 46% degli imprenditori ha chiesto ai propri dipendenti di smaltire ferie e permessi arretrati, il 23,5% ha manifestato l’intenzione di ricorrere all’attivazione di ammortizzatori sociali, mentre il 10,4% ha dichiarato che non procederà con assunzioni di nuovo organico, seppur già programmate. Segue l’orientamento verso il mancato rinnovo del personale con contratto in scadenza (5,4%) e verso eventuali licenziamenti (3,1%), misure rimaste però inattuabili per effetto del decreto “Cura Italia” che prevede la sospensione per due mesi di tutte le procedure di licenziamento. Infine, poco meno del 12% degli imprenditori ha dichiarato di non aver attuato e di non aver intenzione di attuare, in tempi brevi, alcuna misura sulle forze lavoro.
Rispetto ai problemi connessi agli aspetti finanziari e di liquidità, le imprese segnalano due difficoltà salienti: la prima legata al rispetto delle scadenze fiscali (24,4%) e la seconda relativa al pagamento dei fornitori (23,7%). Rilevante risulta anche la difficoltà connessa con l’incasso dei crediti (19,4%). Seguono le criticità legate al pagamento del personale e all’aumento dei debiti finanziari a breve termine (rispettivamente 15,7% e 15,0%). La difficoltà a rispettare le scadenze fiscali è una delle preoccupazioni prevalenti per tutte le aziende, indipendentemente dalla loro dimensione. Tra le imprese più piccole (1-10 addetti) emerge soprattutto la difficoltà a pagare i fornitori, mentre tra le più grandi (oltre 50 addetti) si rileva soprattutto la difficoltà a incassare i crediti.
Considerando gli effetti negativi complessivi che più preoccupano gli imprenditori trentini, risulta che il maggiore è rappresentato dalla riduzione del fatturato (49,8%); seguono il calo degli ordinativi (15,3%), le difficoltà negli approvvigionamenti (10,0%), le limitazioni imposte dai provvedimenti per l’emergenza (9,9%), i problemi finanziari o di liquidità (8,9%) e le difficoltà nella gestione delle risorse umane (3,6%).
Con riferimento a commenti generici degli imprenditori, sul piano operativo, emerge in modo generalizzato la preoccupazione legata alla difficoltà di adottare misure adeguate a tutela della salute dei dipendenti e dei clienti, al punto che molti di loro hanno preferito chiudere momentaneamente l’attività. Inoltre, preoccupa molto l’avvicinarsi della stagione turistica e la contestuale cancellazione o il rinvio di tanti eventi programmati, che sta provocando un clima di incertezza e che alimenta il timore di ulteriori ricadute negative.
“Le misure restrittive poste in campo dal Governo nazionale per contenere la diffusione dell’infezione – commenta Giovanni Bort, Presidente della Camera di Commercio di Trento – stanno pesando sull’operatività delle singole aziende in misura consistente e la rilevazione dell’Ufficio studi riflette inequivocabilmente la gravità della situazione. La prospettiva è netta e, in un’ipotesi di superamento dell’emergenza in tempi relativamente contenuti, una parte delle imprese potrebbe riprendere la normale attività, accusando però il contraccolpo, se invece l’emergenza dovesse protrarsi nel tempo e in assenza di adeguati interventi in chiave anticiclica – conclude il Presidente Bort – il danno per le imprese sarebbe molto più intenso”.
CONFESERCENTI: DATI CHE PURTROPPO NION CI SORPRENDONO
“Non ci hanno sorpreso i dati della Camera di Commercio. L’impatto che l’emergenza sanitaria in atto e le misure restrittive adottate per contrastarla stanno producendo sulle attività economiche della provincia di Trento sono già sotto gli occhi di tutti e quell’85,7% di imprenditori che già da fine febbraio ha manifestato un impatto negativo sull’attività è una percentuale destinata a salire” . Duro il commento di Massimiliano Peterlana, vicepresidente di Confesercenti del Trentino in merito ai dati resi noti dall’Ufficio Studi e Ricerche della Cciaa di Trento che mette in evidenza che la difficoltà a rispettare le scadenze fiscali è una delle preoccupazioni prevalenti per tutte le aziende, indipendentemente dalla loro dimensione.
Quindi? “Quindi servono misure urgenti e concrete da parte di Comuni, Provincia e Stato – prosegue Peterlana – ci sono tasse e imposte che ancora non sono state sospese e vengono richieste ma i pubblici esercizi e gli operatori del commercio ambulante sono chiusi e quindi inattivi in attuazione del decreto del Presidente del Consiglio DPCM del 11 Marzo 2020 .
“Allo stato attuale - spiega Peterlana - pubblici esercizi e operatori del commercio ambulante devono ancora pagare per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, di cui non possono usufruire. Una situazione inaccettabile, da risolvere urgentemente, con un provvedimento da parte dei Comuni che azzeri gli importi per mancata utilizzazione e rimandi le scadenze dei versamenti”.
“A livello locale e provinciale la situazione è stata già evidenziata da Confesercenti in sede di presentazione del Disegno di Legge 9 marzo 2020, n. 50 “Misure urgenti di sostegno per le famiglie, i lavoratori e i settori economici connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19 e altre disposizioni” e al presidente del Consorzio dei Comuni Trentini – dice il vicepresidente di Confesercenti del Trentino -. A livello nazionale ci siamo mossi con una lettera indirizzata al Presidente di ANCI Antonio Decaro per chiedere un intervento sui Comuni”.
Il Governo ha infatti previsto, fino alla data del 25 marzo, la chiusura dei mercati, salvo le attività dirette alla vendita di soli generi alimentari. Sono sospese, altresì, le attività dei servizi di ristorazione, fra cui bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie. “Tuttavia – prosegue Peterlana - non ci sono ancora notizie di provvedimenti che intervengano sul tema dei versamenti relativi all’occupazione del suolo pubblico da parte degli operatori delle categorie interessate, le cui attività sono state chiuse o sospese, senza considerare chi ha già pagato anticipatamente l'occupazione”.
Necessario, puntualizza Confesercenti, anche differire i versamenti. “Le scadenze per il pagamento della tassa (TOSAP) o del canone (COSAP) per l’occupazione di spazi ed aree pubblici devono essere prorogate a date successive alla fine dell’emergenza, con la possibilità di rateizzare come d’altronde il Governo sta prevedendo per il pagamento dei tributi erariali statali e di quanto dovuto per la contribuzione previdenziale ed assistenziale”.
Infine, è bene precisare che il decreto Cura Italia ha previsto le sospensioni delle tasse, il riconoscimento dell'affitto come credito d'imposta e alcuni interventi sul credito con tutte le riserve, ma non c'è nient'altro. Le bollette non sono sospese come non è stato previsto alcun indennizzo per le materie prime andate perse. Andrebbe pensato anche ad un annullamento delle tasse comunali sulle insegne, un annullamento della quota fissa e oneri di sistema nelle fatture per le utenze, oltre al blocco pagamento delle stesse. È auspicabile anche un intervento, oltre che sugli interessi anche sui fidi da parte degli istituti di credito. Blocco e non spostamento degli oneri legati all'abbonamento della diffusione musica e supporti video televisivi, come ad un blocco abbonamenti connessi internet per registratori di cassa.
Per evitare che migliaia di esercizi pubblici non chiudano dopo questa batosta c’è ancora tanto da fare, ed è necessaria la massima disponibilità, di Comuni, Provincie e Stato.
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