Niente proroga delle scadenze per i tributi: commercialisti in guerra con il Governo
Commercialisti d’Italia «chiamati a raccolta» dai loro 9 sindacati (Adc, Aidc, Anc, Andoc, Fiddoc, Sic, Unagraco, Ungdcec ed Unico) e dal Consiglio nazionale per partecipare ad una protesta, quella per la mancata proroga dei versamenti - dal 20 luglio al 30 settembre - che verrà ufficialmente annunciata oggi pomeriggio, al Senato, invocata a gran voce per «manifestare la gravità della situazione in cui si trovano contribuenti e professionisti».
E, mentre le associazioni di categoria fanno sapere di aver mal digerito le parole del viceministro dell’Economia Antonio Misiani (che ha sostenuto di non credere che le partite Iva «stiano peggio degli altri», e che occorre far passare il messaggio che «le imposte vanno pagate, perché “servono a finanziare i servizi essenziali”), gli Ordini, che raccolgono 2,4 milioni di lavoratori autonomi, fanno quadrato, perché “manca la liquidità”, e il “niet” allo slittamento del Tax day e delle altre imposte previste è «soltanto l’ultima proposta del comparto a non esser accolta dal Governo».
Occorrerà attendere 24 ore per conoscere le mosse dei commercialisti, che hanno anticipato lo scorso sabato, in vista della ‘supermaratonà per le scadenze fiscali di oggi, l’avvio di »concrete azioni« - incluso lo sciopero - per contestare il mancato slittamento del versamento delle imposte: dopo aver «reiterato il nostro accorato appello per una proroga dei versamenti relativi alle dichiarazioni dei redditi e dell’Irap 2020», e aver evidenziato che «gli adempimenti straordinari legati alla emergenza Coronavirus e le limitazioni lavorative hanno sottratto il tempo necessario per la predisposizione delle dichiarazioni e per determinare gli importi dei versamenti», hanno fatto sapere i professionisti, si è preso atto del muro di gomma dell’Esecutivo, di fronte alle loro richieste.
«Cercheremo di chiamare a raccolta tutti i nostri iscritti (circa 120.000, ndr)», dice all’ANSA il presidente del Consiglio nazionale Massimo Miani, che rigetta la giustificazione dell’Amministrazione finanziaria, secondo cui gli 8,4 miliardi di entrate con le tasse del 20 luglio sarebbero necessari per il bilancio statale. «Se il sistema non regge, senza 8 miliardi e mezzo, sarebbe drammatico. Non è detto, comunque - confida - che qualche alleggerimento non possa arrivare», dopo il no allo slittamento delle imposte a fine settembre.
Nel frattempo, secondo il numero uno del sindacato dei giovani dottori commercialisti (Ungdcec) Matteo De Lise, in mancanza dell’auspicato rinvio «non rimane, dunque, che rispolverare i principi generali del nostro ordinamento, in particolare il decreto legislativo 472/97 («Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie»), che prevede all’articolo 6 le cause di non punibilità; in particolare, al comma 5 prevede testualmente che non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore».