L'allarme della Cgil In Trentino a rischio migliaia di posti di lavoro
Le ore di cassa integrazione nell'industria trentina sono quasi 11 milioni. Una parte dei 5.000 operai oggi in cassa, sia pur a rotazione, potrebbe perdere il posto di lavoro quando finirà il blocco dei licenziamenti. Lo conferma l'analisi della Cgil sui bilanci 2019 e le tendenze 2020 delle imprese manifatturiere della provincia. Anzi, la crisi è cominciata già l'anno scorso. Il fatturato 2019 delle 91 aziende industriali del campione della Cgil, che sono le maggiori, è stato di 4,943 miliardi di euro, in calo dello 0,4% rispetto all'anno precedente. «Il primo segno negativo dal 2013» sottolinea Franco Ischia , autore del rapporto. Nel 2018 il campione era cresciuto del 3,8%, nel 2017 dell'8,7%. Tiene, se non altro, la redditività.
Quest'anno, dopo la pesante battuta d'arresto del lockdown, con un -26,9% di fatturato nel secondo trimestre (dato della Camera di commercio), d'estate era partita la ripresa: +26,4% rispetto al trimestre precedente, secondo il Centro studi Confindustria. «Un rimbalzo - sostiene il segretario della Cgil Andrea Grosselli - Oggi ci stiamo di nuovo appiattendo. La domanda mondiale è in difficoltà.
Dovremo affrontare ristrutturazioni aziendali nei prossimi mesi». Ad agosto, ultimo dato dell'Agenzia del Lavoro, l'industria era quasi 800 posti di lavoro sotto rispetto al 2019. Ischia cita i milioni di ore di ammortizzatori sociali autorizzati dall'Inps: «Peseranno certamente sul fatturato. L'unico settore che continua ad andare bene è l'agroalimentare».
L'analisi sul 2019, spiega Ischia, registra una crescita nelle costruzioni (+15,3%), che però è poco significativa in quanto sono solo due le aziende del campione, e nell'alimentare (+6,6%), in pieno recupero rispetto agli effetti della gelata del 2017. Il metalmeccanico è stabile (+1%), il tessile segna un -2,8%, il cartario-grafico -8,3%, il chimico -4%. I grandi gruppi continuano nella crescita con un +12,2%. Nel complesso 56 società su 91 hanno visto una crescita del fatturato mentre per 35 c'è stata una riduzione.
L'utile complessivo è a 182 milioni pari al 3,7% del fatturato. Sono in attivo tutti i settori. Le aziende in utile sono 78, quelle in perdita 13. Il margine operativo, differenza tra il valore della produzione e i costi prima della gestione finanziaria, è pari a 254,9 milioni, il 5,2% del fatturato. Sono 17 le società con margine negativo, quelle che si trovano nella situazione di maggiore difficoltà, mentre per 74 è positivo. Gli oneri finanziari, complessivamente contenuti, sono lo 0,4% del fatturato. Secondo Ischia, continuano a non essere un problema per la maggioranza delle imprese del campione, in considerazione del buon livello di capitalizzazione: il patrimonio netto delle 91 aziende è pari a 1,994 miliardi, cioè il 40,2% del fatturato.
Il costo del lavoro ammonta a 662,5 milioni, pari al 13,4% del fatturato. Oscilla tra il 10,8% dell'alimentare e il 15,5% del meccanico. «Nel complesso resta contenuto» dice Ischia. Il tasso di profitto, cioè il rapporto tra utile netto e capitale investito dall'imprenditore, è pari all'8,4%, rispetto all'11,3% nel 2018. Gli indici di produttività e redditività rimangono dunque positivi, anche se in calo.
Le aziende del campione hanno avuto nel 2019 un incremento degli occupati del 5,7%, da 14.635 a 15.466. Va precisato tuttavia che 575 occupati in più provengono dal ritorno alla normalità nel consorzio Melinda dopo la gelata 2017 e la mancata assunzione della manodopera l'anno successivo. Su 83 aziende, 37 aumentano l'occupazione, 46 la riducono o la mantengono stabile.