Il Covid cambia il lavoro. Grosselli (Cgil): digitalizzazione e "green" sono le nuove sfide
L'intervista al segretario provinciale della Cgil
L’emergenza sono 20mila lavoratori e lavoratrici, precari e stagionali in grandissima parte del turismo e del commercio, che oggi si ritrovano senza impiego e spesso senza più ammortizzatori sociali. L’altra grande incognita della crisi Covid è la fine del blocco dei licenziamenti il prossimo 31 marzo, con tutte le conseguenze del caso. Ma per Andrea Grosselli, 47 anni, segretario della Cgil del Trentino, presidente - in prorogatio - del Fondo territoriale di solidarietà, la sfida per il lavoro è molto più grande. C’è da gestire la transizione tecnologica, cioè il passaggio al digitale non solo del lavoro d’ufficio - il famoso smart working - ma della stessa fabbrica - lo smart manufacturing. Che, come le precedenti rivoluzioni tecnologiche, porterà alla sparizione di molti posti di lavoro e alla creazione di molti altri. C’è la transizione ambientale, dal cambio dell’automobile da motore termico a motore elettrico, alla riduzione delle emissioni, al passaggio dalle produzioni energivore a quelle più ecologicamente sostenibili. Trasformazioni che possono essere gestite se si hanno gli strumenti, un’Agenzia del Lavoro che fa politiche attive, un Fondo di solidarietà che ha le risorse per aiutare chi è in difficoltà. Con iniziative nuove, come l’accordo in arrivo tra le parti sociali per il fondo Nuove competenze: invece della cassa integrazione, formazione e riqualificazione dei lavoratori. Una sfida enorme per evitare migliaia di disoccupati dopo il Covid. Una sfida che, secondo Grosselli, vede la Provincia sorda e assente.
Segretario, quale è la prospettiva per il mondo del lavoro trentino nel 2021?
È una prospettiva di grande incertezza, a partire dalla stagione turistica invernale, dove l’orientamento del governo è di aprire a fine gennaio, probabilmente dopo il 18 chiesto dalle Regioni, sempre con l’incognita delle condizioni sanitarie. Significa che 15-20mila persone assunte per la stagione non vengono chiamate e oggi sono senza lavoro e, molti, senza più ammortizzatori sociali. Questa è la prima emergenza, ma l’altra grande incognita è come le aziende reagiranno alla fine del blocco dei licenziamenti il 31 marzo.
Stiamo parlando delle aziende più colpite dalla crisi Covid, quelle del terziario. E l’industria?
Le grandi incognite del manifatturiero arrivano da prima della crisi pandemica. L’ambito dell’automobile è in forte trasformazione col passaggio dal motore termico al motore elettrico. I consumatori si orientano verso le nuove tecnologie ma ora ci sono meno soldi in giro e quindi il mercato si contrae. È un comparto che in Trentino è importante se pensiamo alla Dana e alla sua filiera, agli pneumatici di Marangoni, alle aziende di componenti. In generale c’è il tema della transizione energetica, col passaggio all’elettrico, all’idrogeno, cambiano i prodotti e i servizi. E della transizione ecologica, con le produzioni energivore che lasceranno il passo a produzioni più ecologicamente sostenibili.
Il Covid ha dato una forte accelerazione all’uso del digitale, allo smart working. Cosa comporta questo?
L’innovazione tecnologica del digitale è più dello smart working e non riguarda solo la pubblica amministrazione o la didattica a distanza nella scuola. Nel manifatturiero comincia ad esserci la possibilità di gestione degli impianti da remoto. Al posto degli operai specializzati che gestiscono h24 le macchine a controllo numerico, la gestione si fa da remoto attraverso altre macchine e l’intelligenza artificiale. Il digitale trasforma la gestione del lavoro.
Come in casi precedenti, c’è quindi il rischio di una nuova disoccupazione tecnologica?
C’è questo rischio ma sappiamo anche che questo produrrà nuove domande di lavoro in altri ambiti, programmazione, gestione software. Per gestire queste crisi, ho bisogno di un mix tra politiche attive, cioè riqualificazione per i nuovi lavori, e politiche passive, cioè sostegno a chi perde il lavoro. Se sono sicuro che avrò un reddito in ogni caso, resterò meno attaccato al posto, altrimenti avremo tensione sociale.
Quali strumenti servono per affrontare queste trasformazioni?
In Trentino ne abbiamo storicamente di importanti. Agenzia del Lavoro, con un bilancio di 66 milioni di euro, può giocare un grande ruolo nelle politiche attive. Ma, come ripetiamo da tempo inascoltati alla giunta provinciale, ha bisogno di risorse umane, di nuove competenze giovani, psicologi, sociologi, economisti. Il Fondo di solidarietà del Trentino, oltre alla gestione della cassa integrazione per 9.000 aziende, ha oggi la possobilità di fare 13 settimane di formazione ai lavoratori di aziende in crisi al posto della cassa. Uno strumento simile è il fondo Nuove competenze in arrivo. Tutto questo, se funziona come un sistema, è in grado di aiutare la transizione in tutti i settori.