Trentino, nel 2020 assunte 22mila persone in meno Molto colpiti le attività del turismo e l'abbigliamento
Nel 2020 le imprese trentine dell'industria e del terziario hanno chiamato al lavoro 46.450 persone tra fissi, a termine, stagionali, collaboratori. Rispetto ai 68.520 del 2019, mancano all'appello qualcosa come 22mila contratti di lavoro, il 32% in meno, in larga parte di precari e stagionali. Lo shock da Covid ha portato ad una caduta delle assunzioni analoga a Bolzano, quasi 26mila chiamate in meno pari al 32%. Entrambe le province registrano una contrazione superiore a quella media nazionale, che si attesta sul 30%.
La flessione dei piani di assunzione ha toccato tutti i settori, ma è stata più marcata nella filiera dell'accoglienza e della ristorazione (-40%) e in alcuni comparti di punta del made in Italy, come la moda (-37%). Riduzioni relativamente più contenute si registrano nelle costruzioni (-15%), nella sanità e servizi sociali privati (-17%), nella filiera agro-alimentare (-19%). Ma, nonostante la contrazione dell'occupazione, sale al 35% la difficoltà di reperimento dei profili ricercati, rispetto al 26% del 2019, a causa della mancanza di candidati o della preparazione inadeguata. Le carenze maggiori in Trentino sono tra gli operai specializzati, soprattutto nella metalmeccanica e in edilizia.
I dati emergono dal rapporto 2020 del sistema informativo Excelsior di Unioncamere, le Camere di commercio, e Anpal, l'Agenzia nazionale politiche attive del lavoro. I flussi di entrata monitorati da Excelsior sono inferiori alle assunzioni registrate dall'Agenzia del Lavoro trentina, perché i dati dei Centri per l'impiego comprendono anche l'agricoltura e molte aziende minori, rispetto alle circa 14mila considerate da Unioncamere-Anpal. Tuttavia il monitoraggio Excelsior offre il polso della situazione.
Secondo il rapporto, l'anno scorso le imprese trentine hanno chiesto per il 14,1% dirigenti, professionisti specialisti e tecnici, in leggero calo sul 14,8% del 2019, per il 48,4% impiegati, professioni commerciali e nei servizi, in diminuzione rispetto al 52,4% dell'anno precedente, per il 22,3% operai specializzati e conduttori di impianti e macchine, in aumento rispetto al 19,1% del 2019, per il 15,2% professioni non qualificate, anch'esse in crescita dal 13,4% dell'anno prima. Sale quindi la domanda di specialisti, tecnici e operai specializzati, questi ultimi, come detto, di difficile reperimento, a scapito delle figure intermedie.
La domanda di laureati è rimasta stabile all'11,1%, inferiore al 14,1% medio nazionale. Le chiamate al lavoro di diplomati sono pari al 29,3% del totale, di cui l'1,4% è personale con istruzione tecnica superiore, rispetto al 28,2% con livello di istruzione secondario e post secondario del 2019. Le entrate in cui è stata esplicitamente chiesta la qualifica o il diploma professionale sono il 38,6%, più del 37,8% dell'anno precedente.
In proporzione alle entrate totali al lavoro, le imprese hanno richiesto più giovani fino a 29 anni: il 26,6% contro il 24,4% del 2019. Nel 37,9% delle assunzioni l'età non è stata considerata rilevante. Aumenta anche la domanda di personale femminile, il 21,4% del totale rispetto al 18,8% dell'anno prima, mentre nel 49,3% delle richieste il genere non è rilevante.
Rispetto alla fase pre-Covid, cresce l'investimento delle imprese nella trasformazione digitale. E proprio le competenze digitali sono ormai richieste al 60% dei profili professionali ricercati, mentre nell'80% dei casi sono richieste competenze green sul risparmio energetico e la sostenibilità ambientale.