Commercio e cultura devastati dalle chiusure, persi un milione e mezzo di posti di lavoro
I consumi nel terziario si sono ridotti di 130 miliardi rispetto al 2019: lo indica un rapporto di Confcommercio che segnala fra i settori più disastrati la filiera del turismo e l'ambito degli spettacoli dal vivo
I DATI In Trentino, turisti crollati del 32%, nel 2020 perdite per oltre 600 milioni
ROMA. Per la prima volta dopo 25 anni di crescita ininterrotta, il Covid riduce la quota di valore aggiunto del terziario di quasi il 10% nel 2020 (-9,6% rispetto al 2019).
Gli effetti della pandemia hanno impattato sui consumi con quasi 130 miliardi di spesa persa, di cui l'83%, pari a circa 107 miliardi, in soli quattro settori: abbigliamento e calzature, trasporti, ricreazione, spettacoli e cultura e alberghi e pubblici esercizi.
Sull'occupazione, i servizi di mercato registrano la perdita di 1,5 milioni di unità. Questo il quadro che emerge dal rapporto dell'Ufficio studi Confcommercio "La prima grande crisi del terziario di mercato".
Fino all'avvento della pandemia, i servizi di mercato hanno continuato a dare il maggior contributo al Pil e all'occupazione del Paese rispetto alla manifattura e all'agricoltura, sottolinea il rapporto di Confcommercio, confermando la terziarizzazione della nostra economia, ma nel 2020 il Covid ha arrestato questo processo.
Per la prima volta nella storia economica dell'Italia, infatti, il complesso dei servizi market ha registrato una flessione del prodotto in termini reali del 9,6% e all'interno i settori del commercio, del turismo, dei servizi e dei trasporti arrivano a perdere complessivamente il 13,2%; i maggiori cali si registrano nella filiera turistica (-40,1% per i servizi di alloggio e ristorazione), seguita dal settore delle attività artistiche, di intrattenimento e divertimento (-27%) e dai trasporti (-17,1%); il segmento del commercio, in virtù della tenuta del dettaglio alimentare, ha in una certa misura contenuto le perdite, attestandosi a -7,3%.
La concentrazione delle perdite di consumi e valore aggiunto "su pochi settori - viene evidenziato - appare oggi come un elemento di debolezza del sistema e giustifica la richiesta di sostegni adeguati a transitare questa parte di tessuto produttivo dalla crisi pandemica al momento della ripresa".
Quanto alle conseguenze sull'occupazione, i servizi di mercato registrano la perdita di 1,5 milioni di unità su una flessione complessiva di 2,5 milioni, dopo aver creato, tra il 1995 e il 2019, quasi 3 milioni di nuovi posti di lavoro. In particolare, indica il rapporto, in quell'arco di anni l'agricoltura ha perso 433mila unità di lavoro, l'industria 877mila mentre l'area Confcommercio ne ha guadagnate 2,9 milioni, "determinando l'intera crescita dell'occupazione del sistema economico (+1,5 milioni circa)".
Nel 2020, rispetto all'anno precedente, all'ulteriore riduzione di 512mila unità di lavoro standard nell'industria, si aggiunge la perdita di 1,5 milioni di unità nei servizi di mercato (considerando gli altri comparti si giunge a -2,5 milioni di Ula circa).
Infine, per quanto riguarda l'evoluzione delle imprese per forma giuridica, il rapporto dell'Ufficio studi Confcommercio segnala che negli ultimi 10 anni si è registrato un progressivo e costante spostamento dal modello di ditta individuale a quello di società di capitali rivelando una trasformazione del terziario di mercato da un grande comparto di piccole e piccolissime imprese a un grande comparto costituito sempre più da imprese piccole e medie.