Economia / Agricoltura

Vino: produzione giù del 10 per cento, ma la buona qualità e l’export in crescita fanno ben sperare

Quello che ci si augura è una ripresa seria del circuito horeca. «Noi abbiamo fiducia che le persone seguano la via del vaccino - osserva Piero Patton, presidente del Consorzio Vini - e questo consenta un ritorno ad una via normale»

di Chiara Zomer

TRENTO. Meno quantità e più qualità. Se queste sono le previsioni per la vendemmia trentina 2021, le prime indicazioni, mentre è stato conferito tra il 10 e il 15% del raccolto, sembrano andare in questa direzione. Secondo il rapporto di Assoenologi Uiv Ismea in Trentino mancherà all'appello il 10% del vino prodotto, rispetto all'anno scorso. Ma è sul secondo fronte che è concentrata l'attenzione di tutti: la commercializzazione. Perché dopo l'orribile 2020, che tanti scossoni ha portato con sé, per la stagione appena iniziata si cercano indicazioni sul fronte del mercato.

E le indicazioni sono di un pur flebile ottimismo. Intanto perché resta in crescita l'export, segno che il Covid non ha bruciato quote di mercato delle realtà che hanno forza e canali per rivolgersi sulle piazze estere, soprattutto della grande distribuzione. Il che, si osserva nel rapporto Assoenologi Uiv Ismea, sta iniziando a sostenere i prezzi. Ma quello che ci si augura è una ripresa seria del circuito horeca. «Noi abbiamo fiducia che le persone seguano la via del vaccino - osserva Piero Patton, presidente del Consorzio Vini - e questo consenta un ritorno ad una via normale. Per tutti i settori, non solo per il mondo agricolo».

Raccolto e produzione.


Dal punto di vista della produzione, le cantine sono ormai nel pieno del lavoro - tante hanno tenuto aperto anche durante il fine settimana - ma la vendemmia è solo all'inizio. Ogni ragionamento, ad oggi, si basa sulle previsioni. Nette, quelle di Assoenologi: in Trentino Alto Adige si assisterà ad un calo del 10% della produzione: rispetto ai 1.294 ettolitri del 2020 (dati Agea) si calcola verranno prodotti in regione 1.168 ettolitri. Per quanto riguarda il territorio provinciale, si tratta di un calo frutto in parte delle grandinate - che hanno compromesso circa 500 ettari di superficie vitata, il 5% del vigneto trentino - e in parte della stagione. A contribuire al calo ponderale è il minor peso specifico dei grappoli. La gelata di aprile non ha danneggiato i germogli, perché la stagione era indietro, ma ha limitato la fertilità delle piante e la dimensione dei grappoli.

A ciò va aggiunta la fioritura in un periodo secco: tutti fattori che hanno contribuito a limitare la quantità soprattutto di chardonnay, merlot e pinot grigio. Dall'insieme di questi fattori esce il 10% di calo complessivo previsto, solo lievemente superiore a quello italiano (- 9%). D'altronde di prevede una riduzione in quasi tutte le regioni in cui la viticoltura è più rappresentata: Veneto (-7%), Lombardia (-20%), Piemonte (-10%), Emilia Romagna (-15%), Toscana (-25%), Marche (-13%) Anruzzo (-18%). In crescita, tra i principali produttori, solo la Sicilia (+ 9%). Nonostante il calo, tuttavia, ci sono buone aspettative per la qualità: finora è stata raccolta una percentuale minima di uva, non più del 10-15% del totale, ma il conferito rispecchia le previsioni: qualità da buona a ottima, grappoli mediamente sani.

«Se continuerà il bel tempo, la qualità sarà buona» conferma Piero Patton, presidente del Consorzio Vini, che rassicura sul tema della manodopera, tasto dolente dell'agricoltura di questi anni: «È più difficile di un tempo, ma non c'è emergenza. Perché le aziende sono mediamente piccole e se il tempo regge non hanno interesse ad affrettare la raccolta».
 

Commercializzazione.

Ora si tratta di capire come reggeranno i mercati. Il mondo agricolo esce da un 2020 tutto in salita. «È stato un anno caratterizzato dalla pandemia - conferma Patton - c'è stata una sostanziale tenuta della grande distribuzione, ma una chiusura di tutti i canali horeca, c'è stata la perdita della stagione invernale, non c'era la possibilità di fare riunioni, incontri conviviali, comunioni o cresime. Non c'era insomma una normalità nei consumi, che è quella che può esserci oggi». Su questo si confida, che non ci siano ulteriori chiusure e che il circuito horeca torni a tirare: «Questo sarebbe importante, non vogliamo lasciarci andare a facili entusiasmi, che poi possono rimanere frustrati. Il mondo agricolo ora si augura solo che anche gli altri settori tornino a tirare». Ma qualche segnale di ottimismo arriva dal rapporto Assoenologi. Perché è vero che i prezzi dell'intera campagna 2020/21 vede, secondo l'indice Ismea, prezzi in flessione complessivamente del 3% sulla campagna precedente (meglio i vini comuni - 2%, peggio i Dop -4%). Ma è vero anche che la primavera 2021 ha dato soddisfazione sul fronte dell'export. I dati dei primi tre mesi indicavano un +5,4% sul 2020 e un +3,6% sul 2019, grazie soprattutto ai mercati Usa e belga. E le prospettive sui prezzi potrebbero cambiare di conseguenza. Il rapporto Assoenologi Uiv Asmea evidenzia come «l'inizio della nuova campagna vede aumenti nelle prime contrattazioni delle uve e, anche se prematura, la domanda che gli operatori si pongono è se questi aumenti potranno essere trasferiti a valle della filiera». I conti si fanno alla fine, ma c'è motivo di sperare. 

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