In centro storico sale la preoccupazione dopo l'addio di un altro negozio: Conbipel ha abbassato le serrande
La nota catena di abbigliamento manterrà in città il solo punto vendita al Top Center, mentre quello allo Shop Center Valsugana di Pergine sarà trasformato in un punto vendita di articoli sportivi
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TRENTO. A un anno esatto dalla chiusura della Maison du Monde un altro grande marchio, questa volta dell'abbigliamento, lascia il centro storico di Trento. Le serrande si sono abbassate per sempre sotto all'insegna Conbipel di via San Pietro.
È l'ennesima conferma, se mai ce ne fosse bisogno, della difficoltà che sta attraversando in particolare il settore del commercio e l'abbigliamento in particolare, anche se in questo caso da diverso tempo la catena era in amministrazione straordinaria.
Il negozio di Trento centro è uno dei 19 punti vendita colpiti dalla razionalizzazione avviata dal gruppo Grow Capital, che ha recentemente acquisito il controllo.
Da 184 negozi che componevano la "flotta" del marchio si è arrivati a 165. Resta in città un secondo Conbipel al Top Center mentre anche quello presente al centro commerciale di Pergine perde il marchio e verrà trasformato in negozio di articoli sportivi, mantenendo comunque, dopo un breve periodo di cassa integrazione per la ristrutturazione dei locali, lo stesso personale.
In via San Pietro con la chiusura vengono sacrificati quattro contratti di lavoro: due addette alle vendite a tempo indeterminato, una a tempo determinato e un addetto somministrato.
«Come Uiltucs del Trentino - spiega la sindacalista Annalisa Santin - ci siamo subito attivate e coordinate con il segretario nazionale Zimmari. L'accordo confederale, ove possibile, prevede la possibilità per le lavoratrici di essere ricollocate nei punti vendita limitrofi».
Ed infatti almeno le due addette a tempo indeterminato verranno probabilmente ricollocate nel negozio del Top Center, da cui se ne sono andati da poco due addetti che verranno sostituiti.
«Rimane comunque il rammarico di vedere ancora un negozio del centro storico di Trento chiudere i battenti e, il fatto che stavolta sia anche una grossa catena, non lascia presagire nulla di buono per il mantenimento dei livelli occupazionali nel comune di Trento. Crediamo che su questo anche le istituzioni locali a partire dal sindaco debbano iniziare a preoccuparsi» commenta il segretario generale del settore commercio della Uil, Walter Largher.
La preoccupazione dell'amministrazione in effetti c'è ed è il vice sindaco e assessore alle attività economiche Roberto Stanchina a confermarla, confessando peraltro l'impotenza del Comune a intervenire per cercare di invertire il trend.
«Il nostro è uno dei più bei centri storici d'Italia - ragiona Stanchina - è il nostro compito di amministratori e mantenerlo così e cercare di valorizzarlo, ma purtroppo è anche uno spazio che costa. Da anni il commercio è messo in difficoltà dal caro affitti e i grandi marchi ragionano solo in base ai parametri di convenienza e di fatturato».
Il vice sindaco è preoccupato anche per le difficoltà che stanno vivendo in città gli esercizi pubblici, anch'essi alle prese con locazioni da incubo. Bar e ristoranti devono in più fare i conti con una carenza di personale che dopo la pandemia è diventato un problemaccio: «Il lavoro sembra essere ripartito bene - spiega il vice sindaco - ma sono tutti in difficoltà proprio per la mancanza di forza lavoro. Forse con Provincia e Agenzia del Lavoro bisognerà fare qualche ragionamento per trovare una via d'uscita».
Tornando ai negozi e in particolare all'abbigliamento Enrico Faes, del Consorzio Trento Iniziative, sottolinea il momento nero che sta vivendo il settore, a causa dei prezzi delle materie prime aumentati del 25% a cui si aggiungono i costi fissi che i negozianti devono affrontare, mentre gli acquirenti vedono calare il loro potere di acquisto. «Ormai le chiusure sono all'ordine del giorno, tra bollette dell'energia e locazioni i commercianti devono sostenere una pressione crescente e il dettaglio ne risente pesantemente. Con le utenze raddoppiate e i clienti in difficoltà è chiaro che diventa oltremodo complicato resistere e come Confcommercio siamo molto preoccupati per questa situazione» spiega Faes.