Allevatori trentini pronti a tutto per mantenere viva la montagna, tra costi impazziti e la minaccia dell’orso
Il presidente Giacomo Broch: “Non può esistere un Trentino senza zootecnia, mi impegnerò in tutte le sedi per valorizzare il duro lavoro di noi allevatori. Grandi carnivori, cosa diciamo alle famiglie che prossimamente apriranno le porte delle malghe?”
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TRENTO. Valore della produzione superiore ai 17 milioni di euro, aumentato dell'11% nel confronto con lo stesso dato del 2021. Utile di 58.000 euro, "perché di questi tempi bisogna dare ai soci quanto più possibile". Bilancio approvato all'unanimità dai soci. Questi alcuni numeri presentati dal direttore della Federazione provinciale allevatori, Massimo Gentili, durante l'assemblea dei soci.
"L'aumento dei ricavi è stato determinato dall'andamento del Centro di Fecondazione Artificiale Alpenseme (+7%), e dal settore commercializzazione bestiame (+19%), in particolare per gli aumenti dei conferimenti e delle remunerazioni delle vacche fine carriera da parte degli allevatori da latte. Ridotti all'osso i margini relativi la filiera della carne bovina, a seguito dell'aumento dei costi di alimentazione degli animali all'ingrasso", ha detto Gentilini.
Soddisfacenti i risultati fatti segnare da Alpenseme. Con oltre 600.000 fiale di materiale seminale confezionato, si è confermato tra i principali centri di produzione italiani. Le dosi prodotte a Toss di Ton sono distribuite in Italia e sul mercato estero (nell'ultimo decennio si sono raggiunti 35 Paesi nel mondo). Nonostante gli sforzi per la riduzione dei consumi gasolio per automezzi, gas e elettricità, hanno segnato un incremento che ha sfiorato il 50%.
La speranza è che il settore regga e la crisi rientri almeno parzialmente: ne va dei 110mila ettari di prati e pascoli che caratterizzano il paesaggio trentino, di tutto un patrimonio di cultura e tradizioni contadine. La passione ha consentito di evitare la fuga dalla montagna, ma non un calo costante di aziende. Il saldo tra uscite e nuovi ingressi segna una diminuzione di 39 stalle e 835 capi. Nell'ultimo biennio si sono registrati 89 abbandoni e 1100 capi da latte in meno.
"Il problema da cui oggi non possiamo più derogare è legato alla presenza dei grandi carnivori. Quello che è successo nell'ultimo mese ha messo a nudo un tessuto sociale urbano fuori da una logica di buon senso. Per qualcuno il nostro territorio è solo un parco giochi! Cosa diciamo alle famiglie che prossimamente apriranno le porte delle malghe?", ha detto il presidente Giacomo Broch.