Economia / Politica

I dazi di Trump si abbattono sul Trentino: vino e macchinari nel mirino. Con le mele valgono 530 milioni di euro

Il Trentino è, a modo suo, un esempio che Trump vuole combattere. Lo sbilanciamento tra importazioni ed esportazioni verso gli Stati Uniti è pesante: a fronte degli oltre 622 di vendite trentine in Usa, gli acquisti ammontano ad appena 34 milioni

di Daniele Battistel

TRENTOOltre 622 milioni di euro nel 2023 che secondo le proiezioni potrebbero crescere attorno ai 630 nel 2024 (ma qui siamo alle stime perché i dati dell'ultimo trimestre verranno resi noti dall'Istat solo a marzo). Il valore.
Tanto vale per le imprese trentine l'export verso gli Stati Uniti: quasi il 13 per cento di tutto ciò che viene prodotto sul territorio provinciale e che finisce all'estero. Si tratta del secondo mercato più importante per il Trentino dopo la Germania (850 milioni di euro, 15,3 per cento di tutto l'export), ben sopra a Regno Unito (9,3%) e Francia (8,6%). Ma soprattutto è una delle piazze che più è cresciuta negli ultimi anni. Si calcola che nei 4 anni di presidenza Biden le esportazioni trentine verso Washington siano cresciute di circa il 31 per cento a valore, al netto dello stop Covid.

Le mosse di Trump.

Naturale, allora, che anche in Trentino ci sia un certo allarme sulle ultime mosse del neoeletto presidente Donald Trump, deciso a riequilibrare la bilancia commerciale americana a suon di nuovi dazi. Se è scattato l'aumento del 10 per cento delle imposte su beni e servizi cinesi diretti negli Usa, e se allo stesso tempo sono stati congelati per 30 giorni i balzelli alle merci canadesi e messicane (per altro a fronte di concessioni su altri temi), l'Europa è in attesa di capire cosa deciderà di fare Trump nei confronti del Vecchio Continenti.

Ovvero, se effettivamente imporre dazi più alti (si parla del 10%) o se usare la minaccia per ottenere altri vantaggi agli Usa, come un aumento delle spese militari per la Nato o accordi per l'acquisto di merci (ad esempio più quote di gas dagli Usa o petrolio) per migliorare la propria bilancia commerciale.

Mosse rispetto alle quali un territorio piccolo e senza leva di politica estera come il Trentino non può davvero nulla. Vediamo allora quali sono i settori in cui il Trentino è più "esposto" verso gli Usa. Di fatto oltre il 99 per cento delle esportazioni provinciali verso gli States sono produzioni industriali. I settori primario (agricoltura) e terziario (servizi) valgono meno di 4 milioni.

Il vino.

Nell'attività manifatturiera considerata dall'Istat (tramite i codici Ateco) dentro l'attività manifatturiera finiscono anche i prodotti alimentari come il vino e le mele, il cui mercato americano vale qualcosa come 221 milioni di euro, il 35 per cento delle esportazioni totali in Usa. Oltre un terzo del vino trentino (Pinot grigio e bollicine) finisce sulle tavole dei consumatori americani, nonostante sul prodotto esistano già dei dazi: per i "fermi" sotto i 14,5 gradi si tratta di 3,5 dollari per ogni cassa da 12 bottiglie da 0,75 l, ovvero 0,27-0,30 euro a bottiglia al cambio attuale. Più alte le imposte sugli "sparkling" (spumanti): 10,5 dollari ogni cassa da 12 (0,80 euro).

La meccanica.

La fetta più grande di export trentino è quella legata alla filiera della meccanica. Secondo l'Istat macchinari, apparecchi e mezzi di trasporto "made in Trentino" che finiscono sul mercato statunitense valgono oltre 310 milioni di euro, compresi gli assali Dana prodotti ad Arco e Rovereto.

In pratica alimentare e meccanica (531 milioni) pesano per oltre l'85 per cento delle vendite trentine in America. Molto più staccato il settore della gomma-plastica con circa 25 milioni e ancora più sotto l'abbigliamento e calzature che vale circa 14 milioni.

Importazioni.

Il Trentino è, a modo suo, un esempio che Trump vuole combattere. Lo sbilanciamento tra importazioni ed esportazioni verso gli Stati Uniti è pesante: a fronte degli oltre 622 di vendite trentine in Usa, gli acquisti ammontano ad appena 34 milioni.

Secondo il tycoon i dazi sono lo strumento per provare a migliorare il rapporto, anche se è difficile che nel brevissimo periodo i consumatori americani riescano a sostituire il vino trentino e le fabbriche Usa i pezzi meccanici prodotti qui. Certo, costando di più potrebbero essere meno competitivi e favorire i sostituti "born in the Usa". Di sicuro la mossa provocherebbe inflazione interna.

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