Io insisto: telecamere in case di riposo e asili

Io insisto: telecamere in case di riposo e asili

Io insisto: telecamere in case di riposo e asili

Caro Direttore, mi dispiace tanto che Lei non mi abbia capita. Una cosa è una riunione fra i giornalisti e il direttore, persone adulte e consapevoli delle loro azioni, non use a violenze gratuite, l’altra è l’adulto malvagio, frustrato da tanti problemi, che quasi si diverte a mettere in atto atteggiamenti vergognosi, inauditi contro piccoli, vecchi e disabili indifesi: questo è il clou dei miei scritti che Lei non ha centrato assolutamente. Non è voglia di protagonismo, non voglio aver ragione a tutti i costi, ma voglio “capire perché non mi capisce”.

Anna Mariani


 

Serve un grande equilibrio

Ora la faccio sorridere. Non solo la capisco, ma le dico che ora, dopo che ha letto le sue lettere, devo capire anche mia moglie, che sposa quasi interamente la sua teoria: telecamere in tutti i luoghi in cui ci sono soggetti deboli, a cominciare da scuole materne e residenze sanitarie per anziani. Mi è molto chiaro cosa mi ha scritto e, se non mi fosse stato chiaro, mia moglie mi ha ribadito più volte il concetto in questi giorni. Forse il mio paradosso, che ho utilizzato - da adulto forse non sempre consapevole - per farle capire come ogni nostro gesto sarebbe stato diverso, davanti a una telecamera, non era così comprensibile. Prima di arrendermi e raccogliere insieme a lei le firme per indurre chi di dovere a mettere telecamere in ogni luogo sensibile, provo un’ultima volta a illustrarle le mie ragioni, certo comunque della grande utilità del nostro confronto, nel quale - chissà, magari parteggiando tutti per lei - si sono certamente riconosciuti più lettori. I miei genitori, malgrado qualche acciacco, per fortuna stanno ancora bene. E chiedo loro scusa se li “utilizzo” per il mio esempio. Mi immagino - anche per allontanare l’idea che possa succedere un giorno - che loro abbiano problemi e che io debba seguirli per parecchie ore al giorno. Ebbene, mi immagino anche quelle ore: fatte di amore, di dedizione, di condivisione, ma - la mia è un’ipotesi, ovviamente - fatte anche di una parolaccia o di un gesto che scappa, di attimi di tensione, di scoramento. Ecco, nell’epoca in cui tutti denunciano tutto e in cui fatichiamo a capire le ragioni del prossimo, mi chiedo come sarebbero visti quei momenti - magari pochissimi - da una telecamera (e da chi sta dietro alla telecamera). Penso che si troverebbe sempre anche un minimo pretesto per denunciarmi e condannarmi, senza osservare tutte le cose belle che ho fatto, ma notando invece - come tendiamo a fare tutti, a cominciare da me - solo un minuscolo puntolino nero di disattenzione (non riesco nemmeno a scrivere violenza) in un meraviglioso cielo azzurro (di dedizione). Sia chiaro: io non difenderò mai i tanti mostri che spuntano in case di riposo e strutture per bambini o per soggetti deboli. Non li assolverò. Non riuscirò mai a capire i loro gesti, la loro violenza (fisica e psicologica). Questa gente deve stare in galera. Però non voglio pensare di mandare in galera, il giorno in cui per qualche ragione dovessero perdere la pazienza, anche i tanti meravigliosi angeli custodi che ogni giorno tengono per mano noi, i nostri anziani, i nostri figli, i soggetti fragili di questa società sempre più arida. Ci vuole un equilibrio pazzesco, in queste cose: per capire, per immaginare, anche per giudicare. Infine: ho apprezzato ogni sua lettera, come apprezzo ogni parola di chi fa pensare me e i lettori. E penso che questa conversazione, fatta magari guardandosi negli occhi, sarebbe stata più semplice. Anche se forse non sarebbe stata seguita e letta da così tante persone. Che dice? Raccogliamo firme insieme?

a.faustini@ladige.it

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