Non arrendiamoci di fronte alla malattia
La lettera al direttore
Non arrendiamoci di fronte alla malattia
Ho voluto scrivere e pubblicare questa lettera perché «cancro» è una parola che solo a pronunciarla fa paura, ma oggi grazie ai progressi della ricerca sono stati raggiunti dei traguardi importanti. La malattia ha semplicemente insegnato che comunque vadano le cose non si deve mai perdere la speranza; non si deve mai smettere di lottare e di credere in sé stessi; non si deve mai perdere la voglia di vivere, mai! Si può dimostrare che con un briciolo di fortuna e una buona dose di determinazione si può “vincere”.
Pensi che sia una malattia che possono avere gli altri, quelli più anziani, quelli che non conosciamo e invece è toccata a noi. Arriva la paura; sorda, grigia, orribile e costante, come solo la paura sa esserlo. Paura di tutto, dell’ignoto, smarrimento totale, la sensazione di essere persi in un oceano in tempesta. Senza più certezze, sicurezze, punti fermi, per poi riprendere fiato e ritrovare un po’ di lucidità soli con se stessi. E continui a farti domande e a chiederti perché. Perché proprio io? Perché ancora noi? Piano piano smetti di porti quesiti senza risposta, smetti e basta, ti interessa solo vivere.
La malattia può prendersi il corpo, ma non la mente. Se fisicamente la dobbiamo subire, psicologicamente possiamo impedire di appropriarsi completamente della nostra vita. Perdi persone che per te erano importanti, che credevi amiche, ne scopri di fantastiche con cui stai condividendo lo stesso percorso ed è con loro che prendi forza e serenità nei momenti difficili; perché solo loro possono capirti. Molto spesso il percorso della malattia può essere una grande scuola di vita, è quel momento nella quale riesci a comprendere chi ti ama e ti stima, è il momento di coraggio e di forza e comunque vadano le cose non si deve mai smettere di lottare e di credere in sé stessi, non si deve mai perdere la voglia di vivere. Un infinito ringraziamento al personale del reparto di ematologia di Bolzano e di Trento, sono stati tutti perfetti dal punto di vista professionale ed umano. Per noi è stato un periodo davvero buio, ma da voi abbiamo avuto tutto ciò che un paziente in queste condizioni può ricevere; questa è la buona sanità che dobbiamo valorizzare.
Enrico Valentini, Susanna Brugnara,
Lia Valentini
Oltre il male e oltre la solitudine
C’è una cosa che è più forte della malattia: la speranza. E questa sua lettera è un inno alla speranza, al desiderio di “vincere” (anch’io scrivo questa parola fra virgolette, con profondo rispetto), alla voglia di guardare oltre. Oltre il male di cui fatichiamo anche a pronunciare il nome; oltre il dolore; oltre la paura; oltre la solitudine. Sì, la solitudine: perché le sue parole sull’amicizia, sulle persone vere sulle quali possiamo contare e che in un certo senso contiamo, lungo le salite dell’esistenza, fanno molto riflettere anche sulla solitudine che travolge molte persone, non solo in circostanze simili a quelle di cui lei ci parla. Lei parla poi di comprensione, di chi sa non solo ascoltarci e starci vicino, ma anche capirci: perché ci sono percorsi difficili da comprendere. Il suo è anche un inno al coraggio e alla vita, intesa anche come quotidiana conquista, come continuo desiderio. Il suo traguardo è il traguardo di chi leggerà questa lettera e il punto d’arrivo di chi ha saputo curarla e tenerla per mano. E anche per questo lo chiamerei appunto il traguardo della speranza. Una brezza che ha forza di uscire da questa pagina, scompigliandoci i pensieri.
a.faustini@ladige.it