Le parole di Draghi, davvero niente di nuovo
Lettera al giornale
Caro direttore, nel tuo editoriale l'elogio a Mario Draghi mi è sembrato fin troppo lusinghiero, perfino esagerato se teniamo conto che quello che ha detto non è una grande novità.
L'unica, forse, è che Draghi ha sferzato la politica, ma si sa che la politica fa ormai "orecchie da mercante". Nel tuo articolo hai segnato i passaggi più importanti sottolineandoli. Ma non ti sembra un già detto e troppe volte ripetuto negli anni dai tanti governi, ministri che si sono succeduti? Quanti di loro hanno detto, ripetuto, urlato «che il futuro dei giovani è a rischio, che bisogna dar loro di più» senza che poi nulla cambiasse?
Che il pauroso debito, che si è accumulato negli anni spensierati dei governi dalla prima all'ultima Repubblica, sarà il "Golgota" dei nostri figli e nipoti, non occorreva Draghi a ricordarcelo. Che questo debito frutto di politiche dissennate, e acchiappavoti creerà sempre di più fasce di popolazione benestante, arricchita e fasce di popolazione povera e al suo interno disuguaglianze e conflitti è già evidente oggi. Ma poi Draghi è immune da responsabilità nella politica monetaria europea? Parla ai giovani ma è l'Europa ad aver loro chiuso la porta.
Dei giovani la politica non si fida, questo è il problema e i giovani dalla politica (purtroppo) scappano, non sanno che farsene.
Il loro futuro è già compromesso da una generazione che ha pensato solo a se stessa senza curarsi di farsi da parte. In tutti i campi. La politica non ha fatto che assecondare questo crimine umano e sociale che si ripercuote sull'abbandono scolastico, sul lavoro (che non c'è), sull'abbandono elettorale, sulla fiducia di poter cambiare questo stato di cose.
Ci vorrebbe una rivoluzione. Sociale, morale, politica. Un conflitto tumultuoso che riporti protagonismo nelle piazze, che metta la politica con le spalle al muro, l'unico antidoto alla morte lenta di una generazione che ha perso per strada la sua identità.
Antonio Marchi
Ci sono tanti modi per cambiare il mondo
Qualche volta temo che accada (parlo della rivoluzione); qualche volta mi sorprendo che non accada (parlo sempre della rivoluzione) e ogni giorno spero che non accada (perché ritengo che un Paese serio non dovrebbe aver bisogno di rivoluzioni per fare cose sensate). Accetto come sempre le tue critiche e quelle di altri lettori. Resto convinto del fatto che Draghi sia uno dei pochi "politici" italiani in grado di volare alto e di ragionare senza fermarsi solo sul particolare. Sì, lo considero da sempre un politico, perché trovo che le sue scelte - anche se è soprattutto in campo economico che si è mosso - siano di fatto sempre state politiche.
E penso che sia una specie di "riserva nazionale", uno di quegli uomini pronti ad essere tirati fuori dal cilindro per risolvere almeno alcuni dei problemi grossi che ci stanno piegando.
Le sue frasi, che ho messo accanto a quella di una sociologa come Chiara Saraceno, andavano secondo me non solo sottolineate (è vero: l'hanno detto altri, ma non con l'approccio di Draghi), ma anche messe in relazione - come ho fatto - con quanto sta accadendo (e non accadendo) nel mondo della scuola. La politica monetaria di Draghi è stata sempre molto attenta: non solo ai giovani. Ed è emblematico che l'ultimo grande progetto europeo sia in un certo senso dedicato alle nuove generazioni.
In quanto ai "vecchi" - parola nobile, che va riabilitata - che non lasciano spazio, la storia insegna che i giovani hanno saputo sempre farsi spazio.
E se pensiamo a ciò che ha fatto e sta facendo Greta o a ciò che hanno saputo fare le sardine (anche se ora non s'è ben capito cosa vogliano fare... da grandi) ci accorgiamo che ci sono tanti modi per cambiare il mondo. Si tratta in fondo di rivoluzioni gentili. Non è comunque mai sbagliato ripetere certi concetti, soprattutto quando ci si trova di fronte a chi fa orecchie da mercante. Ogni generazione ha un'identità e non serve necessariamente una piazza - reale o virtuale - per affermarla. Ne sono profondamente convinto. E per questo non smetto di credere nei giovani.
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