La “scuola a turni” non deve impaurire
Il Covid impone i turni a scuola? Negl ianni 50 era normale, scrive un nostro lettore. La risposta del Direttore
La “scuola a turni” non deve impaurire
Nel dopoguerra, dal ’46 al ’54, ho frequentato la scuola a turni alternati. Tre giorni al mattino, tre al pomeriggio. Mi ricordo che mancavano scuole e aule. Mi ricordo che doppi e tripli turni erano la norma. Così mi ricordo ancora. Del resto, negli anni Settanta, in Italia c’erano ancora dei doppi turni. Per un trimestre si andava a scuola il pomeriggio. Non fu nessuna tragedia. Ora per questa pandemia, che ha fatto danni simili al dopoguerra, se ne fa un trauma politico-socio-sindacale. Per me andare a scuola (in un contesto oggi purtroppo dominato dai social e dai videogames) significa anche, imparare a convivere, a crescere insieme e a condividere. Perciò la scuola dovrebbe aprire senza tanti piagnistei, pur rispettando le regole di sicurezza. E lo psicodramma collettivo cui assistiamo, non aiuta di sicuro.
Aiuterebbe solamente un minimo di collaborazione tra Ministero, presidi e soprattutto sindacati.
Vittorino Veronese
Però il contesto è molto cambiato
Le funzioni della scuola non sono cambiate. E non si può nemmeno dire che i social e i videogiochi abbiano la meglio su tutto: un tempo si giocava in modo diverso, ma c’era sempre una scusa per giocare e anche, per fortuna, un tempo per studiare. È cambiato invece il contesto: perché questa “guerra” non è finita e perché la salute, quando si ha che fare con un nemico indefinito e per alcune ragioni ancora invisibile e difficile da sconfiggere, non si può mettere a rischio. Anch’io penso che serva un’intesa fra tutte le persone che operano all’interno della scuola, ma siamo di fronte a qualcosa di unico, qualcosa che ancora costringe le scuole a prender decisioni nuove e diverse ogni giorno (alla luce dei singoli casi). Dunque il trauma è comprensibile, così come è comprensibile la preoccupazione di chi deve garantire, insieme, istruzione e sicurezza. Non si tratta di piagnistei: si tratta di necessaria attenzione. Si poteva perdere meno tempo, ci si poteva organizzare meglio, si potevano dare direttive precise. Ma non me la sento di criticare chi in fondo tutela i nostri figli, i nostri nipoti e anche noi, visto che sono i giovani, oggi, a diffondere (almeno potenzialmente) il covid-19. Anche questa sarà un’esperienza importante, per tutti gli studenti. Ma con un spirito molto diverso da quello che - persino con una certa dolcezza - ricorda lei.
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