Soluzioni che resteranno: opportunità della pandemia
La pandemia ha cambiato il nostro modo di vivere e di lavorare, ma non tutto è da buttare: molte soluzioni ci possono servire per il futuro. La lettera di una giovane dottoranda trentina negli Usa, e la risposta del nostro Direttore.
Soluzioni che resteranno: opportunità della pandemia
Caro direttore, questa pandemia non ha solamente creato delle difficoltà, ha anche presentato delle opportunità e dei risvolti positivi. Nel mio settore, quello legale e didattico, la pandemia ha accelerato il processo di digitalizzazione e modernizzazione, che era già in atto, seppur in fase embrionale. Credo che alcune delle soluzioni emerse per necessità durante questa pandemia siano destinate a permanere. Una nota personale. A dicembre ho prestato giuramento per diventare avvocato negli Stati Uniti. Pre-pandemia, era necessario recarsi di persona in corte, nel mio caso a New York, con notevole dispendio finanziario e temporale. Nel 2020, per la prima volta, la cerimonia si è tenuta in remoto, permettendo a persone vicine e lontane di prendere parte a questo importante momento. Un altro filone di azione rilevante per gli avvocati è stato quello di erogare in remoto, e con successo, eventi per la formazione continua. Quest'ultima impone di acquisire una serie di crediti annuali e triennali.L'erogazione dei corsi in remoto ne ha facilitato la partecipazione. In altre parole, la pandemia ci ha insegnato che possiamo fare molto di più di quanto crediamo in remoto. Ci ha inoltre insegnato ad essere flessibili e preparati di fronte all'imprevisto. In campo accademico, riscontro a distanza di pochi mesi una maggiore flessibilità a livello educativo, ed un notevole aumento della qualità dei corsi offerti e dell'insegnamento. Pertanto, la didattica a distanza ha permesso di intravedere nuove possibilità nel nostro lavoro, mostrando come in molti casi le barriere siano molto più basse ed accessibili. A questo proposito, in azienda, ma anche in università, è aumentata la cooperazione oltreoceano con altre sedi ed istituzioni, sfruttando così le potenzialità offerte dall'interazione in remoto. Inoltre, la pandemia ha stimolato le università, incluso la mia, ad offrire ai docenti corsi relativi all'istruzione in remoto, e a come predisporre delle lezioni virtuali efficaci. Riscontro poi un complessivo risparmio di tempo, sia in azienda, che a livello universitario. Si pensi al tempo necessario per effettuare gli spostamenti, soprattutto qui negli Stati Uniti dove le distanze per il percorso casa-lavoro tendono ad essere maggiori. Oppure si pensi al risparmio dei costi nell'organizzazione di conferenze in remoto, risparmio sia per gli organizzatori, sia per i partecipanti che vi si recano. La pandemia ci ha ricordato l'importanza di non dare nulla per scontato, neanche le cose più banali della quotidianità e del nostro lavoro. Ci ha ricordato l'insostituibile valore dello scambio in presenza. Ho visto inoltre fiorire iniziative di raccolta fondi per sostenere le infrastrutture accademiche locali e gli studenti in difficoltà. Questa solidarietà nella popolazione ci ricorda quanto l'unione faccia la forza. La resilienza istituzionale è pertanto un processo dinamico. Confido che quanto appreso in questo difficile periodo influenzerà positivamente gli anni a venire.
Francesca Gottardi. Avvocato e dottoranda negli Stati Uniti
Ma c'è anche una società che non regge il passo
Lo spero anch'io. Ma accanto a ciò che è migliorato, al fianco insomma di ci ciò che ci ha insegnato a sfruttare al meglio le tecnologie e a sperimentare nuove forme di vicinanza, di dialogo e anche di solidarietà, c'è una società - eterogenea, anche dal punto di vista anagrafico - che non regge il passo, che non ce la fa, che rischia di non ripartire. C'è chi mette in pratica la resilienza, dunque, ma anche chi si arrende, che soccombe. E questa è la vera sfida di domani: essere inclusiva. Anche in una comunità globale che dovrà far tesoro di ciò che ha scoperto in questo tempo sospeso. E quando ripartiremo davvero, non dimentichiamoci di chi abbiamo perso, di chi non potrà nemmeno vederlo, il futuro. Perché la pandemia se l'è portato via.
lettere@ladige.it