Riapre la caccia, in 6.500 pronti per la stagione

I cacciatori tornano a sparare e tornano anche le polemiche sull'attività venatoria. Domani infatti, domenica 6 settembre, scatta la stagione di caccia agli ungulati nei venti distretti faunistici e nelle 209 riserve che compongono le aree venatorie della Provincia di Trento, in tutto circa 6.500 praticanti. La vigilia è stata segnata dalla denuncia,a opera del movimento Cinque stelle, tramite un'interrogazione del consigliere provinciale Filippo Degasperi, di un regime di controlli considerato manchevole e tale, secondo il rappresentante M5S, da suggerire la revoca della convenzione che affidata alla stessa Associazione cacciatori, ente gestore addetto anche alla vigilanza, accanto ai forestali e ad altre fgure territoriali.

Tra cervi, caprioli e camosci, è previsto l'abbattimento di circa dodicimila capi, una cifra più alta di quella del 2014 e stabilita dai censimenti dell'Associazione in relazione alla popolazione faunistica presente e alla capacità di riproduzione media di ciascuna specie. A un aumento degli animali cacciabili, corrisponde una decrescita del numero di cacciatori attivi (cinquanta in meno rispetto a un anno fa), malgrado il tesseramento nel 2015 di 144 nuove doppiette (tra cui 15 diciottenni).

Nello specifico, il numero di capi prelevabili è stato fissato a 6.646 per i caprioli, in ragione del riassestamento di una popolazione attualmente troppo numerosa. Per i cervi, sono previsti non più di 2.179 abbattimenti, mentre per i camosci, in sofferenza a causa del diffondersi della rogna sarcoptica, si è stabilito di portare i prelievi a 3.601 unità.

La denuncia avanzata pochi giorni fa dal movimento Cinque stelle e peraltro rimbalzata senza esito nelle stanze provinciali anche un anno fa, riguarda in particolare l'utilizzo «fuori norma» delle mangiatoie e delle postazioni di caccia agli ungulati.

In poche parole, si denuncia, allegando documentazione fotografica, l'utilizzo delle mangiatoie non - come stabilito dalla normativa - per foraggiare gli ungulati in periodi di difficoltà alimentare bensì per «adescarli» abituandoli a frequentare il luogo in cui si trova il cibo, spesso di fronte a una postazione fissa di caccia (altana o capanno) dalla quale, denuncia Degasperi, si esercita un «comodo tiro al bersaglio» per uccidere caprioli, cervi o altri animali.

Oltretutto, ricorda Degasperi, la nuova giunta provinciale, appena insediata, nel 2013, decise di cancellare prescrizioni importanti, in particolare il divieto di abbattare animali nel ragigo di duecento metri dalle mangiatoie, proprio per vitare che l'attività venatoria diventi una sorta di seduta al poligono di tiro. «La delibera 2852 del 30 dicembre 2013, promossa dall'assessore Michele Dallapiccola, elimina il precedente divieto stabilito dalla giunta il 7 settembre 2012 (delibera 1867) e liberalizza completamente la possibilità di sparare agli animali anche a pochi metri dalle mangiatoie. L'unico filtro eventuale sarebbe il buon senso dei cacciatori medesimi».

Sempre secondo la denuncia, va sottolineato che la normativa prevede l'utilizzo delle mangiatoie dal 15 novembre al 30 aprile (nella logica di garantire sostentamento invernale agli ungulati), ma in realtà già nel corso del'estate, specie con l'approssimarsi dell'apertura della caccia, si può osservare che le mangiatoie vengono riempite, spesso anche con l'aggiunta di sale e di mele sul terreno circostante, allo scopo di attirare gli animali, renderli abitudinari del luogo e poi abbatterli facilmente.

Nel mirino anche la struttura costruttiva di molte mangiatoie sarebbe irregolare, così come il tipo di foraggio utilizzato.

In definitiva, il movimento Cinque stelle denuncia i passi indietro nelle politiche venatorie provinciali (con gravi arretramenti normativi) e l'inadeguatezza dell'attuale sistema di vigilanza, affidato prevalentemente alla stessa Associazione cacciatori trentini mediante una convenzione con la Provincia, un rapporto del quale, ora, Degasperi chiede la revoca per l'avvio di un sistema diverso di controlli sull'attività venatoria.

Da tempo, peraltro, pure dal mondo ambientalista trentino si levano critiche all'indirizzo della Provincia in riferimento anche alla gestione della fauna selvatica, nel mirino, oltre alla menzionata convenzione che fa del controllato anche il controllore, ci sono i censimenti della presenza di animali - sempre a cura degli stessi cacciatori - sulla base dei quali vengoni stilati i piani di abbattimento stagionali nelle varie riserve, nonché l'opportunità che anche ai vertici massimi del servizio provinciale foreste e fauna siedano proprio dei cacciatori.

Per tornare all'attività venatoria, una menzione a parte merita il cinghiale, che non è oggetto di caccia: solamente il personale forestale è autorizzato a eseguire dei prelievi per contenere il numero di questo animale che, come noto, può provocare danni seri all'agricoltura.

La stagione di caccia in via di apertura si concluderà definitivamente, con date differenti a seconda della specie, entro il prossimo 31 dicembre.

ECCO LA DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA E IL COMMENTO ALLEGATI ALLA DENUNCIA PROMOSSA DAL M5S

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FORAGGIAMENTO PER UNGULATI IN TRENTINO

«Commento alle fotografie allegate alla interrogazione.

1) La disciplina del foraggiamento di ungulati è stata introdotta in Trentino, in maniera ufficiale, dall’anno 2012 ed ha lo scopo di distinguere quali possono essere gli interventi a sostegno della fauna selvatica nei periodi di scarsità di risorse trofiche da altre forme di foraggiamento che possano avere scopi diversi, quali adescamento a fini di pura opportunità “venatoria”.

2) La disciplina attualmente vigente corrisponde delibera n 2852 del 30/12/2013, proposta dall'assessore Michele Dallapiccola, della giunta provinciale di Trento e a indicazioni fornite dal Comitato faunistico, relativamente alle tecniche di foraggiamento e agli alimenti utilizzabili.

3) Relativamente alle tecniche di foraggiamento, è stabilito che le strutture (si intendono, le mangiatoie) debbano rispecchiare precisi dettami in considerazione del fatto che per dimensioni e materiali con le quali sono realizzate non debbano essere di rilevanza “urbanistica”, allo stesso modo di come avviene per gli appostamenti fissi di caccia. Quindi, non sono utilizzabili materiali diversi dal legno ed eventuali materiali di “isolamento” devono essere mascherati o posti “sotto” il legno.

4) Inoltre, sono previsti precisi periodi per l’attivazione del foraggiamento. Quello invernale a sostegno di fauna esposta a rischio di mancanza di risorsa trofica e, comunque, in precise zone del territorio provinciale e quello destinato al cosiddetto “controllo” della specie cinghiale, disciplinato dalla delibera del Comitato faunistico (fonte, Ufficio faunistico provinciale) n. 660/2015.

5) In tutti i casi, l’attività di foraggiamento deve sottostare alla predisposizione di una cosiddetta “programmazione” a cura del Distretto in cui ricadono le Riserve per le quali il foraggiamento è previsto e possibile (leggasi, controllo cinghiale).

6) Il controllo della specie cinghiale si distingue, a propria volta, in “ordinario” e “straordinario” e la distinzione ha, pure, influenza sulle possibilità di attivare i punti di foraggiamento nel corso dell’anno. Nella modalità “ordinaria”, il controllo del cinghiale si svolge in sovrapposizione alla caccia di selezione di altre specie e, quindi, il foraggiamento è ammesso, con il solo scopo di attirare i cinghiali in precise zone (programmazione…) per favorirne l’abbattimento e contenerne il numero complessivo. Nella modalità “straordinaria”, il controllo al cinghiale può anche non coincidere con il calendario venatorio, ma viene attivato dal personale di vigilanza o dal coordinatore per il controllo cinghiale del distretto interessato, a seguito di insorgenza di danni a fondi agricoli o per aumento di investimenti. Cioè per tutte quelle necessità che hanno carattere di “straordinario”.

Cosa si vede dalle foto allegate alla interrogazione?

1)      un appostamento che presenta la targhetta bianca con numero che indica che esso è stato denunciato come previsto dalla delibera 2844 del 2003. Tale delibera considera gli appostamenti fissi per la caccia non rilevanti ai fini urbanistici e in specifico documento allegato al regolamento di attuazione, precisa che il materiale costruttivo diverso dal legno, deve essere coperto dal legno stesso. L’appostamento in foto ha il tetto in lamiera completamente in vista il che significa che pur essendo “regolarmente” denunciato di fatto non corrisponde ai dettami previsti dalla normativa vigente;

2)      un appostamento realizzato con rete mimetica colore verde. Vale quanto riassunto sopra.

3)      Un vecchio appostamento abbandonato, coperto con materiale plastico (linoleum da pavimenti?).

4)      Due impianti di foraggiamento realizzati in maniera difforme a quanto prescritto dalla Delibera n 2852 del 30/12/2013 (tubo in plastica verniciato, struttura portante in ferro, copertura in plastica a “vista”…).

5)      Attivazione anticipata rispetto al calendario venatorio e ai periodi previsti dalla specifica disciplina sul foraggiamento.

6)      Mangime di tipo “elaborato”, diverso dal Mais.

Ciò che si vede dalle foto è che manca il controllo da parte di chi dovrebbe esercitarlo».

 

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