Batteri e malattie: lo studio del Cibio Università di Trento
Diabete, morbo di Crohn e colite ulcerosa: c’è nesso tra le tipologie di batteri che colonizzano il corpo e il rischio che ciascuno ha di contrarre queste e altre patologie complesse e autoimmuni? Oggi è possibile studiarlo.
Grazie al microscopio computazionale per la prima volta si analizzano simultaneamente centinaia di ceppi batterici presenti nel corredo di ogni persona sana. I risultati di due studi, di Nicola Segata e del suo gruppo al Cibio (centro di biologia integrata) dell’Università di Trento, pubblicati dalle riviste scientifiche Nature Methods e Cell Reports, riferiscono che sono stati mappati ad alta risoluzione i batteri intestinali di popolazioni umane diverse ed è stata individuata in un gruppo di neonati prematuri la correlazione tra un particolare ceppo di batterio E. coli e una grave malattia, l’enterocolite necrotizzante.
«La rivoluzione - commenta Segata - si chiama metagenomica, un metodo biotecnologico che dalle feci o dalla saliva di una persona consente di risalire ai microorganismi presenti attraverso il sequenziamento del loro materiale genetico e l’analisi informatica dei dati. L’approccio classico richiederebbe invece la coltivazione dei microorganismi in laboratorio: una pratica che ha altri vantaggi ma che è lenta, costosa ed estremamente difficile per la maggioranza dei batteri patogeni e non patogeni».
«Con il nuovo strumento sviluppato, che è un software open source, abbiamo prodotto una mappa ad alta risoluzione dei ceppi intestinali di più di duemila comunità batteriche complesse da soggetti appartenenti a popolazioni diverse. Questo ci ha permesso di osservare come popolazioni da continenti diversi abbiano varianti specifiche dello stesso batterio: è come se alcuni batteri avessero imparato ad adattarsi a regimi alimentari e stili di vita diversi delle persone che li ospitano. L’ambizioso obiettivo, in prospettiva, è riuscire a individuare le correlazioni tra alcune malattie e la presenza di specifici ceppi di batteri intestinali e fare un’epidemiologia su larga scala di molti microorganismi al momento poco conosciuti».