Niente accordo tra le regioni: salta il piano lupo
Niente accordo tra le Regioni sul piano lupo. Risultato: tutto rinviato.
Il Piano Lupo, che doveva essere approvato oggi dalle Regioni (prima del voto finale in Conferenza Stato-Regioni), «è stato rinviato». Lo ha riferito il presidente della Liguria, Giovanni Toti, a margine dei lavori della Conferenza delle Regioni, oggi a Roma. «Ci sono pareri discordanti - ha spiegato Toti -. C’è chi è più penalizzato, come le regioni agricole del nord, e chi invece recepisce le istanze degli ambientalisti». «C’è ancora un po’ di lavoro da fare», ha concluso il governatore ligure. Il nodo sono sempre gli abbattimenti controllati: Toscana, Province di Trento e Bolzano, Veneto e Valle d’Aosta vogliono tenere aperta questa possibilità, le altre Regioni sono contrarie a permettere la caccia al lupo.
Bonaccini, non c’è accordo, serve approfondimento.
«Non c’è un accordo tra le Regioni, è necessario un ulteriore approfondimento, per questo incontreremo le associazioni nei prossimi giorni». Lo ha detto il Presidente della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini
Ultima bozza rinviava abbattimenti di 2 anni.
Il Piano Lupo del Ministero dell’Ambiente doveva andare questo pomeriggio in Conferenza Stato-Regioni per la definitiva approvazione. L’ultima versione prevede che la decisione sulla possibilità di abbattimento selettivo dei lupi sia rinviata di due anni.
La possibilità di abbattere i lupi giudicati pericolosi per gli allevamenti e le persone è il punto controverso del Piano: ha provocato forti polemiche da parte degli ambientalisti e l’opposizione della maggior parte delle Regioni, bloccando finora l’approvazione.
Il rinvio di questo punto doveva permettere l’approvazione del Piano, che per il resto non trova opposizione. Le associazioni ambientaliste, il Movimento 5 Stelle e i Verdi hanno ribadito di essere contrari anche al rinvio della decisione sugli abbattimenti selettivi, e chiedono che questi vengano esclusi definitivamente.
Il Piano lupo del Ministero dell’Ambiente, elaborato da Ispra e una settantina di esperti, prevede monitoraggio della popolazione, campagne di informazione sui sistemi di prevenzione naturali (cani pastori, rifugi, recinti elettrificati), gestione dei pascoli, lotta agli incroci con i cani, rimborsi più rapidi.
Come misura estrema, la bozza originaria prevedeva anche un abbattimento controllato (ovvero la riapertura della caccia, proibita dal 1971) fino al 5% della popolazione complessiva in Italia (stimata in 1.000-1.200 esemplari sugli Appennini e un centinaio sulle Alpi). La nuova stesura prevede invece un monitoraggio nei prossimi due anni della popolazione, con uno stanziamento di 1,5 milioni di euro fino al 2020.