Ravelli è il nuovo presidente dei cacciatori «Giusto sparare agli orsi problematici»
Cambio al vertice dell’Associazione cacciatori. Le oltre 6.000 doppiette trentine, chiamate domenica scorsa a votare il nuovo presidente, hanno incoronato Stefano Ravelli, unico candidato in corsa. A lui spetterà il compito di condurre l’associazione fino a fine mandato (2020) e ritrovare l’auspicata serenità dopo un periodo decisamente turbolento, culminato lo scorso 26 marzo con le dimissioni anticipate di Carlo Pezzato, a cui era succeduto in veste di traghettatore il vicepresidente vicario Matteo Rensi. Ora la palla passa a Stefano Ravelli, avvocato solandro, classe 1964, da 35 anni iscritto all’associazione cacciatori.
Avvocato Ravelli, il terremoto dello scorso marzo ha messo a dura prova la tenuta dell’associazione. Cosa cercherà di fare per ricompattare i cacciatori trentini?
Usciamo da un periodo piuttosto conflittuale, è vero. La volontà dell’associazione è però quella di ritrovare coesione, provando a superare i personalismi e le posizioni contrapposte. La presentazione di una lista unitaria ne è la testimonianza. Dobbiamo ritrovare la voglia di lavorare assieme e quello spirito associativo che ci permetta di mettere in primo piano l’interesse comune.
Vi apprestate ad operare in un orizzonte temporale limitato rispetto a un mandato ordinario. Quali sono gli obiettivi a breve termine?
Non possiamo permetterci di creare ulteriori fratture. L’obiettivo principale sarà quello di rinnovare l’interesse degli associati stimolando la partecipazione e nuove occasioni di confronto in tutte le articolazioni: sono oltre 200 le riserve che gestiamo e 20 le consulte territoriali. Come seconda cosa, avvieremo una riflessione legata alla gestione dell’esercizio venatorio, cercando di avere spazi maggiori di autonomia. Nel 2020 scadrà il Piano faunistico provinciale, cercheremo di dare il nostro contributo per migliorarlo ed essere efficaci per evitare ulteriori appesantimenti burocratici nelle procedure di gestione della fauna selvatica.
È notizia fresca la condanna di risarcimento dell’ex governatore di Bolzano Durnwalder per aver permesso, dal 2010 al 2014, l’abbattimento di alcune specie protette. Cosa ne pensa?
Non entro nel merito, ma il Trentino non ha mai assunto iniziative che andassero contro i paletti normativi in vigore: qui, vengono cacciate le stesse specie che vengono cacciate in tutt’Italia. La politica di individuare ulteriori specie venatorie non è nostra: la caccia alla marmotta, ad esempio, non è mai stata esercitata. La gestione dell’ambiente è una materia articolata, vincolata da normative nazionali, europee e internazionali, e tutti i nostri cacciatori sono consapevoli di dover sottostare a principi mirati a garantire l’equilibrio e la conservazione di tutte le specie.
A proposito di questo. A breve verrà discusso il disegno di legge 230, presentato pochi giorni fa dalla giunta provinciale, che prevede misure di prevenzione e intervento connesse alla gestione di orsi e lupi in Trentino, compresa la scelta estrema di abbattere questi animali.
La questione è complessa. E sbaglia sia chi vorrebbe imbracciare il fucile, gridando a soluzioni semplicistiche, sia chi li considera intoccabili. L’Associazione cacciatori condivide una gestione di tipo scientifico-razionale. Orsi e lupi non sono materia da affrontare in maniera emotiva. Quando si parla di grandi carnivori bisogna sapere di cosa si parla, conoscerne l’etologia, la biologia, le problematiche connesse, e avere idea del quadro normativo, che è molto stringente. Mettere a rischio la popolazione non è consentito, ma prelevare, in casi eccezionali, due o tre orsi problematici su una popolazione di 50 plantigradi, oltre a non mettere a rischio la specie, permetterebbe di cambiare l’approccio delle comunità locali, spesso intimorite dalle loro incursioni. Come ogni cosa, un’informazione corretta e consapevole è alla base di tutto, così come la condivisione delle esperienze e il tempestivo risarcimento dei danni sono elementi necessari per una buona convivenza.
E sul lupo?
Anche qui il problema è complesso. L’altro giorno, ad esempio, mi sono recato a controllare le carcasse di alcuni cuccioli di capriolo. In prima battuta la predazione era stata attributa al lupo, invece che ad alcuni esemplari ibridi. Bisogna stare molto attenti ai cani inselvatichiti, lasciati liberi di vagare.
Cosa chiederà ai suoi cacciatori?
Di metterci il cuore per far conoscere e comunicare quello che fanno quotidianamente, al di là della caccia. Sono 9.335 le ore di volontariato e circa 60 mila gli euro stanziati nell’ultimo anno per interventi di miglioramento ambientale, dalla sistemazione dei sentieri alla conservazione dell’habitat delle specie più delicate, come i tetraonidi (gallo cedrone e forcello, francolino di monte e pernice bianca, ndr), per oltre 43 ettari di territorio ripristinati. Ma, più in generale, chiederò loro di continuare ad elevare il loro bagaglio culturale. Al fine di migliorare la qualità dell’esercizio venatorio e comprendere sempre più che la caccia è compatibile con la conservazione di tutte le specie e ha il prezioso compito di mantenere gli equilibri naturali. Queste le due linee su cui ci impegneremo maggiormente.