Incredibile soccorso notturno in montagna: tre escursionisti esausti nella neve salvati dalla poliziotta con la slitta e i cani
L’intervento in Val Venegia: Valentina Durio, campionessa di sleddog si stava allenando con la sua muta, quando ha visto le lampade frontali sotto il Mulaz. Li ha raggiunti e trasportati in salvo in due viaggi
FIEMME. E’ stata una agente di Polizia a soccorre alpinisti stremati dalla fatica e li porta a valle con la slitta trainata da cani: è la pluricampionessa di sleddog Valentina Durio soccorre tre alpinisti stremati dalla fatica soccorrendoli e portandoli a valle con la sua slitta ed i suoi 5 Husky durante un allenamento.
Il racconto della poliziotta: «Era il 6 febbraio, alle ore 17, e stavo andando a Tesero per occuparmi dei miei cani personali (cinque siberian husky). Verso le ore 18.30 mi dirigevo verso la Val Venegia nel comune di San Martino di Castrozza per effettuare l’allenamento quotidiano dei cani in previsione delle gare con la slitta, prediligendo l’orario serale per evitare l’affollamento della pista.
Alle ore 19 ho raggiunto il parcheggio della Val Venegia (SP81 di Predazzo), ho lasciato l’autoveicolo per proseguire lungo la strada innevata con la slitta e i cani, partendo verso le ore 19.30, in direzione della Baita Segantini. Giunta all’altezza della malga Venegia notavo tre luci di torcia in lontananza, lungo la parete innevata in direzione del passo Mulaz.
Proseguivo lungo la strada in direzione delle luci credendo si trattasse di tre scialpinisti in rientro dalla loro escursione e, continuando ad osservarli per diversi minuti mentre mi avvicinavo, notavo che rimanevano sempre fermi nello stesso punto. Trascorsi alcuni minuti, mi accorgevo che una delle tre persone si era staccata dal gruppo e scendeva, procedendo lentamente nella mia direzione e, vista la scarsa velocità con cui effettuava la discesa, ho escluso che si trattasse di tre scialpinisti, in quanto con gli sci avrebbe impiegato poco tempo per scendere. Conoscendo la zona – racconta Durio – sapevo che presenta assenza di segnale telefonico in quasi tutta la valle, intuivo così che i tre alpinisti potevano trovarsi in una condizione di necessità o pericolo. Decido di invertire la marcia per andare incontro all'alpinista che si era staccato dal gruppo. Raggiunto il punto in cui non potevo più procedere con i cani, metto in sicurezza la slitta e i cani incamminandomi a piedi verso la luce. Avanzo in neve fresca fino a raggiungere il sig. P. E. che era estenuato dal giro effettuato durante la giornata e procedeva a stento nella neve alta. Accertate le sue condizioni di salute, apprendevo che anche gli altri due alpinisti stavano bene, ma erano stremati dalla fatica e dal freddo, dovendo raggiungere poi l'auto al parcheggio della Val Venegia che distava 5 km. Decidevo di accompagnare P. E. alla slitta, aiutandolo a togliere i ramponi per farlo salire».
Durante il tragitto in slitta il passeggero spiega che erano risaliti lungo la pista per poi andare in direzione del Canale Bureloni fino a raggiungerne la cima in tardo pomeriggio e, a causa di alcuni problemi che avevano avuto, si era fatto più tardi del previsto fino a diventare buio. Le luci delle frontali rimaste lassù appartenevano S. M. e D. P. M., che erano rimasti indietro per cercare di recuperare un po’ di forze per poter continuare la discesa. La sua intenzione era quella di anticiparli per poter raggiungere la macchina e risalire con essa fino al punto dove lo avevo caricato sulla slitta, per poter recuperare i suoi amici».
Durio lo informa che non sarebbe stato possibile perché l'innevamento della strada era tale che la macchina, anche con le catene, non avrebbe avanzato.
L’unica soluzione praticabile era quella di accompagnarlo al parcheggio e riportare su i cani con la slitta per raggiungere così i suoi amici ai quali prestare soccorso.
«Lasciavo così P. E. al parcheggio alle ore 20.15 circa, risistemavo i cani per poter ripartire dopo aver effettuato già 10 km e lungo la strada notavo che entrambe le luci stavano scendendo lentamente. Arrivata al punto più vicino alla verticale di discesa dei due alpinisti – racconta la’gente - lascio la slitta per andarle incontro a piedi e li conduco alla slitta aiutandoli a togliere i ramponi in quanto esausti per la fatica ed infreddoliti. Provveduto a caricare il loro materiale nella sacca della slitta li faccio salire, conscia che avrei dovuto affrontare il viaggio di rientro difficile e non privo di pericoli per via del carico di oltre 200 kg da gestire su terreno completamente ghiacciato. Non avevo avuto molta scelta, in quanto i cani non avrebbero potuto effettuare un ulteriore giro».
Il lieto fine alle 21.00 circa, quando tutti hanno raggiunto il parcheggio dove c’era l’altro alpinista che li aspettava. «Al termine del recupero i miei cani erano estenuati dopo aver percorso 20 km totali con circa 700 mt di dislivello. Ma l’intervento si è concluso nei migliori dei modi».