Lupo, la Convenzione di Berna conferma il no agli abbattimenti. La Lav: in Alto Adige pochissime malghe usano i recinti di protezione
Bocciata la richiesta della Svizzera per declassare lo status della specie, così come chiedeva una risoluzione votata dal Parlamento europeo la settimana scorsa su sollecitazione degli allevatori. Il comitato ha confermato invece che il lupo rimane "rigorosamente protetto". Gli animalisti: i danni da predazione sono limitati e si possono prevenire
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TRENTO. La Svizzera ha chiesto alla Convenzione di Berna di declassare lo status di protezione del lupo, il che consentirebbe piani di abbattimento.
Ma la Convenzione, che ieri si è riunita a Strasburgo, ha respinto la richiesta.
Una richiesta, derivante dalla preoccupazione per la predazione di animali di allevamento, sulla cui falsariga va anche il testo di una risoluzione approvata a maggioranza qualche giorno fa dall'Europarlamernto, grazie ai voti della destra e dei conservatori.
Ma la Convenzione, riunitasi a Strasburgo, ha confermato che il lupo rimane una specie "rigorosamente protetta", non soltanto "protetta" come chiedeva la Confederazione elevetica (e così il testo dell'Europarlamento).
Alla vigilia della seduta della Convenzione, la stessa commissione europea aveva inviato all'organismo un parere negativo sull'ipotesi di allentare la difesa dei lupi. Sono una quarantina i Paesi che nella capitale svizzera hanno sottoscritto nel 1979 la Convenzione di Berna per la conservazione della vita selvatica e dei biotopi in Europa.
La risoluzione pro declassamento era stata promossa, fra i primi firmatari, dall’europarlamentare sudtirolese della Svp Herbert Dorfmann, eletto con i voti raccolti a Bolzano, Trento e Belluno.
Alla luce dei dati analizzati dagli esperti, il voto nel comitato permanente della Convenzione di Berna è stato chiaro sulla necessità di conservare l'attuale livello di protezione dei lupi: la richiesta di declassamento ha ottenuto soltanto sei voti favorevoli su trenta.
Sul fronte del pericolo per le predazioni di capi di allevamento, dunque, lo strumento principale da adottare sono i dispositivi di protezione, come hanno ricordato in questi giorni sia il Wwf nazionale (criticando duramente il voto del Parlamento europeo) sia la Lav.
Quest'ultima, giusto ieir, 29 novembre, ha ricordato che sono soltanto lo 0,4% gli ovicaprini predati in generale rapportati al totale di animali della stessa specie allevati a livello provinciale. Mentre è pari appena allo 0,006% l'analogo dato per quanto riguarda i bovini.
"Ma per ottenere un quadro definitivo - prosegue la Lega antivivisezione - , oltre a questi numeri bisogna analizzare quelli riferiti agli strumenti di prevenzione utilizzati dagli allevatori proprio per ridurre i rischi di predazione negli allevamenti.
Si tratta in particolare delle recinzioni elettrificate che la Provincia autonoma di Bolzano fornisce a titolo gratuito a qualsiasi allevatore ne faccia richiesta. Ebbene nel 2022, a fronte di ben 1.488 malghe e pascoli utilizzati sul territorio provinciale, i recinti antipredazione in carico agli allevatori erano solamente 33, per i quali l'amministrazione provinciale non ne ha comunque verificato l'installazione e il corretto utilizzo".
Massimo Vitturi, responsabile Lav, Animali Selvatici chiede perciò "che il ministro Lollobrigida, prima di parlare di qualsiasi ipotesi di modifica della Direttiva Habitat, si faccia lui stesso garante dell'applicazione di tutti i sistemi di prevenzione, con puntuale verifica del loro corretto utilizzo da parte degli allevatori".
Per parte sua, l'Enpa sottolinea in una nota che ammontano a meno di centomila euro gli indennizzi corrisposti in media ogni anno agli allevatori, il che, secondo l'associazione, rappresenta un’altra conferma che l’allarme-lupo è strumentale.
"Per la precisione 94.736,8 euro - scrive l'Ente nazionale protezione animali - è l’importo medio che 17 regioni italiane e due Province autonome (Trento e Bolzano) hanno corrisposto ogni anno agli allevatori a titolo di risarcimento per i danni da predazione subiti nel periodo compreso tra il 2015 e il 2019. L’ammontare complessivo nei cinque anni presi in esame è stato pari a 9 milioni di euro (1,8 milioni l’anno).
I dati, pubblicati da Ispra e rielaborati da Enpa, si riferiscono alle predazioni da lupo (Sicilia e Sardegna non sono considerata perché in quei territori il predatore non è presente), tuttavia, dal momento che diverse amministrazioni regionali non sono state in grado di attribuire con certezza la responsabilità di molti eventi predatori, tali dati dovrebbero essere considerati approssimati per eccesso.
«Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, le predazioni effettivamente attribuite ai lupi sono circa la metà di quelle complessivamente censite - 9 mila su 18 mila – pertanto è evidente che in realtà una quota significativa di tali risarcimenti non debba essere imputata ai lupi», spiega Enpa. Insomma, anche l’entità dei risarcimenti (è doveroso segnalare che Piemonte, Molise, Campania e Calabria non hanno fornito alcuna informazione al riguardo) erogati agli allevatori sembra sconfessare i toni emergenziali usati in queste settimane da certi esponenti politici e amministratori locali per compiacere i cacciatori e gli allevatori estremisti che vorrebbero uccidere a fucilate i lupi (e non solo).
«Tra l’altro – prosegue Enpa - nel periodo considerato, l’andamento degli indennizzi ha avuto un trend altalenante con incrementi e diminuzioni da un anno all’altro, ma non c’è nulla che faccia intravedere situazioni allarmistiche: i risarcimenti erogati nel 2019 dalle 17 Regioni e dalle due Province autonome, pari a 1,9 milioni, si mantengono infatti sugli stessi livelli di quelli concessi cinque anni prima».
A questo proposito è opportuno sottolineare che la somma utilizzata per risarcire le predazioni (1,8 milioni di euro nei dodici mesi) è un nulla rispetto ai 6,5 miliardi di euro (fonte Sitab 2017) spesi ogni anno dal nostro sistema sanitario per curare le patologie del tabagismo o agli 86,6 miliardi (Ministero dell’Economia 2022) sottratti alla comunità con l’evasione fiscale.
Secondo la Protezione animali, è necessario prevedere congrui risarcimenti per quegli allevatori, per i quali dovessero essere accertati (da personale qualificato) danni da predazione.
Questa strada deve essere percorsa soprattutto nel caso in cui siano stati posti in essere gli opportuni metodi di prevenzione, che ancora troppo spesso vengono ignorati nonostante siano stati riconosciuti dal mondo scientifico come assolutamente efficaci se realmente applicati. Peraltro, il ricorso a tali metodi, azzerando o riducendo le predazioni, permetterebbe di tagliare in modo significativo l’entità dei risarcimenti.
«Caro-energia, prezzi dei mangimi alle stelle, farmaci veterinari e integratori ai massimi storici, costi di gestione sempre più elevati. Sono queste le vere emergenze del settore – conclude l’associazione - non certo i lupi, che invece vengono in vittime sacrificali da una politica incapace di offrire risposta adeguate alle reali problematiche degli allevatori».