Il rifugio Nino Pernici di Bocca di Trat affidato a Valentina Santoni, da oggi la più giovane rifugista d’Italia
Santoni, che compirà 23 anni in maggio, sostituirà Marco De Guelmi che ne è stato il responsabile per gli ultimi 14 anni. Accompagnatrice di alpinismo giovanile, ha vissuto la prima esperienza in quota al rifugio Stivo. L’amore per la montagna le trasmette libertà e serenità
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LEDRO. Compirà 23 anni il prossimo 21 maggio Valentina Santoni, vincitrice del bando Sat per l'affidamento del rifugio Nino Pernici, situato nel cuore delle Alpi Ledrensi, a poche centinaia di metri da Bocca di Trat. Dopo quattordici anni di gestione ininterrotta da parte di Marco De Guelmi, un'altra giovane è pronta a fare del suo cammino poesia per i prossimi cinque anni: da oggi Valentina, nata e cresciuta ad Arco, è la rifugista più giovane d'Italia.
Quella fiamma che spinse Eleonora Orlandi (classe 1992) a prendere le redini del Damiano Chiesa sull'Altissimo, arde anche in lei. Terminata la maturità all'indirizzo Scienze mane del liceo Maffei, ha frequentato il primo anno di Infermieristica all'università di Trento ma l'eco delle cime era già un pensiero fisso da sera a mattina: quando la montagna chiama, la risposta è più di una semplice tappa.
La prima avventura è arrivata nel novembre 2017 quando, nei weekend, ha avuto la possibilità di lavorare al rifugio Stivo, fino a cimentarsi con la stagione estiva nel 2021. Oltre alla conoscenza del territorio, il bando della Sat esplicava la necessaria capacità di prestare eventuale primo soccorso: dal 2018 Valentina è anche accompagnatrice di alpinismo giovanile.
Quando ti sei avvicinata al mondo dei rifugi in alta quota?
«Li frequento sin da bambina, grazie alla passione dei miei genitori. La montagna fa parte della mia vita. Compiuti 18 anni, ho iniziato la mia esperienza sullo Stivo: grazie ad essa ho preso coraggio e molta consapevolezza».
Cosa ti ha spinto a iscriverti al bando?
«Da tanto, forse da sempre, sogno di gestire un rifugio tutto mio. Non mi aspettavo di raggiungere questo enorme traguardo, ne sono grata e sì, anche spaventata: le cose da fare sono tante, ma ho accanto persone pronte a sostenermi in questo viaggio. Sono motivata e profondamente entusiasta, darò il massimo. La montagna mi regala un senso di libertà e soddisfazione difficili da descrivere. Sono le piccole cose ad appagare: entrare in un ambiente meno frenetico rispetto al quotidiano è rassicurante. Certo, la montagna vista da chi lavora è diversa: non mancano i momenti caotici, ma la serenità che ne deriva è impagabile».
Quale piano gestionale ti sei prefissata?
«Non stravolgerò la genuinità del rifugio, mi piacerebbe che i clienti si sentissero a loro agio. Proporrò prodotti locali e un menù casereccio. In un rifugio non ci sono ruoli fissi, sarò sì la persona che gestisce la struttura ma sapersi adattare è un valore aggiunto: sarò anche lavapiatti, aiuto cuoco, colei che fa i letti la mattina e preparerà le colazioni, farò tutto. A volte mi aiuterà papà, essendo in pensione, quando potrà mamma, altre volte il mio compagno; suo padre sarà in cucina. Una mano arriverà anche da mia cugina Gloria. Desidero che i clienti trovino un'atmosfera in linea con quella vissuta grazie ai precedenti gestori».
Qual è il rapporto tra giovani e montagna?
«I ragazzi e le ragazze più grandi di me scoprono quanto la si possa amare: la fatica è momentanea, a restare è una ricchezza nell'anima. Essendo accompagnatrice, noto come gli adolescenti siano più lontani da questa concezione, frenati dal pensiero che sia solo sforzo fisico. Mi auguro di creare un luogo in cui possano cambiare idea e osservare un nuovo punto di vista mediante un rifugio fatto di esperienze e attività, magari anche con le scuole. Sono tanto felice».
Buon inizio Valentina e ricorda: nelle difficoltà, sii sempre il tuo sole.