Salva la chiesetta di Fondo Grande, era finita in vendita e rischiava di diventare una villa
Inaugurata nel 1962, voluta da Remo Albertini e da un comitato di fondatori, presentava segni di degrado e infiltrazioni. Ma l’8 agosto sarà riaperta nuovamente consacrata
FOLGARIA. Quando arrivi a Fondo Grande, la prima cosa che salta agli occhi è la piccola, caratteristica ed originale chiesetta alpina. È posta nel mezzo di quello che era un vasto prato. È una chiesetta solitaria, al centro di un carosello di piste da sci che si intersecano.
La sua costruzione iniziò nel 1961 e fu inaugurata nel 1962. La sua creazione corrisponde con il lancio turistico della località che, stagione dopo stagione, divenne il fulcro turistico invernale dell'altopiano di Folgaria. La chiesetta fu progettata dall'architetto Martini di Rovereto. A presiedere l'allora costituito "Comitato pro erigenda chiesetta Alpina" c'era Remo Albertini, che fu presidente della Provincia dal 1952 al 1956. Aveva solo 32 anni.
Molti furono i cofondatori della chiesetta: Edo Benedetti, Giuseppe Pergher, Giovanni Buongiovanni, Primo Erspamer, padre Giustino di Pedemonte, Pio Marsilli, Nando da Ala, Egidio Gerola, il popolare "baffo", che divenne un pioniere dello sviluppo di Fondo Grande.
La chiesetta è particolare, con il suo tetto a due spioventi, irto come le piste che rappresenta, la Salizzona e la Martinella. La sua vetrata è un insieme di luci a mosaico che sintetizzano la vita, opera dell'artista trentino Mariano Fracalossi (1923-2004). All'interno si dirama su un unico piano. Non esistono distinzioni tra le varie aree. Nella parete di fondo quindici aperture triangolari, segno della scalata, della montagna aspra ma vera.
L'edificio assomiglia ad una baita dove ogni settore apre ai raggi di sole che penetrano come indici di speranza tra i vetri. Con il passare degli anni però il tempo arrivò ad intaccare quel minuscolo tempio di fede. L'incuria prese il sopravvento, e gli uomini della modernità dimenticarono, scioccamente, ciò che avevano creato i loro avi. Il luogo di culto cadde in degrado, infiltrazioni d'acqua lo rendevano schiavo dell'umidità, ma non solo. Anche gli scalini e tutto l'insieme degli esterni mostravano segni di decadenza.
Una decisione venne presa: sconsacrare la chiesetta e metterla in vendita. Un atto che non si addice alla cultura della montagna, ai suoi uomini, alla loro storia. Qualcuno non tacque, è costituì il comitato "Amici della chiesetta alpina di Fondo Grande": scopo primario salvarla dalla speculazione, per poi rimetterla a nuovo. Tra i promotori, e furono molti, di questa iniziativa troviamo Elena Albertini, figlia di Remo, scrittrice roveretana che, rovistando tra i documenti del padre, trovò gli scritti e la storia della chiesetta. Si innamorò e sposò la causa del recupero.
Con lei a ripercorrere la strada della riscossa Fiorenzo Gerola, figlio di Egidio il Baffo. Ci si ribellò alla scelta della vendita, si scomodarono personaggi altolocati per appoggiare questa battaglia che alla fine fu vinta. «Grazie anche all'appoggio incondizionato di don Giorgio Cavagna, il decano degli altipiani, che ringrazio» racconta Elena Albertini. Il neo Comitato lanciò degli appelli per raccogliere i fondi per sistemare e rimettere in ordine la struttura. Si cambiarono le vetrate, si rifecero gli esterni, gli impianti, gli scalini, si mise mano al tetto e molti altri lavori. «Un impegno notevole, costoso, ma che si è svolto con la convinzione di tutti. La chiesetta dev'essere un bene comune, a disposizione di tutta la comunità e dei fedeli.
Si è tornati a celebrare le sante messe ed ora siamo pronti per l'inaugurazione, che avverrà il giorno 8 agosto alle 16» spiega Elena Albertini.