Il presidente nazionale del Cai: «Troppi turisti sulle Dolomiti, vanno regolati»
La provocazione di Antonio Montani: «Togliamo il marchio del Patrimonio Unesco». «Presenze da diluire: stagioni più lunghe servono anche agli operatori. Facciamo conoscere zone meno famose. «A novembre ci saranno gli stati generali del turismo, dobbiamo assolutamente fare qualcosa»
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TRENTO. Se si va avanti così, con l'assedio dei turisti sulle montagne, bisognerà fare uscire le Dolomiti dal Patrimonio Unesco che attira troppa gente. Il presidente nazionale del Cai, Antonio Montani, la butta lì e chiarisce subito che è una provocazione, originata dalle richieste che gli sono arrivate da alcune associazioni ambientaliste. Ma è una provocazione che ha basi concrete. Montani la settimana scorsa per fare 50 chilometri in auto da Auronzo al Falzarego ha impiegato due ore e gli sembrava di stare in centro a Milano.
Per cui ecco la provocazione che però troverà un momento concreto il 13 e 14 settembre a Pieve di Cadore (Belluno) quando ci sarà la Settimana nazionale dell'escursionismo.
Montani proporrà un ragionamento per cominciare ad affrontare l'esplosione dei turisti. E poi un ragionamento più ampio sarà fatto a fine novembre a Venezia quando si riuniranno tutti gli attori protagonisti del "turismo lento" o outdoor.
Montani, chi le ha chiesto un intervento sull'overtourism? Ci sono anche trentini?
«Non voglio fare nomi, ma il problema c'è. Il fatto di rinunciare al marchio è una provocazione e serve a smuovere, so che non è una soluzione. Noi chiederemo però di attuare un tavolo con tutti i soggetti che hanno voce in capitolo, le province, alcuni Comuni, per capire se ci sono azioni che possiamo mettere in campo. La cosa principale è agire sulla comunicazione, cercare di spiegare nei modi più opportuni che si può venire sulle Dolomiti in altri momenti».
È l'eterno problema: le ragioni degli operatori del turismo che si scontrano con le esigenze ambientali?
«Ci deve essere un equilibrio, le cose sbilanciate non vanno bene. Mi sembra evidente che in alcune giornate in alcune località ci sia una esagerazione, dobbiamo cercare di non fare passare dei messaggi sbagliati, e dobbiamo farlo tutti assieme, associazioni, amministratori, operatori. Credo che gli operatori lavorino meglio con stagioni turistiche più lunghe».
Secondo lei il marchio del Patrimonio Unesco ha incentivato il turismo sulle Dolomiti?
«Sì, ma il Patrimonio Unesco non è fatto solo per promuovere, ma ha fatto aumentare i flussi».
La responsabilità può essere anche della promozione turistica fatta in maniera massiccia?
«Attenzione però, non dobbiamo farci del male, non dobbiamo andare a fare una controcampagna per disincentivare il turismo. Quando dico tutti attorno a un tavolo lo dico per capire se possiamo avere un turismo meno affollato. Faccio solo un invito a ragionare se si può ritarare questo tipo di campagna».
Il 13 e 14 settembre a Pieve di Cadore dunque proporrà questa riflessione?
«Sì, chiederò un passaggio formale. Proporrò un tavolo con tutti i soggetti. Poi il 23-24 novembre a Venezia stiamo organizzando gli stati generali del turismo outdoor con il ministero e con chi si occupa del turismo lento, e sarà una ulteriore occasione per riflettere. L'overtourism riguarda poche zone in pochi momenti. Certo sono luoghi bellissimi, ma credo che anche in Trentino ci siano luoghi meno frequentati, ma bellissimi. Da qui dobbiamo partire. Dobbiamo portare i giapponesi non solo alle Tre Cime di Lavaredo, ma anche in altre zone belle e poco conosciute. Io ho toccato con mano l'impatto, con macchine dappertutto. Non va bene. Ho trovato uno che si lamentava perché alle 8.05 la strada per le Tre Cime era già chiusa. Ma se i posti sono esauriti, non si può fare altro. Bisogna lavorare sull'informazione. Se uno si fa ore di macchina e poi non trova un parcheggio, non torna a casa contento. L'obiettivo deve essere quello di mandare a casa tutti contenti, tenendo conto della cura dell'ambiente, ma pensando anche a chi lavora e dalla montagna trae sostentamento. Non diciamo queste cose contro gli operatori, ma perché possano continuare a lavorare».
L'assessore trentino Roberto Failoni stava pensando a una app per la prenotazione dei posti. La convince?
«Sì, certo, vanno utilizzate tutte le potenzialità della tecnologia».
C'è però un turismo anche poco rispettoso, è mordi e fuggi...
«Sono anni che insisto, il turismo di montagna si deve fermare a dormire, non solo nei paesi, ma anche nei rifugi, primo per lasciare qualcosa alla montagna, poi perché è meraviglioso giungere a piedi, usando più giorni. Quello che si porta a casa in termini di esperienza è maggiore delle presenze fuggevoli fatte in giornata. Fino a prima della Seconda guerra mondiale, chi veniva sulle Dolomiti faceva tour che duravano settimane, i rifugi che erano a bassa quota erano delle tappe per arrivar in alta montagna. Adesso siamo in una fase storica diversa e dobbiamo ripensare la nostra vita alla luce dei cambiamenti climatici. Bisogna avere più rispetto nel vivere la montagna e capire come rapportarsi con il turismo».
E secondo lei in Trentino c'è un rapporto corretto con il turismo?
«Faccio un esempio: una dozzina di anni fa in Sardegna, curavo la sentieristica del Cai. In Sardegna le guide avevano l'abitudine di cancellare i segni che lasciavamo nelle zone interne perché erano convinti che i turisti con i segni non avrebbero più avuto bisogno di loro. Allora feci l'esempio del Trentino spiegando che era stato fatto un grande lavoro sulla sentieristica e viveva proprio di turismo. Ecco, da allora in Sardegna hanno fatto un cambiamento epocale nell'entroterra. Il Trentino ha da insegnare molto in termini di promozione turistica».